L’allarme PFAS, sostanze chimiche eterne

« Abbiamo reso il nostro pianeta piuttosto inospitale per noi uomini. Siamo arrivati al punto che le nostre risorse ambientali di base sono contaminate e lo saranno a lungo…e spesso a livelli che consideriamo nocivi… si considera ormai che ci muoviamo in uno spazio in cui non siamo più in sicurezza ». Ne è convinto Ian Cousins, un chimico dell’ambiente dell’Università di Stoccolma  gran specialista delle PFAS (  sostanze perfluoroalchiliche o acidi perfluoroacrilici) la famiglia di composti chimici  ultratossici usati  che ora si ritrova sul banco degli accusati come una delle principali minacce per la Terra. Le PFAS costituiscono infatti per Cousins e altri adetti ai lavori un « limite planetario » alla stessa stregua del cambiamento climatico o il buco nella ozonosfera. Secondo uno studio pubblicato nel 2022 dalla rivista scientifica Environmental Science § Technology  non c’è zona al mondo in  cui la pioggia non contenga concentrazioni di PFAS superiori ai valori limiti sanitari  stabiliti negli Usa che sono di un nanogramma a litro.

L’allarmante fenomeno PFAS è finora rimasto relativamente ignorato rispetto alle altre catastrofi ambientali tanto che ancora adesso non se ne conosce l’ampiezza. Per cercare di prenderne la misura ci ha pensato una task force europe, tra cui fanno parte la rivista italiana  Le Scienze e il quotidiano francese Le Monde,  che ha lanciato un’inchiesta , la Forever Pollution Project,  per radiografare i danni di questo « veleno del secolo » in Europa.

Secondo i risultati dell’indagine, il vecchio continente sarebbe massicciamente contaminato da queste sostanze che oltre ad essere tossiche hanno anche l’aggravante di quasi indistruttibili. Dal « bel Danubio al lago Orestiade (Grecia), dal fiume  Bilina (Repubblica Ceca) al bacino del Guadalquivir (Spagna)  lì come altrove vengono trovate PFAS nell’acqua, nella pioggia e nell’aria, nelle  lontre, nei merluzzi, nelle uova e negli adolescenti » scrive Le Monde ricordando che grazie alle loro speciali proprietà queste sostanze vengono utilizzate dagli anni ’40 da una miriade di industrie perché servono per i trattamenti antiadesivi ai tessuti antimacchia o impermeabili . Tra le applicazioni più note basta ricordare Tefal o Gore-Tex. Sono comunque presenti in centinaia di altri oggetti, dalle corde, batterie elettriche, trattamento per l’acne, protesi per le anche e addirittura il filo dentario..

PFAS, soprannominate « forever chemicals » , cioé sostanze chimiche eterne, si trovano poi anche nelle schiume antiincendio  utilizzate per spegnere i fuochi di idrocarburi che sono resistenti all’acqua.  Areoporti e basi militari ne hanno fatto grande uso  senza rendersi conto  per anni che purtroppo poi queste forever chemicals si infiltrano nel suolo e inquinano le acque sotterranee. Purtroppo ora per molti siti é tardi tanto che le popolazioni che vivono nelle vicinanze sono sotto sorveglianza medica.

Secondo l’inchiesta, in Europa sarebbero oltre 17.000 i siti contaminati che richiederebbero l’attenzione dei poteri pubblici. Di questi oltre 2.100 sarebbero « hot spot di contiminazione » , in gran parte vicini alle 20 fabbriche di produzione di PFAS  che la task force é riuscita a localizzare. Di individuate,  ne sono 6 in Germania, 5 in Francia, 3 nel Regno Unito, due in Italia e il resto in Polonia, Spagna, Olanda e Belgio.

Altri 21.500 siti sarebbero ritenuti contaminati a causa della loro attività industriale mentre sarebbero 230 le fabbriche che le utilizzerebbero. Tra gli hot spot più noti, in quanto epicentri di fabbriche di produzione di PFAS vi è Trissino nel Veneo, dove la Miteni ha per mezzo secolo sintetizzato e prodotto tutta una gamma di queste sostanze.

La contaminazione che riguarda 200 km2 e circa 350.00 persone era stata scoperta nel 2013. La fattura per risanare le acque della zona ammonterebbe, secondo i calcoli riportati da Le Monde, a 16 milioni di euro.

Per rimediare i danni all’ambiente in Europa provocati dalle PFAS , il rapporto commissionato dai paesi scandinavi a Gretta Goldenman valuta che ci vorrebbero 170 miliardi di euro, una cifra probabilmente sottovalutata . Secondo altri, come il ricercatore del Politecnico di Zurigo Martin Scheringer, « le dimensioni del problema sono così giganteschi che sono impossibili da quantificare ».

 Difficile è anche, per Cousins, determinare chi è il principale responsabile di questo disastro ambientale. Sicuramente le industrie  chimiche, a conoscenza della tossicità delle PFAS sin dal 1961, sono colpevoli ma colpevoli sono anche gli stati che si sono dimostrati « troppo deboli e non hanno imposto di più alle industrie chimiche » Al concetto di « state-facilited corporate crime » , cioé  reato industriale facilitato dallo stato, si  sta interessando in Olanda  la giurista Liselotte Bisschop che stat esaminando i danni ambientali e umani provocati dalle industrie. Un termine, spiega, che designa le » situazioni in cui i governi non regolano le attività commerciali illegali o socialmente dannose ».

I punti ancora da chiarire in Europa restano ancora numerosi, dalla mappatura esatta della contaminazione all’ampiezza del disastro. Intanto però la lista degli effetti delle PFAS sulla salute umana continua ad allungarsi con conseguenze  che vanno dalla nascita, dal minor peso dei bebé, alla fertilità, all’aumento dei rischi di vari tumori fino alle malattie della tiroide. Con un costo per la sanità europea stimato tra i 52 e gli 84 miliardi.

 Insomma é sempre più urgente  avere maggior cura del pianeta, proprio nel nostro interesse. E far forse come i maori che anni fa sono riusciti a ottenere che il loro fiume Wanganui sia considerato alla stregua di un umano. Perché ritengono di far parte integrante della natura e « il fiume sono io,  e io sono il fiume ».

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