Accordi, patti, finanziamenti: giornali laboratorio per l’IA generativa

Contributi di Microsoft e OpenAI a chi utilizzerà i propri software

C’è gran fermento nelle relazioni tra big tech e testate giornalistiche, perché la rivoluzione delle “macchine pensanti” è ormai giunta al cuore dell’informazione. L’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale Generativa nelle redazioni va decisamente avanti tra alti e bassi. Gli ultimi colpi e contraccolpi, in ordine sparso: finanziamenti a valanga dalle big tech ai giornali: soldi anche ai giornalisti, almeno a Le Monde e Le Figaro, per l’utilizzo digitale dei loro contenuti: tensioni invece in Italia soprattutto intorno all’accordo raggiunto tra il gruppo Gedi proprietario de La Repubblica e La Stampa e Open AI, proprietaria di Chat GTP. L’editore ha infatti deciso di non aderire alla richiesta del Comitato di Redazione, che chiedeva i particolari del patto, rivendicando la “riservatezza aziendale”. E non è certo un caso che non vada avanti la trattativa tra sindacato dei giornalisti e editori per il rinnovo del contratto di lavoro scaduto nel 2016: il braccio di ferro ruota in gran parte intorno all’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale.

D’altronde, questo tsunami era ampiamente prevedibile: la possibilità di produzione di contenuti automatizzati ha innescato meccanismi di totale ricomposizione dell’ecosistema mediatico. Se ai fini di un mero risparmio economico, oppure di una sostanziale riqualificazione del ruolo del giornalista supportato dalla macchina, è tutto da capire. Intanto, l’annuncio dei contributi di Microsoft e OpenAI a chi introdurrà i propri software nei processi produttivi editoriali è solo l’ultima mossa. Ne seguiranno altre. 

Per il momento, i due colossi della tecnologia digitale hanno varato un investimento di 10 milioni di dollari per convincere gli editori di una selezione di testate a introdurre strumenti di Gen AI nelle attività delle redazioni. In un comparto produttivo come quello editoriale, alle prese con enormi problemi di sopravvivenza – specialmente in Italia – l’offerta è di quelle difficili da rifiutare altezzosamente. Anche perché è ben articolata: ciascuna testata avrà 2,5 milioni di dollari in contanti e agevolazioni nel pagamento dei software introdotti.

Il primo slot di finanziamenti andrà ad alcune testate locali americane: Newsday, The Minnesota Star Tribune, The Philadelphia Inquirer, Chicago Public Media e The Seattle Times. Ma al di là del cash, le due big tech sembrano voler agire secondo l’antica massima attribuita a Confucio: “Date a un uomo un pesce e mangerà un giorno. Insegnategli a pescare e mangerà tutta la vita”. Che poi, risponde ad una logica molto cara al sentire comune americano. Così Microsoft e Open AI legano i finanziamenti all’assunzione, da parte delle testate, almeno per due anni, di programmatori di software specializzati negli algoritmi delle macchine pensanti, capaci di implementare gli strumenti di applicazione con le tecnologie dei due colossi.

Su questo accordo c’è anche la benedizione del prestigioso Lenfest Institute for Journalism. Si tratta di un’organizzazione no-profit americana fondata nel 2016 grazie a un’importante donazione di H.F. “Gerry” Lenfest, magnate dei media e filantropo. La missione dell’istituto è promuovere l’innovazione e la sostenibilità nel giornalismo locale, considerato cruciale per una democrazia sana e informata.

Con sede a Filadelfia, il Lenfest Institute sostiene testate giornalistiche e startup media con finanziamenti, formazione e ricerche, aiutandole a sviluppare modelli di business innovativi per adattarsi alle sfide digitali. I suoi programmi includono iniziative come l’acceleratore di crescita per i media locali e il Philadelphia Inquirer, il noto quotidiano locale di cui l’Istituto è proprietario. L’Istituto lavora anche per promuovere l’equità e la diversità nel giornalismo, ritenendo che un’ampia rappresentazione nelle redazioni e nelle notizie sia essenziale per una copertura giornalistica imparziale ed efficace.

L’accordo di Open Ai e Microsoft con le testate locali non ha dunque solo la valenza di una monetizzazione una tantum. Tutt’altro. Il patto consentirà una vera e propria sperimentazione sul campo, e non in laboratorio, su alcune possibili applicazioni di Gen AI: la trascrizione automatica, il riassunto dei contenuti e la creazione di strumenti di ricerca per gli archivi.

