(…) La prima cosa che dobbiamo notare, nella personalità di Ragionieri, è che si mostra estremamente consapevole di muoversi in un mondo completamente nuovo, su più piani: nella dimensione internazionale in primo luogo, con la drastica semplificazione dell’assetto tradizionale, il declino dei vecchi imperi, l’ascesa di popoli nuovi. Lo spartiacque è rappresentato dalla seconda guerra mondiale. Anche qui si nota l’influenza di Carlo Morandi (con l’itinerario particolarissimo del suo maestro che aveva commentato sulla rivista di Bottai Primato la guerra italiana, mutando nel corso della guerra posizioni fino ad assumere posizioni nettamente antifasciste a conclusione della guerra; articoli su Primato che Ragionieri leggeva già prima di entrare all’Università).
Carlo Morandi era stato il primo storico in assoluto nel mondo a scrivere la storia della guerra appena conclusa. Penso al saggio sorprendente per lucidità ed eleganza di stile intitolato Come nacque e come finì la Seconda guerra europea, pubblicato nella primavera inoltrata del ‘45 sul Mondo fiorentino. Si badi bene: guerra europea, non mondiale, perché la guerra continuava, era in corso in Asia, contro il Giappone. Il primo impegno universitario di Ragionieri fu proprio la cura delle dispense di Morandi sulla Seconda Guerra mondiale. Tornò spesso poi sul tema, con alcuni interventi e corsi universitari. Un punto acquisito possiamo trovarlo in un libro pressoché inedito, destinato agli abbonati di Rinascita e mai più ristampato, Da Teheran a Yalta. I verbali delle conferenze in cui si decisero le sorti del mondo, uscito nel 1965. Erano i verbali sovietici pubblicati non a caso nel 1961 e nel 1965, date che implicavano la ripresa, e poi il rilancio, di una politica di coesistenza pacifica che era molto diversa da quella del decennio precedente e che contenevano un richiamo, implicito ed esplicito, alla “grande Alleanza”.
Questa forma (Grande Alleanza) ricorre spesso negli interventi di Ragionieri sul tema. Erano verbali parziali, come parziali erano quelli pubblicati dagli Stati Uniti, nel 1955. E in appendice Ragionieri pubblica, a integrazione e correzione dei testi sovietici, anche memorie di Churchill e di Hopkins, rivedute e integrate, queste ultime, da Sherwood. Ragionieri come sappiamo aveva grande stima di Churchill, nel quale riconosceva un avversario combattivo e risoluto, ma anche un alleato prezioso nella lotta contro Hitler. Non a caso Sellerio ristamperà nel 2002 il profilo di Churchill di Ernesto Ragionieri uscito in origine nel 1966, nella collana dei Protagonisti della storia universale. (…)
C’era la consapevolezza di muoversi in un terreno completamente nuovo non solo a livello internazionale, ma ancor di più sul terreno della storia italiana, di una nuova storia politica e sociale. Già i primi articoli sul Nuovo Corriere mostrano un Ragionieri consapevole di appartenere a una nuova generazione di giovani storici innovatori, che hanno il compito di muoversi percorrendo strade non percorse dalle generazioni precedenti. Storiografia in cammino si intitola il suo primo articolo sul Nuovo Corriere del 6 marzo 1949.
Gli storici che hanno operato nella seconda metà del Novecento hanno avuto il privilegio di assistere a un enorme ampliamento degli orizzonti della storia. La nuova storia aveva come protagonisti quelli che erano stati gli “esclusi” dalla storia e che lottavano ora per entrarvi e per uscire dalla subalternità. Su questo crinale si muove un nutrito gruppo di giovani storici.
Rispetto al quesito che più volte è stato formulato nel dibattito storiografico, se questa nuova storiografia debba intendersi come marxista, gramsciana, o comunista tout court, si può dire che tutti e tre i termini in questione si adattano (il che vale in realtà solo per Ragionieri e pochi altri), alla sua personalità di studioso quale viene delineandosi.
