Space Economy, Italia presente e autonoma in tutta la filiera

Un settore con circa 300 imprese e un fatturato di oltre 4 miliardi

Lo spazio, un successo del saper fare italiano. Se la cosiddetta Space Economy, l’economia dello spazio, raggiungerà gli 1,8 trilioni di dollari a livello globale (oltre 3 volte il valore complessivo registrato nel 2023), l’Italia è già oggi uno dei paesi di punta di questo grande business. È il paese con il maggior numero di distretti d’eccellenza in Europa, con circa 300 imprese che lavorano nel settore e raccolgono un fatturato di oltre 4 miliardi di euro. L’Italia è anche uno dei maggiori finanziatori dell’ESA (l’Agenzia Spaziale Europea), tanto che, con con 881,2 milioni di euro messi a bilancio nel solo 2024, ne rappresenta il 17% del budget.

Un successo dovuto al cambio di prospettiva sullo spazio che c’è stato negli ultimi anni, passato, da un affare di grandi Stati e grandi multinazionali, a business anche di piccoli paesi, piccole imprese, perlopiù nate come startup,  e riguardando soprattutto giovani e cervelli del futuro.  È nata la New Space Economy e lo spazio si è democratizzato, come spiega Renato Panesi, considerato uno dei massimi esperti di Space Economy, l’ingegnere spaziale fondatore e Chief Commercial Officer di D-Orbit,  l’azienda in provincia di Como  passata in pochi anni da startup a impresa leader di logistica spaziale e servizi di trasporto orbitale. “Siamo una specie di Huber dello spazio”, dice Panesi descrivendo l’azienda che, definita start up fino al 2020,  è considerata una grande realtà dell’industria spaziale da quando, in quell’anno, è decollato il suo primo Ion, un taxi spaziale che consegna in orbita micro e nanosatelliti dei suoi clienti.

Panesi interviene  all’edizione 2024 di Sios (Startup Italia Open Summit) il primo e più riconosciuto evento italiano dedicato all’innovazione, che si è tenuta mercoledì 22 ottobre all’ Innovation Center della Fondazione Cassa di Risparmio a Firenze, dove Nana Bianca,  nata per seguire il percorso di crescita delle start up e guidata da Paolo Barberis, founder di Dada e della medesima Nana Bianca, e dal ceo Alessandro Sordi, gestisce il co-working che ospita centinaia di giovani e professionisti, seguendo diversi programmi di accelerazione per startup di cui molte vengono via via accompagnate all’uscita sul mercato, e organizza eventi e workshop dedicati a innovatori digitali e cittadini.

L’appuntamento di Sios 24, organizzato da StartupItalia in collaborazione con Fondazione CR Firenze e Nana Bianca, si è svolto nei grandi spazi interni ed esterni di un Innovation Center sold out ad opera di una comunità di giovani startupper, imprenditori e investitori per un intero pomeriggio di confronto su come una start up nasce, viene supportata dall’ incubatore,  esce e conquista il successo. Leitmotiv, le “intelligenze”, in particolare le “intelligenze spaziali”.

Spiega Panesi: “ Lo spazio nell’immaginario collettivo  è ancora legato a governi, istituzioni, grandi multinazionali ma da dieci o quindici anni si è sviluppato un nuovo marketplace, più accessibile anche a paesi e imprese che fino a un decennio fa non potevano accederci”. Questione di soldi, come al solito: “E’ accaduto perché si sono abbattuti i costi di costruzione dei satelliti, soprattutto quelli di lancio. Oggi si arriva a cento satelliti spediti nello spazio con un solo lanciatore, perché sono più piccoli e più leggeri, mentre prima ne occorreva  uno per ogni satellite”. Oltre tutto, lo spazio è una grande multiservizi per la terra a cui eroga molti benefici: “Dalla connettività (vedi Starlink), all’osservazione della terra (ottico, radar, infrarosso), al controllo del traffico aereo e marittimo, al disaster management (prevenzione e contenimento di incendi e alluvioni), alle applicazioni militari, quelle in agricoltura, lo studio del clima” .