Il commento di Tom Rubin, responsabile della proprietà intellettuale dei contenuti di Open AI, è strategicamente rilevante: “Nulla potrà sostituire il ruolo centrale dei giornalisti, ma crediamo che la tecnologia IA possa supportare la ricerca, l’investigazione, la distribuzione e la remunerazione del giornalismo di qualità”.

Del resto, lo stesso Rubin aveva tracciato la linea, alcuni mesi fa al WAN-IFRA World News Media Congress di Copenaghen: “È dovere di OpenAI assicurarsi che gli editori più piccoli ottengano da piattaforme come ChatGPT gli stessi potenziali vantaggi dei grandi nomi dominanti. È molto importante – sottolineò Rubin – che le risorse non vadano solo alle grandi aziende, ma che le piccole testate indipendenti abbiano la possibilità di imparare e sfruttare la tecnologia”.

Una dichiarazione di particolare rilievo, anche in relazione al contesto. WAN-IFRA è infatti un’associazione globale che rappresenta giornali e editori di notizie in oltre 120 paesi. Il Congresso riunisce giornalisti, editori, dirigenti e innovatori da tutto il mondo per discutere le principali sfide e opportunità del settore, esplorando temi come la sostenibilità economica, l’innovazione digitale, la libertà di stampa e la fiducia nel giornalismo. Ogni anno, il Congresso si svolge in una città diversa e include panel, workshop e presentazioni che mirano a favorire il networking e lo scambio di conoscenze tra i professionisti. I partecipanti affrontano argomenti cruciali, come l’evoluzione dei modelli di business nell’era digitale, l’uso dell’intelligenza artificiale nei media e il ruolo del giornalismo nella promozione di società democratiche e informate.

In quella sede Rubin comunicò anche la partnership tra Open AI e WAN-IFRA per formare i team di 128 redazioni giornalistiche in Europa, Asia-Pacifico, America Latina e Asia meridionale all’uso degli strumenti di intelligenza artificiale.

Rubin, ex consulente strategico per la proprietà intellettuale di Microsoft, anche con l’ultimo accordo con le testate locali americane, conferma la strategia di Open AI annunciata al Forum di Copenaghen: “Una delle cose su cui ci siamo concentrati è stata quella di assicurare che l’opportunità rappresentata da Chat GTP riguardi in modo ampio il sistema giornalistico. Vogliamo aiutare le redazioni a diventare “centri di eccellenza che possono educare gli altri, formare gli altri e fornire una formazione scalabile”. Secondo Rubin, Chat GTP è “un’importante opportunità per gli editori, perché saranno in grado di indirizzare i contenuti in modo più specifico ai lettori interessati; quindi, potranno sfruttare il fatto che abbiamo oltre 100 milioni di utenti e creare una relazione tra questi utenti e i contenuti di una piccola pubblicazione”.

Resta sul tavolo l’epocale causa avanzata dal New York Times contro Open Ai e Microsoft per lo sfruttamento di migliaia di suoi articoli senza citare la fonte. Altre testate hanno scelto la medesima strada giudiziaria contro l’IA. È il caso del New York Daily News, l’Orlando Sentinel, il Sun Sentinel of Florida, il San Jose Mercury News, l’Orange County Register, il Chicago Tribune, il Denver Pos e il St. Paul Pioneer Press: tutte testate appartenenti al fondo di investimenti Alden Global Capital. Ma ad un passo che sembra sempre più accelerato, aumentano invece gli accordi con gruppi editoriali importanti come Springer, The Atlantic, Condé Nast, News Corp, Vox e Time, l’Associated Press, El Paìs, Le Monde, le Figaro. Il Corriere della Sera ha firmato un accordo per utilizzare Open AI nell’informazione economica.

La scelta del Financial Times di concedere i suoi contenuti a OpenAI, per l’addestramento dell’IA apre a nuove modalità di fruizione di contenuti ad alto tasso di specializzazione come quelli economici e in cambio OpenAI si impegnerà a sviluppare nuovi strumenti dotati di IA per il giornale inglese. britannico.

Dalla Gran Bretagna alla Francia, dove si segnalano gli accordi raggiunti da Le Monde e Le Figaro per la condivisione digitale di contenuti.  In particolare, i giornalisti de Le Figaro avranno garantito il pagamento del 25 per cento dei diritti connessi riscossi dalla testata per l’utilizzo dei suoi contenuti da parte di Meta e Google. È, in pratica, la prima applicazione di quel riconoscimento del diritto d’autore in ambito giornalistico che deriva dalla direttiva dell’Unione Europea del 2019. In pratica, ogni giornalista de Le Figaro, riceverà degli arretrati calcolati dal 2019 al 2025, pari a 2.900 euro. E poi, circa 800 euro per ogni successiva annualità.

