Storia: Mussolini e il folle sogno di un grande impero del Mediterraneo

Se la prendeva con il pacifismo del popolo italiano

Il 10 giugno 1940, Mussolini galvanizzato (e anche ingelosito) dai successi di Hitler che aveva sconfitto l’esercito francese e si apprestava a occupare Parigi, annunciò dal balcone di Palazzo Venezia l’entrata in guerra dell’Italia. Sapeva che il nostro Paese era militarmente ed economicamente debole [1], ma riteneva il conflitto già chiuso (disse che gli “bastava” qualche migliaio di morti per sedersi al tavolo dei vincitori).

Fino al crollo della Francia aveva tergiversato, presentando a Hitler un’ esagerata lista dei materiali di cui aveva bisogno per scendere in campo, chiamata poi ironicamente Lista del molbideno perché sembra che di quel minerale avesse chiesto una quantità superiore all’intera produzione mondiale. Poi però, temendo che la guerra stesse per finire in breve tempo e che non avrebbe potuto godere i vantaggi della vittoria, ruppe gli indugi.

E pensò subito a cosa avrebbe potuto esigere come “bottino” di guerra (parlando con Ciano adoperò proprio questo termine, che di solito si usa per indicare il frutto di una rapina). Anzitutto Nizza, la Savoia, la Corsica e la Tunisia, Poi voleva acquisire tutta la costa dalmata e sperava di sostituirsi agli inglesi nel protettorato sull’Egitto e sul Sudan.

Fino ad allora di questi obiettivi aveva parlato poco, solo in modo generico. Durante il periodo della non belligeranza proclamava la necessità di entrare in guerra per non lasciare tutto lo spazio ai tedeschi, in particolare nei Balcani. Ma era affascinato dai successi della Germania e se la prendeva con il pacifismo del popolo italiano che non era all’altezza dell’alleato. Questo confronto divenne un’ossessione tanto che si perdeva in futilità,  come il ” passo romano” per indurre ad atteggiamenti marziali.

Quando vide che la Germania stava occupando gran parte dell’Europa cominciò ad esporre piani di conquista. In particolare, ipotizzava di dare vita a una “grande Italia” annettendo territori confinanti e anche quelli nord africani che avevano al loro interno comunità di coloni italiani come la costa libica e la Tunisia. Pensava poi di ottenere tutta la  fascia costiera dall’Istria al nord della Grecia, attraverso la Croazia, il Montenegro, l’Albania  l’Epiro greco,  e le isole Ionie, in modo di rendere l’Adriatico  un “lago italiano”.

Quanto alle colonie, intendeva dare vita a un immenso  Impero che comprendesse una parte dell’Algeria e forse anche del Niger[2], l’interno della Tunisia e della Libia, l’Egitto, il Sudan per arrivare all’Etiopia e alla Somalia inglobando  Gibuti  – forse anche la Somalia britannica che fu occupata da truppe italiane  all’inizio del conflitto –  e  la parte nord orientale del Kenya. In pratica circa un terzo dell’intero continente africano.

Nel corso della guerra entrarono nelle rivendicazioni Mussolini anche la valle del Rodano da Lione al mare, Malta, parte della Grecia e particolarmente Creta e Cipro ovvero i possedimenti britannici di maggiore importanza strategica. Tant’è vero che guardava anche ad Aden, in modo da detenere le chiavi del Mar Rosso.Non solo: nel Vicino Oriente l’Italia avrebbe dovuto rimpiazzare Francia e Gran Bretagna  che vi  avevano fatto la parte del leone dopo la prima guerra mondiale.

Giuseppe Pardini, autore del saggio Mussolini e il grande impero ha spiegato che di queste rivendicazioni erano stati elaborati ‘progetti differenziati: un piano minimo e un piano medio  qualora si fosse trovato un rapido  accordo con la Gran Bretagna o si fosse  stipulata una “pace di compromesso”  E  un  piano massimo, nel caso di una piena vittoria militare[3].

In particolare, a causa della disfatta francese  si dava per scontata l’acquisizione di Nizza, della Savoia, della Corsica, della Tunisia e di Gibuti. Per ottenere la Dalmazia e il Montenegro Mussolini progettava di attaccare la Jugoslavia ma come attesta anche Churchill nelle sue  memorie[4]  Hitler pose il veto perché non si voleva impegnare nei Balcani.

Quanto alla Gran Bretagna  il progetto  massimo  prevedeva appunto di  sostituirsi agli inglesi in Egitto, nel Sudan e nel nord est del Kenya[5] per dar vita a un immenso impero che avrebbe compreso tutta l’Africa  nord orientale. 

Questi piani  non tenevano  conto della debolezza dell’Italia fascista che non sarebbe stata in grado  né di  creare consenso né di imporsi con la forza a territori tanto vasti ed eterogenei Quindi  mere velleità . Tant’è vero che in un momento di cocente delusione alzò il tiro. Nel maggio del 1941 nell’annunciare che gli inglesi avevano occupato la Somalia, l’Eritrea e stavano affossando l’Impero delineò grandiosi piani di conquista in Jugoslavia che lasciarono allibiti vari ministri.

