Dal 18 agosto al 10 ottobre prossimi si è aperta la seconda finestra temporale per poter ammirare il capolavoro unico delle 56 tarsie con la tecnica del commisso marmoreo. Un tappeto magico che t’immerge in un mondo di storie universali, miti fatti di saggi, filosofi, sibille, eventi biblici.
A ritroso rispetto alle mie origini sto muovendomi dalla selvaggia Maremma alla leziosa Siena. Per qualcuno il pavimento è un’inimitabile unica opera, altri lo venerano e lo ammirano. Io lo sento come un fedele amico, delle grandi emozioni, di grandi giorni ma della presenza quotidiana. Perché i suoi fregi, i riquadri sono sulle brocche d’acqua e di vino, sui piatti delle ceramiche senesi, che hanno accompagnato la mia infanzia, specie in occasioni solenni come Pasqua e Natale. Il pavimento e le sue tarsie hanno affascinato mio padre, Plinio Tammaro scultore delle Avanguardie del Dopoguerra e hanno ispirato tutta la sua opera artistica. Moltissime delle sue sculture sono Sibille.
Armate di soldati, cori, ballerini, scene bibliche dei grandi racconti e quelle losanghe che narrano secoli e secoli di storia e spaziano in altre civiltà. Queste opere rappresentano i primi sviluppi del Rinascimento, voluti con fermezza dal grande Papa Senese Enea Silvio Piccolomini (Pio II) e suo nipote Francesco Tedeschini Piccolomini (Pio III). Straordinario Rinascimento dell’uomo che si lega incredibilmente all’inizio ‘900 al linguaggio moderno della Belle Époque. Le prime tarsie risalgono al 1372 e gli ultimi rifacimenti dalla fine 1800 e primi del 1900. Ma a ben vedere c’è tutta la storia dell’arte nelle figure, nelle tematiche e nei colori.
La tecnica dei commessi marmorei – diversa dal mosaico ché ha piccole tessere – usa grandi lastre le cui venature vengono sfruttate dai grandi maestri per comporre variazioni tonali e stati emozionali dei personaggi, una tecnica più simile all’intarsio in legno che al mosaico. L’artista non è unico, si susseguono nel cammino sotto i nostri piedi che sembrano alati, il Sassetta, Domenico di Bartolo, Matteo di Giovanni, Domenico Beccafumi, il Pinturicchio, ed ancora Nicola e Giovanni Pisano, Jacopo della Quercia, Michelangelo, Bernini, ma tutti concorrono umili ad un disegno superiore. Dio ha seminato oltre la bibbia i semi del suo logos, pensiero.
Quello che si coglie entrando nel tempio della Vergine Assunta è il silenzio, un grande insegnamento per i nostri caotici e rumorosi tempi, la riflessione, un cammino attraverso le vicende dei miti e delle storie che dona il senso della vita a chi riesce a compierlo. Il cammino della saggezza che conduce alla salvezza eterna. Tanti i testi tratti dalle fonti classiche in questa pergamena di marmo, che prima Roberto Guerrini, fine filologo che ho avuto il privilegio di conoscere e frequentare, e oggi la sua allieva Marilena Caciorgna, ci hanno svelato nel tempo mettendo in opera un metodo iconografico e iconologico pronto per farci inseguire riferimenti simbolici e allegorici–metaforici che attraverso il tessuto verbale delle iscrizioni ci conduce in un viaggio alla scoperta dei più alti valori dello spirito umano.
Il messaggio di questa grande opera è proprio assumere in noi la volontà di abbandonare le cose terrene, ricchezze comprese, per elevarci spiritualmente e giungere alla Verità avvicinandosi alla Vergine e Dio.
Cristo salva pagani ed ebrei fino a quel momento dannati grazie alla prefigurazione i primi, e alla conoscenza e attesa i secondi, risolvendo tutta la storia dall’alfa all’omega. Citazioni, Tituli e iscrizioni, le Sibille che ostentano libri, Ermete Trismegisto che dona leggi e lettere agli egizi, Epitteto, Zenone di Cizio che invita a seguire Socrate, frasi dai Memorabilia di Senofonte, Seneca ammoniscono che le fonti sono i Maestri da emulare e seguire.
Non vi è dubbio, il Pavimento del Duomo ha un enorme interesse, storico, letterario, architettonico ma soprattutto artistico. Da solo costituisce un capitolo, ma anche un riassunto della storia senese, un nastro di seta che congiunge, anche se con lunghe pause, oltre cinque secoli di eccellenza artistica della città attraverso una mirabile maestria dei grandi artisti coinvolti, che seppero scegliere disegni rappresentabili coi colori naturali marmorei. Artisti e loro botteghe per le figure, maestranze, scalpellini per iscrizioni e disegni geometrici e cavatori dei marmi hanno lavorato con umiltà e dedizione, gomito a gomito, ad una colossale e gigantesca opera ognuno donando il meglio, inserito nella cornice esistente, nel programma del messaggio globale che i pensatori dell’opera avevano costituito.
Il simbolo – come del resto in tutta la Divina Commedia o nella iconografia medievale assume una eloquenza insuperabile. Animali, vesti, personaggi, forme richiamano il Sacro, il Concetto. l’Idea prende forma dai commessi marmorei che oggettivano l’allusione attraverso un’immagine.
I marmi provengono dal territorio della Repubblica Senese, dalla zona della Montagnola La zona di Gerfalco per il rosso, l’area di Murlo per la serpentinite verde o per il nero di Vallerano, o ancora il Broccatello giallo molto pregiato, estratto nella Val d’Elsa. Marmi che con le loro venature hanno ispirato le espressioni nei volti dei personaggi e soprattutto hanno richiamato il fascino e il senso del Sacro in tutta la composizione.
Gli stessi materiali lapidei compongono anche la tomba di mio padre a cura di un suo allievo, proprio per rimarcare questo legame profondo che l’arte senese, anche la contemporanea, ha con questo incredibile e grandissimo gioiello di una finezza magica che incarna ogni più elevata spiritualità artistica del territorio senese di ogni tempo. Visitarlo, ammirarlo, camminarci a piedi nudi è volare su un magico tappeto d‘incredibile bellezza, assumendo in noi il carisma e il fascino di ogni più fantastica fiaba, saga, racconto in cui la memoria si fonde con il desiderio del più alto spirito, dell’immaginifico fatto reale che ci trasporta dove, mai stati, vorremmo da sempre essere.
Il tuo saggio è davvero molto bello e articolato. Grazie di averlo scritto con estrema bravura.