Poco? Tanto? I parametri non sono oggettivi visto che siamo agli inizi dell’era della Gen AI. Certo è che oltre Oceano e Oltralpe, le cose vanno molto meglio rispetto all’Italia. Qui, infatti, l’accordo più eclatante, quello del Gruppo Gedi con Open AI, è sottoposto a vincolo di “riservatezza aziendale” da parte dell’editore che non ha voluto rivelare alcun particolare al sindacato aziendale. E questo, nonostante la questione riguardi contenuti realizzati dai giornalisti e soprattutto nonostante una pubblicizzazione di grande rilievo data all’accordo dagli stessi quotidiani del gruppo Gedi a fine settembre. Una grande foto in prima pagina sulla Stampa, con la stretta di mano tra John Elkann e l’Ad di Open AI, Sam Altman, introduceva a pagine e pagine di approfondimento.

Di certo il maggior gruppo editoriale italiano ha concesso a Open AI la possibilità di utilizzare articoli, foto, inchieste e approfondimenti fatti dai giornali del gruppo, in particolare per il motore di ricerca Search GTP.  Nel trambusto che ne è seguito, in particolare dopo gli scioperi a Repubblica, l’azienda ha precisato che sarà comunque sempre il giornalista a decidere in merito all’operatività della macchina.

Tutto questo si riverbera sulla trattativa per il rinnovo del contratto dei giornalisti, il cui nodo di fondo è proprio la gestione dell’IA nelle redazioni. Per quanto riguarda la componente sindacale, la posizione che viene ritenuta una sorta trincea invalicabile è la seguente: “Non potranno essere inviati in produzione testi giornalistici che non siano stati preliminarmente esaminati dalla redazione secondo le specifiche competenze, qualifiche, mansioni e responsabilità. Gli interventi sui testi sono riservati alla sola redazione”. 

La Federazione nazionale della stampa si attesta contro la strisciante “omologazione del prodotto informativo, derivante da un massiccio e incontrollato utilizzo dell’Intelligenza artificiale”. La segretaria della Fnsi, Alessandra Costante, sottolinea che, come previsto dall’articolo 42 del contratto, “l’utilizzazione dei sistemi elettronici editoriali e di ogni altro supporto tecnologico da parte delle redazioni deve favorire lo sviluppo del pluralismo ed il miglioramento della qualità dell’informazione. Questi obiettivi devono essere realizzati anche attraverso l’adozione di nuovi modelli di organizzazione del lavoro redazionale.

L’utilizzazione dei sistemi editoriali deve essere realizzata garantendo la professionalità del singolo giornalista, senza determinare impropria redistribuzione di mansioni con altre categorie e con il fine di valorizzare la qualità del prodotto redazionale inteso come opera intellettuale collettiva. I piani presentati dall’azienda dovranno contenere precise indicazioni sulle scelte editoriali che sono alla base del progetto, sull’impostazione tecnico-produttiva – anche in caso di utilizzo di banche dati – e sui criteri di organizzazione del lavoro ritenuti più rispondenti per la realizzazione del prodotto editoriale e per il miglioramento del suo livello qualitativo”.  Aggiunge Costante: “Nell’organizzazione del lavoro il singolo giornalista è impegnato ad utilizzare, con le caratteristiche proprie della professione giornalistica, i nuovi mezzi tecnici per elaborare i testi redazionali, anche intervenendo sul materiale fornito dalle fonti di informazioni interne ed esterne all’azienda collegate in linea con il sistema editoriale, sulla base delle proprie prerogative professionali. Non potranno essere inviati in produzione testi giornalistici che non siano stati preliminarmente esaminati dalla redazione. Gli interventi sui testi sono riservati alla sola redazione”. 

In sostanza, non ci sono barricate da parte del sindacato rispetto all’introduzione dell’Intelligenza Artificiale nelle redazioni, del resto già avviata da tempo anche nelle testate italiane. Purché il giornalista abbia in mano le redini del gioco. Ma la Fnsi lancia comunque un appello ai Cdr ad una sorta di vigilanza informatica: laddove si rilevino investimenti in Intelligenza Artificiale nei piani di riorganizzazione aziendale per stato di crisi, si segnali la necessità di una trattativa. Perché se il progresso non può e non deve essere fermato, neppure nei processi produttivi dell’informazione, a pagare pedaggio – pare essere questo il senso della posizione della Fnsi – non possono essere i giornalisti, mentre gli editori passano all’incasso. Peraltro, dopo aver già rastrellato ingenti contributi pubblici attraverso i prepensionamenti.

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