Fondamentale è il modo dell’approccio al marxismo, un modo abbastanza originale nella storia dell’impegno politico e culturale della sua generazione, perché in generale gli intellettuali di sinistra nel secondo dopoguerra aderiscono alla piattaforma politica, per lo più comunista ma non solo, e in un secondo tempo, in un percorso di militanza politica e culturale, acquisiscono gli elementi di fondo del complesso di teorie collegate storicamente a quell’esperienza. Il tragitto di Ragionieri è in qualche modo rovesciato: in primo luogo approfondisce la dimensione innovatrice del marxismo, solo dopo un tempo relativamente lungo traduce il suo impegno politico progressista già delineato nel 1946, nei termini consapevoli di adesione a un partito politico.
L’integrale storicità del marxismo, che è una formula ricorrente negli scritti di Ragionieri, è una formula impegnativa e ricca di significati. Voleva dire che il marxismo stesso è un prodotto della storia che andava ricostruito nel suo farsi e nel suo sedimentarsi. Non era una verità rivelata a cui attingere. I primi studi saranno su Marx e Engels, sul loro carteggio in particolare. Ragionieri aveva una grande ammirazione per il “secondo violino” del marxismo come Engels si autodefiniva, al quale dedicò anche studi e corsi universitari negli ultimi anni della sua vita.
L’approdo di questo itinerario per Ragionieri fu l’adesione convinta al PCI. Ragionieri divenne, insieme a Paolo Spriano, quasi per antonomasia, lo storico del PCI. Non che fossero gli unici storici comunisti, ma erano quelli che si occupavano, con i risultati più ragguardevoli, della storia di quel partito.
L’avvicinamento di Ragionieri al Partito comunista era stato molto lento e anche circospetto. I Ragionieri non venivano da un’ambiente antifascista, ma venivano da un clima familiare che non era di fascismo fervido, ma che potremmo definire genericamente patriottico. Nella sua Memoria famigliare, scritta nel 1972 come postilla ai Ricordi di un farmacista del padre Rodolfo, ricordava come la questione della prima guerra mondiale fosse l’unico argomento su cui era impossibile poter discutere con un padre che pure era disponibile al dialogo su molti altri temi. Che la guerra del ’15-18 fosse stata la “quarta guerra del Risorgimento” era “più che un’opinione una certezza metafisica”, per il padre di Ragionieri.
Nel ’48 Ragionieri vota per il Fronte popolare ma non per i candidati comunisti. Nelle lettere a Giampiero Carocci, il suo amico più fraterno e sensibile, giudica molto severamente gli studenti comunisti nell’università per la loro faziosità. Atteggiamento ricambiato all’epoca, come si evince nelle memorie di Franca Pieroni Bortolotti. Poi aderisce al PCI e diventa consigliere comunale a Firenze, dal 1951. Un avvicinamento che è politico, ma anche culturale e teorico.
Per lui, come per molti intellettuali di sinistra, l’impegno politico poteva certo comportare limiti di diversa natura, magari anche inconsapevoli. Però per Ragionieri e per molti altri era anche uno stimolo a comprendere meglio il passato. In questa direzione peraltro, di un solido legame fra storia e impegno politico, vi era una forte e strutturata tradizione della cultura storica italiana, anche di segno discordante e talvolta opposto. Dopo il ’56, Ragionieri assume funzioni dirigenti nella politica del partito comunista fiorentino ed è un impegno legato anche a una sorta di destalinizzazione del partito.
Nella sua personalità ci sono due componenti che si strutturano e convivono, il legame con la tradizione socialista e il leninismo. E’ stato il primo a studiare attentamente la social democrazia tedesca e la sua influenza sul socialismo italiano in un libro ancora oggi indispensabile per ricostruire questi temi. Uno dei tanti progetti rimasti incompiuti, in questo caso appena abbozzato, era una grande storia del socialismo italiano che aveva cominciato a preparare insieme ai suoi allievi e che avrebbe dovuto tirare le fila della grande messe di pubblicazioni che aveva fatto stampare nelle collane degli Editori riuniti che aveva diretto. Quanto al leninismo, era inteso e vissuto non come dottrina immutabile del partito, ma come forte senso internazionalista, progetto di liberazione mondiale dei popoli soggetti. E Ragionieri sarà il principale estensore del documento del Partito comunista Italiano su Lenin, nel centenario della nascita, credo col contributo di Aldo Tortorella.
