Scuola: Gombrich diceva che deve soprattutto preparare alla vita

Ricordi di un incontro con il grande storico dell’arte

La riforma Gentile compie cent’anni, un secolo che ha spazzato via imperi e ideologie, creato stati e annientato altri, salvato dalla fame milioni di persone ma inferto colpi forse irrimediabili all’ambiente, rivoluzionato la società creando nuovi diritti e sensibilità .  Quale scuola può ora rispondere a quest’uragano  che rimette quotidianamente  in questione i tanti i punti di riferimento che per decenni ci hanno condizionato e che ci obbliga a un  continuo ripensamento  dei propri rapporti con il mondo?  E’ una domanda che mi assilla da tempo e continua a farlo perché mi sembri che manchi una visione d’insieme innovativa in grado di conciliare il patrimonio del passato con le sfide del futuro e garantire così alle nuove generazioni una « bussola » che li aiuti a navigare nella vita.

Al momento non posso che sottoscrivere quanto mi disse anni fa Ernst H. Gombrich quando lo andai a intervistare a Londra alle soglie dei suoi 90 anni . Era  convinto, come me, che il ruolo della scuola  non fosse quello di preparare al lavoro « ma alla vita », perché deve farsi « strumento di consolazione che ci accompagni per tutta la vita e non uno strumento per fare soldi »

« La scuola, mi aveva detto, deve infondere una specie di gratitudine  per quello che è stato fatto, per quello che ci hanno donato  poeti e artisti come Dante e Michelangelo ».

Per il grande storico dell’arte nel XXI secolo però una persona « colta » doveva anche conoscere la scienza esatta, indispensabile per conoscere il mondo. E per lui era  anche « molto importante »,  « sapere che i greci vengono prima dei romani e i romani prima dei goti » perché i riferimenti del passato « puntano al futuro ». E si rendeva anche conto che per i giovani il momento era particolarmente difficile perché « tutto cambia rapidamente e la situazione è instabile ».

Gombrich, che si autodefiniva un « dinosauro »,  era comunque convinto  che il nostro tipo di cultura sarebbe scomparso. E che forse ad illuminare il nostro futuro sarebbe stata la genetica che forse un giorno ci farà capire tutti i meccanismi organici. Intanto, da «conservatore, anzi da reazionario »  si continuava a « consolare » con i suoi classici preferiti che gli avevano fatto amare la vita nonostante le due guerre mondiali, l’olocausto, il suo esilio a Londra e tutte le altre tragedie che avevano continuato a colpire il mondo.

 Certo Gombrich non ignorava che la scuola oltre a strumenti di « consolazione » deve anche offrire solidi strumenti che ci consentano di affrontare la vita anche professionale. Dalla grammatica alla logica, dalla scrittura alla matematica, dalla cultura generale alle scienze, dalla storia alla filosofia, dalle lingue all’informatica  tutto sembra essenziale per forgiare ancor oggi  nuove generazioni in grado di raccogliere le sempre più complesse sfide dei tempi, con un mondo del lavoro distante anni luce da quello del secolo scorso e una cultura generale che forse non terrà più conto del potere consolatorio della poesia. 

E allora quale scuola ? 

Al momento so solo che quella fatta ormai in tempi lontani, e neanche tanto brillantemente , mi ha consentito di orientarmi  facilmente anche nei vari paesi in cui ho vissuto, di apprezzarne le diversità  e culture e di spaziare nella vita con insaziabile curiosità. Un bilancio che ritengo positivo, forse per mancanza di ambizioni…

In foto Ernst Gombrich

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