Il sogno mussoliniano che comprendeva anche la possibilità di garantirsi lo sbocco verso gli oceani  naufragò  in breve tempo.  Il Negus tornò ad Addis Abeba, e  l’attacco alla Francia  (la pugnalata alla schiena come la definì Roosvelt)  si era concluso nel peggiore dei modi.

Mussolini aveva chiesto a Hitler per chiedere di occupare Francia metropolitana fino al Rodano (da Lione ad Avignone), la  Corsica, la Tunisia e Gibuti.  Ma poiché le truppe italiane si  fermarono a Mentone e non entrarono nemmeno a Nizza che aveva un forte valore simbolico, il duce cambiò atteggiamento e accettò di limitare l’occupazione ai territori effettivamente conquistati: una sottile striscia con circa 28mila abitanti.

D’altronde ebbe in tutta la vicenda un atteggiamento oscillante. Assumeva pose magniloquenti ma esitava. Voleva emulare Hitler ma soprattutto lo temeva. Scese in campo per sedersi  al tavolo dei vincitori ma, in privato, disse di voler evitare che l’ “esagitato” Hitler, una volta vinta la guerra, si volgesse contro l’Italia per punirla della sua neutralità[6].  

Anche quando non arrivava a previsioni così drastiche, diffidava di Hitler che gli celava i suoi progetti. Ad esempio, ha rilevato Renzo De Felice[7] che tra i fattori della svolta di Mussolini  c’era la convinzione che il dittatore tedesco intendesse  riconciliarsi con la Francia e che sarebbe stata l’Italia a farne le spese. Quindi, a sua volta, cercò di non inasprire Pétain  e si mostrò meno intransigente rispetto alle precedenti pretese. 

Peraltro, il duce appariva sempre più succube del fuhrer.Qualche tempo prima si era preoccupato per un possibile intervento americano. Ma i Diari di Ciano riportano che giorno dopo giorno era sempre più impaziente  di scendere in campo. Temeva  Hitler, era suggestionato dai successi della Germania ma soprattutto non voleva restare in secondo piano. Con un paragone calcistico disse al genero che non intendeva militare nella serie b.

Il 28 ottobre 1940 Hitler arrivò a Firenze, alla Stazione di S.M. Novella. Appena scese dal treno Mussolini. gli comunicò  compiaciuto che da qualche ora le truppe italiane avevano attaccato la Grecia. Il fuhrer, che era già stato informato, era visibilmente contrariato perché più volte aveva fatto capire voler evitare un impegno bellico nei Balcani. Ma il “duce” aveva voluto  appositamente metterlo di fronte al fatto compiuto. 

Questa assurda  campagna militare che avrebbe dovuto essere espressione della guerra parallela, fu un altro clamoroso insuccesso dopo quello subito contro una Francia. Mussolini aveva preannunciato  l’aggressione con la nota frase  “spezzeremo le reni alla Grecia”. Ma erano state le sue ambizioni ad essere  spezzate. Avendo capito che ormai rischiava il tracollo, il 20 gennaio 1941 a Salisburgo chiese umilmente aiuto a Hitler. Il 6 aprile 1941 le divisioni corazzate tedesche in soli dodici giorni  invasero la Jugoslavia e la Grecia. Il duce ottenne di gestire l’occupazione. Ma ormai il regime fascista aveva perso la faccia.

Tuttavia, alla fine del 1942 quando gli anglo americani già si preparavano a sbarcare in Sicilia, Mussolini, pur in ristrettezza di armamenti e di munizioni, ottenne da Hitler di poter occupare la Francia sud orientale e la Corsica.


[1]  Cfr. E.Bauer, Histoire controverse de la deuxième guerre mondiale  tr.it. Storia controversa della seconda guerra mondiale De Agostini 1970  pp 174 -5  riporta  i pareri dei militari che sottolineavano l’ impreparazione al conflitto. 

[2]   In particolare  Alessia BiasioloLa guerra breve dell’Italia  in  Centro Studi Cesvam    23 Novembre 2020 parla  di  una parte dell’Algeria orientale fino al lago Ciad, comprese le miniere di ferro dell’Ouenza

[3]   G.Pardini, Mussolini e il “grande impero. L’espansionismo italiano nel miraggio della pace vittoriosa (1940-1942),   Ed critica Edizioni dell’Orso  2016

[4]  W.Churchill, La seconda guerra mondiale   vol.3  La disfatta della Francia tr. It. Milano 1970 pp 144-5.

[5]  Per le rivendicazioni del Kenya Orientale  Cfr. F. Antonicelli Trent’anni di storia italiana 1915 – 1945 (1961) p.107 ss.

[6]   A. Spinosa,  Mussolini il fascino di un dittatore, Milano1989 , p. 389

[7]  R.De Felice, Mussolini il duce vol 2  Torino, 1974-1981.

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