O me o il caos : in sostanza è questo l’appello che il presidente Emmanuel Macron lancia ai francesi per giustificare la decisione di dissolvere l’Assemblea nazionale sull’onda di risultati catastrofici del suo schieramento Renaissance. Un annuncio che ha provocato un terremoto e che ha avuto l’immediata conseguenza di far passare in secondo piano una cocente sconfitta, tanto più cocente per la sua continua implicazione personale in queste elezioni, che a suo dire, riguardavano solo l’Europa e non dovevano avere alcuna implicazione sulla politica interna. E tantomeno un referendum contro Macron.
Il presidente, con accenti che i suoi sostenitori sostengono « gollisti », ha così deciso di rinviare la palla agli elettori, a suo dire per fare opera di chiarificazione. Un’opera che rischia di sdoganare l’estrema destra e dare la maggioranza al « Rassemblement National » di Marine Le Pen che con Jordan Bardella come capolista ha conquistato il 31,1% dei voti, oltre il doppio di quelli conquistati dalla sua lista guidata da Valérie Hayer.
Il caos è lui gli è stato risposto da sinistra lla fine della sua conferenza stampa in cui ha in sostanza cercato di demonizzare gli estremi, respinto l’accusa di essere responsabile dell’ascesa dell’estrema destra, difeso il suo operato ammettendo solo di non aver risposto in modo rapido e radicale alle legittime inquietudini dei francesi ». Macron ha invitato gli elettori di dar vita a un suo « blocco centrale », l’unico in grado di contrastare gli estremi, un’occasione per i francesi, come scrive Jonathan Bouchet-Petersen, di ‘correggere il loro errore del giugno 2022 che lo ha privato della maggioranza assoluta all’Assemblea nazionale ». In modo da portare avanti, come se nulla fosse accaduto, il suo progetto che al momento ha portato la Francia tra i primi in Europa per deficit e disavanzo e a temere come mai prima l’esame delle agenzie di rating.
L’annuncio ha comunque intanto avuto un effette esplosivo su vari fronti. Da una parte ha provocato un miracolo, quello di creare, sulla sinistra, un ‘Fronte popolare’ che fino a domenica sembrava assolutamente impossibile.Probabilmente allo stesso Macron che nella sua strategia di attacco sicuramente si attendeva una sinistra profondamente divisa come si era mostrata negli ultimi tempi. E invece, accantonate le pur profonde divisioni a tutto raggio sui fronti economico, sociale e politico, socialisti, comunisti, verdi hanno gia`annunciato un accordo di massima sulla ripartizione delle circoscrizioni, con 230 alla France Insoumise di Jean Luc Melanchon, 175 ai socialisti, 92 ai verdi e 50 ai comunisti . I socialisti, alle ultime elezioni in caduta libera, hanno potuto negoziare con un nuovo rpporto di forze grazie agli ottimi risulati ottenuto da Raphael Glucksman la cui lista alle europee ha ottenuto oltre il 13%. Sul versante della destra, Macron ha invece ottenuto l’esplosione dei Les Repubblicains, il partito gollista che da anni non è più protagonista della vita politica del paese pur restanto molto forte al senato e negli enti locali. LR aveva finora evitato di entrare nella maggioranza presidenziale per cercare di mantenere la propria identità, senza compromessi sia verso Macron che verso l’estrema destra. Ieri, a sorpresa, il suo presidente Eric Ciotti ha invece dhichiarato di essere pronto ad allearsi con i lepenisti, ormai considerati non più come dei paria rispondendo, a suo dire, ai desiderata della base che si sentirebbero vicini su molti fronti, come potere d’acquisto e sicurezza, con il RN. Non l’avesse mai fatto : immediata è « stata la levata di scudi di tutti i notabili del partito che addirittura lo hanno dichiarato decaduto dalla presidenza, confermando che mai e poi mai LR varcherà la linea rossa di un compromesso con il RN.
Le onde sismiche provocat e da Macron con l’annuncio della dissoluzione della Assemblea Nazionale hanno raggiunto anche il Consiglio Costituzionale già raggiunto da un paio di ricorsi che mettono in dubbio la validità del calendario fissato dall’Eliseo che lascia poco se non pochissimo tempo a una preparazione degna di questo nome a elezioni legislative. I francesi sono infatti chiamati a votare il 30 giugno per il primo turno e il 7 luglio per il secondo. Appuntamenti che cadono proprio in periodo in cui molti giovani e famiglie hanno già organizzato vacanze rendendo così più difficile recarsi alle urne. I tempi sono anche criticati per l’accavallamento con le Olimpiadi che si apriranno il 26 luglio ma la cui preparazione è già entrata in uno stadio frenetico, soprattutto per garantire un livello di sicurezza massimo.
Tra le ragioni che più vengono evocate dai politologi per spiegare la mossa di Macron vi è il bilancio 2025, un vero e proprio spauracchio per Macron e i suoi perché il suo rigetto, che avrebbe sconfessato governo e Eliseo, veniva dato per scontato a causa del forte degrado delle finanze pubbliche. Già quello del 2024 era passato solo con il ricorso al voto bloccato cioè ricorrendo all’articolo 49,3 che consente di far passare una legge senza che vi sia una maggioranza per approvarla. Articolo che, dalla seconda elezione di Macron nel 2022, è stato utilizzato una quindicina di volte, tra cui una per far passare la contestata riforma delle pensioni, alimentando cosi` il senso di frattura tra l’Eliseo e i francesi.
Tra gli altri scenari evocati prima e dopo il terremoto vi erano le dimissioni di Macron. Non subito però né a causa della cocente sconfitta di domenica. Queste, secondo un machiavellico piano, sarebbero state previste dopo un’eventuale vittoria alle legislative del partito di Marine Le Pen e il rifiuto del presidente alla « coabitazione ». Una mossa che avrebbe potuto riaprire le porte dell’Eliseo a Macron per una nuova rielezione in quanto non avrebbe terminato i cinque anni della seconda presidenza. Un piano questo che probabilmente non avrebbe superato l’esame della Corte Costituzionale alla luce di una costituzione che fissa a due i possibili mandati presidenziali.
L’annuncio fatto domenica sera non era tra quelli previsti al momento delle elezioni i cui risultati invece non hanno creato sorprese perché sostazialmente in linea con i sondaggi. Data per scontata la forte impennata del Rassemblement National, da settimane designato come il nemico, l’ipotesi più probabile sembrava quella di un cambio ai vertici del governo dal momento che il primo ministro Attal si era impegnato in prima persona nel sostenere la lista di Renaissance, con un risultato inferiore alle attese di Macron che ,secondo alcune testimomianze, sperava fino alla fine a una rimonta al 22%.
Al momento comunque le certezze sono poche, a parte quella che la Francia si accinge a vivere momenti caotici e il presidente a rischiare grosso. Pochi, al giorno d’oggi, ritengono che sia una mossa vincente e che conquistare la fiducia di un paese che sta dando chiari segni del suo disamore nei suoi confronti. Negli ultimi tempi, il suo presenzialismo a tutto raggio, la sua arroganza nonché lo stato in cui pensano abbia portato le finanze del paese e l’impopolarità del paese in Africa e anche altrove, probabilmente renderanno più sordi gli elettori a fare, come hanno fatto in passato tanto da portarlo due volte all’Eliseo, uno sbarramento decisivo all’estrema destra. Con il risultato di portare al governo il « fronte popolare » o assicuragli ancora una volta una risicata maggioranza con cui portare stentamente a termine il suo quinquennio.
In foto Emmanuel Macron