Nel fare la storia del PCI e di Togliatti, si poneva il problema di come fare la storia di un organismo vivo e in divenire, del quale si è partecipi. Fra gli esempi illustri cui ricorreva c’era soprattutto quello di Franz Mehring, che aveva insegnato come si potesse fare la storia del movimento di cui si era parte, senza raffigurarlo come ininterrotta marcia trionfale. Ragionieri portò nelle storie che circolavano negli anni ’70 sul Pci, una ventata di rinnovamento per quanto riguarda rigore di metodo e ampliamento di orizzonte. Ragionieri e anche Paolo Spriano.
I due approcci erano profondamente diversi. Ragionieri andava nel senso di un superamento di quello che gli appariva come la storia di un gruppo dirigente, anziché quella di un partito di massa. Forse l’unico abbozzo di quella storia non scritta si può considerare il saggio sui Comunisti nella Resistenza, edito nel 1971 dove la discussione della base comunista sulla svolta di Salerno prevale sul dibattito dei vertici mostrando una complessità e ricchezza insospettate. La costatazione di come il partito operante nel nord, impegnato nella lotta clandestina, avesse condiviso o interpretato positivamente la svolta di Salerno, superando le pregiudiziali ideologiche molto più presenti nel sud, costituì un indubbio superamento di molte immagini consolidate nel senso comune della sinistra. La linea politica del PCI nella Resistenza, che in quegli anni era al centro di analisi e polemiche, emergeva da questa ricerca non più come un dato immutabile, ma qualcosa che di volta in volta era soggetto a sviluppi e correzioni.
Ragionieri nutriva una grande attenzione alle classi popolari e alla loro cultura, quelle classi che “non scrivono, ma sentono e pensano”, classi che meritavano la stessa attenzione rivolta dagli studiosi alle classi colte. Sentiva molto il fascino della tradizione del sovversivismo popolare, una linfa plebea e popolaresca della storia del movimento anarchico e socialista, che negli anni del fascismo aveva forse rappresentato una linea di resistenza elementare contro l’irreggimentazione dall’alto delle classi popolari tentata dal fascismo e in parte riuscita, che confluiva poi nella storia della resistenza e della ricostruzione del movimento operaio. Un ribellismo che poteva anche esaurirsi in una funzione di testimonianza o convertirsi in un atteggiamento di rassegnazione, che però, attraverso una faticosa evoluzione della coscienza popolare, era stato condotto all’impegno politico nelle istituzioni democratiche con il “partito nuovo” di Togliatti. La Storia d’Italia Einaudi fu l’impegno conclusivo della sua vita, lasciato incompiuto, portato a termine dai suoi allievi con grande impegno di fedeltà. Era la consacrazione definitiva dell’autorevolezza che Ragionieri si era guadagnato come caposcuola di una generazione di storici di sinistra, impegnata a rileggere la storia nazionale nel solco delle categorie gramsciane di analisi.
Ragionieri abitò sempre nel paese di Sesto Fiorentino, ogni anno chiedendo all’Università la dispensa a poter abitare fuori dalla città in cui insegnava, come volevano allora i regolamenti. Non era solo sentimento, ma anche criterio di osservazione di un mondo che andava molto al di là di Sesto, oggi diremmo le periferie, allora il termine non si usava in Italia, ma le periferie esistevano, in Italia e nel mondo; un mondo che non andava mai dimenticato, ritenendolo superato e scartato. In una lettera a Corrado Vivanti del ’58 scriveva che “nonostante qualche escursione cosmopolita, il mio cuore rimane sempre vicino a tutti i Sesto del mondo, e ai loro modesti, ma appassionati illustratori”.
L’articolo è un ampio estratto dell’intervento che Gianpasquale Santomassimo, docente di Storia contemporanea e storia della storiografia presso le Università di Trieste e Siena, ha fatto in occasione di Giorni di Storia, festival dedicato alla divulgazione storica organizzato dal Comune di Sesto Fiorentino dal 29 novembre al 4 dicembre.