La crisi fa danni anche nell’agroalimentare, ad esempio con la scomparsa di quasi una stalla su quattro impegnata nella produzione del latte per il Parmigiano-Reggiano e la perdita di migliaia di posti di lavoro negli allevamenti e nei caseifici dell’Emilia-Romagna. E come se non bastasse, nel 2014 la produzione di falsi Parmigiano-Reggiano e Grana Padano nel mondo ha sorpassato per la prima volta quella degli originali, provocando anche il calo del valore delle esportazioni, in controtendenza al record segnato all’estero dall’agroalimentare made in Italy e ai risultati positivi registrati da altri formaggi come pecorino e gorgonzola.
Nel 2014, secondo Coldiretti, la produzione delle imitazioni del Parmigiano e del Grana Padano ha superato i 300 milioni di chili (contro i 295 della produzione made in Italy), realizzati in gran parte negli Stati Uniti: dal falso parmigiano vegano a quello della Comunità Amish, dal parmesan vincitore addirittura del titolo di miglior formaggio negli Usa al kit che promette di farlo in casa in soli due mesi. Ma c’è anche il parmigiano in cirillico che si è iniziato a produrre in Russia dopo l’embargo (ritorsione russa alle sanzioni europee per l’Ucraina), il parmesao brasiliano, il reggianito argentino e il parmesan perfect prodotto in Australia. Sul mercato europeo ed in Italia sono inoltre arrivati – prosegue Coldiretti – i cosiddetti similgrana di bassa qualità, spesso venduti con nomi di fantasia, che ingannano i consumatori sulla reale origine che è prevalentemente di Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Estonia e Lettonia.
Tutto questo emerge dal “Dossier sul mercato del Parmigiano-Reggiano, tra crisi ed opportunità” presentato dalla Coldiretti nella mobilitazione che ha portato in piazza a Bologna il popolo del Parmigiano, dai produttori ai consumatori.
“A rischio – sottolinea Coldiretti – c’è un intero sistema produttivo che vale complessivamente quasi quattro miliardi di fatturato. Il Grana Padano che si colloca al vertice delle produzioni italiane tutelate dall’Unione Europea con un volume di affari che vale 1,5 miliardi per il consumo nazionale e 530 milioni per l’export, mentre il Parmigiano-Reggiano si colloca al secondo posto, con 1,5 miliardi per il consumo nazionale e 460 milioni per l’export”.
I compensi riconosciuti ai caseifici e agli allevatori per il Parmigiano Reggiano – dati Coldiretti – sono precipitati “al di sotto dei costi di produzione ed ora il mondo produttivo si trova a fronteggiare una situazione di crisi più grave del terremoto che tre anni fa aveva fatto crollare a terra migliaia di forme e distrutto stalle e magazzini”. L’anno scorso il prezzo pagato ai produttori di Parmigiano-Reggiano è diminuito del 20 per cento in dodici mesi, passando dai 9,12 euro del gennaio 2014 ai 7,31 euro di fine dicembre. Nel frattempo il prezzo di vendita ai consumatori italiani è calato appena del 4 per cento. All’estero la situazione non è migliore, con il valore delle esportazioni che è sceso nel 2014. Il calo più pesante (-10%) si è verificato negli Stati Uniti. “A rischio – continua la Coldiretti – c’è un sistema produttivo dal quale si ottengono circa 3,2 milioni di forme all’anno, con 363 piccoli caseifici artigianali della zona alimentati dal latte prodotto nelle 3348 stalle rimaste”.