Quando ad andare in onda è la censura

Sulla televisione di Stato argomenti futili prendono il posto delle notizie. Con conseguenze devastanti

Beatrice Voltolini

Lunedì 4 luglio, ore 13:00, Raidue: inizia il telegiornale, o meglio ciò che si professa essere tale.

I servizi televisivi all’interno del Tg2 esemplificano perfettamente il sistema della (dis)informazione in Italia. Il canale televisivo di Stato, infatti, invece che informare e fornire strumenti ai telespettatori-e cittadini-per crearsi un proprio punto di vista riguardo alla realtà che li circonda, tramite una grande abilità nello spostare l’attenzione su cose inutili o di poca importanza, opera una censura.

Ad un occhio attento, intelligente e sveglio, infatti, non passa inosservato il fatto che dopo aver descritto brevemente e in modo essenziale le principali notizie di cronaca e i fatti della giornata il Tg2 si “perde” in argomenti futili. Paragonando il servizio informativo fornito da questa rete televisiva con il telegiornale diretto da Mentana su La7, appare chiaro che: o viviamo in mondi paralleli in cui accadono avvenimenti diversi (a seconda che siano raccontati da La7 oppure da Raidue), oppure vi è una sorta di censura televisiva che impedisce ai giornalisti del Tg2 di occuparsi di notizie che coinvolgono ognuno di noi.

Come può, un telegiornale che dà spazio a notizie sui saldi o sulla nuova fidanzata di George Clooney, educare il senso civico del cittadino? Come può, la fonte primaria di informazione-quale è il telegiornale-tramutarsi paradossalmente nel suo proprio contrario, cioè in censura?

Il meccanismo insito in tale sistema di comunicazione opera mediante una cancellazione degli eventi e una modificazione della realtà: parlando di avvenimenti che rigurdano una dimensione diversa rispetto a quella in cui viviamo come società, come comunità e come Stato (ad esempio l’ultimo film uscito al cinema), l’informazione diventa altro da sé, confondendo le menti dei telespettatori. Essi, infatti, non avranno in questo modo la possibilità di farsi un’idea di cosa accade in altri luoghi del proprio paese, né di riflettere sulla situazione politica, economica, sociale in cui vivono.

Il filtro di notizie di cui siamo succubi frustra il nostro bisogno e la nostra capacità di conoscere e di pensare, abituandoci così a ad ascoltare passivamente. In un paese in cui le notizie e, non secondariamente, le idee non hanno la possibilità di circolare e raggiungere anche le coscienze più isolate, non c’è la libertà. Soltanto l’esposizione oggettiva di fatti reali può stimolare la pigrizia intellettuale che si è diffusa nella nostra società.

Oppure, aveva ragione Nietzsche quando diceva che non esistono fatti, ma solo interpretazioni.

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