Eccoci così a fare industria in questo spazio trasformatosi, da immensità lontana e maestosa, a entità quasi casalinga, continua l’esperto: “Sono nate tante startup che operano nei vari settori della filiera, dalla produzione dei satelliti alle stazioni di  lancio, al processamento dei dati. D’altra parte l’Italia è stato il primo paese dopo gli USA e l’URSS a lanciare un satellite nello spazio, ed è attualmente autonoma in tutta la filiera, dalla creazione del satellite all’analisi dei dati. Non sono molti i paesi a poter dire la stessa cosa (7 in tutto il mondo, solo noi e la Francia in Europa). Così  negli ultimi anni abbiamo deciso di investire molto nel settore: nel 2022 (per il triennio 23-25)  l’Italia ci ha messo per la prima volta tante risorse quanto la Francia, più di 3 miliardi, oltre ai 2,5 aggiunti con il PNRR, in totale una cifra di 5,5 mld, non banale per uno stato come il nostro”

Non solo il capitale pubblico,“ma anche quello privato ha iniziato a farsi vivo”. E poi per forza arriverà,  prevede Panesi, anche “il business del riciclaggio spaziale, per cui pur di smettere di seminare spazzatura nello spazio, arriverà il riciclaggio, ma anche la costruzione, dei satelliti in orbita. Tutto automatizzato”. Dopodiche’ “nel giro di qualche anno arriveremo a Marte, che insieme alla Luna è un ottimo luogo dove recuperare materie prime”. Senza scordare il  miraggio del turismo spaziale che tanto miraggio non è  più. “La luna, Marte, gli asteroidi iniziano a diventare mete turistiche, Virgin Galactic e Blue Origin, per esempio, ci stanno lavorando – ricorda Panesi – Intendiamoci, per ora parliamo di viaggi suborbitali da dove però si può sperimentare l’assenza di gravità e vedere la curvatura terrestre dall’oblò delle navicelle senza sforare un certo tetto di altezza per non intralciare il traffico scientifico sulle orbite che sono  a tre diversi livelli di altezza: Leo, Meo, Geo: Law, Medium e Geostazionaria, l’unica da cui un satellite può guardare la terra a lungo sempre dalla stessa angolatura e da cui possono arrivare trasmissioni televisive ”.

Infine la domanda inevitabile: ma come può collaborare l’IA all’attuale escalation nello spazio. “A livello di dati, è questione di dati” , risponde Panesi senza smentire il principale impiego universalmente conclamato dell’Intelligenza Artificiale.  “L’IA può essere molto utile per processare i dati, nell’acquisire e scremare l’immensa quantità raccolti dai satelliti che però li devono mandare, perché vengano processati, alla stazione di terra, impiegando molto tempo e spedendone valanghe, anche quelli insignificanti. l’AI può rendere tutto assai più veloce scremandoli già in orbita e mandando celermente a terra solo quelli da finire di processare” . 

Intanto a Sios 24 la luna è vicina. Sta riposta in una piccola scatola di velluto  azzurro ricamata in oro con cui si aggira furbescamente tra la folla giovanile che lo applaude con l’ allegria e l’entusiasmo del pensare positivo, Adrian Fartade, noto divulgatore scientifico e YouTuber, ma anche attore, italiano di origine romena che ai medesimi giovani raccomanda: “Ricordatevi di sognare”. Fartade apre la sua misteriosa scatolina all’improvviso: dentro c’è  un frammento di luna caduto sulla terra dopo un impatto della medesima con un asteroide. Il divulgatore  ricorda come si stia lavorando intensamente per ritornarci dopo l’allunaggio del 1969, idem per andare su Marte. “Sulla luna arriveremo entro il 2030 e questa volta sarà molto diverso. Se qualcuno si chiede perché ci abbiamo messo tanto a tornare deve capire  che si tratta di un progetto assai più complesso di quello dell’ allunaggio del 1969,  per cui ci vogliono tempo e lavoro.  Se allora si trattò vuole di una gara tra le due grandi superpotenze per dimostrare chi era più forte e dunque bastava metterci i piedi sopra e piantare una bandiera, adesso si tratta di restarci e iniziare a costruire una base per permettere nel tempo alle persone di andarci. Il tutto, per merito, non più di uno scontro, ma di una collaborazione internazionale. Sono inoltre processi molto artigianali in quanto ogni singolo pezzo è unico in sé. Sulla luna arriveremo  entro il 2030, su Marte entro il 2040”.

Fartade spiega anche come la denominazione finale che si dà a un periodo storico corrisponda solo a un momento saliente di quel periodo che invece si sdipana  per un lungo viaggio nel tempo: “I cambiamenti non sono mai improvvisi ma sono sono continui e lenti. Cambiamo ininterrottamente e continuativamente ” . Fa anche un esempio, tutt’altro che spaziale, del cambiamento perenne, ossia come attraverso whatsapp sia piano piano cambiato il modo di scrivere anche su carta, sparendo via via quasi inavvertitamente il punto finale e la maiuscola iniziale: “Perché ogni whatsapp è un frase finita e, essendo contenuta nel riquadro del messaggio, non ha bisogno di indicazioni di fine di inizio”. Ma per tornare alla probabile definizione del nostro tempo, conclude Fartade, “forse tra tanti anni lo battezzeranno come quello in cui gli umani lasciarono la terrà”.

In foto Renato Panesi

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