L’intelligenza artificiale diventa “generale” e si mette a pianificare

I nuovi modelli a cui tendono i laboratori delle big tech

L’acronimo che fa correre il mondo dell’innovazione digitale è AGI. Significa Artificial General Intelligence. Le iniziali non cambiano rispetto a Intelligenza Artificiale Generativa, a cui siamo ormai abituati in virtù del dilagare di chat bot dialoganti come Chat GPT, Pilot, Barde, Gemini. O Claude, il modello linguistico di Anthropic che, secondo il ranking del sito specializzato Chat Bot Arena, ha superato GPT 4 di OpenA1 in versatilità e profondità di risposte. Ma i modelli di Intelligenza Artificiale Generale sono adesso quelli a cui tendono i laboratori delle big tech di tutto il mondo. In cosa differiscono dal “vecchio” Chat GPT e simili? Dalla capacità di ragionamento e di pianificare secondo il proprio autonomo discernimento. Almeno questo è l’obiettivo finale, che va ben oltre, dunque, l’addestramento delle “macchine”.

Il Financial Times, pochi giorni fa, ha riportato le dichiarazioni di Joelle Pineau, vicepresidente della ricerca sull’IA di Meta e Brad Lightcap, chief operating officer di OpenAI. I due manager hanno detto di lavorare alacremente per realizzare macchine dalla capacità operativa più completa e autonoma rispetto alle attuali, anche se GPT5, l’ultima evoluzione di Open AI ormai prossima al lancio, apparterrà ancora alla serie dei modelli generativi.

Siamo sul limitare della frontiera delle macchine intelligenti? La loro autonomia cognitiva si sta davvero avvicinando al ragionamento umano? Yann LeCun, uno dei padri dell’AI, oggi a capo della ricerca scientifica di Meta, ha una sua filosofia di fondo che risolve il problema: “L’Intelligenza artificiale ci porterà verso un nuovo umanesimo. Accrescerà l’intelligenza di tutti, non solo quella delle macchine”.

Il titolo della conferenza che LeCun ha tenuto ad Harvard pochi giorni fa è esplicativo: “Verso sistemi di intelligenza artificiale in grado di apprendere, ricordare, ragionare e pianificare”. L’abstract del suo intervento riporta i tre quesiti al centro della lezione: “Come potrebbero le macchine apprendere con la stessa efficienza degli esseri umani e degli animali? Come potrebbero le macchine imparare come funziona il mondo e acquisire il buon senso? Come potrebbero le macchine imparare a ragionare e pianificare?”

E LeCun ha fornito le opportune chiavi di lettura: “Le attuali architetture di intelligenza artificiale, come i modelli linguistici di grandi dimensioni auto-regressivi, non sono all’altezza. Proporrò – ha anticipato lo chief scientist di Meta – un’architettura cognitiva modulare che può costituire un percorso verso la risposta a queste domande. Il fulcro dell’architettura è un modello mondiale predittivo che consente al sistema di prevedere le conseguenze delle sue azioni e di pianificare una sequenza di azioni che ottimizzino una serie di obiettivi. Tutto questo – ha detto LeCun alla facoltà di Matematica di Harvard – con l’ausilio anche di opportuni meccanismi di controllo e sicurezza”.

Intanto, Meta ha annunciato il rilascio, a disposizione dei ricercatori di tutto il mondo, del benchmark Open-Vocabulary Em Bodyed Question Answering (OpenEQA), che misura l’autonoma comprensione degli spazi fisici da parte di una “macchina” di Intelligenza Artificiale, tramite domande come “Dove ho lasciato il mio badge?”.

Avremo in sostanza a disposizione dei robot “investigativi” che, autonomamente, potranno aiutarci a indagare il campo visivo per ritrovare oggetti smarriti. Inserendo il meccanismo in un paio di occhiali “intelligenti”, potremmo anche fare a meno del robot. Come sarà possibile, viene così spiegato nell’annuncio ufficiale di Meta. “Immagina un agente AI che funge da cervello di un robot domestico, oppure un elegante paio di occhiali con dotazione di AI. Un agente di questo tipo deve sfruttare modalità sensoriali come la visione per comprendere l’ambiente circostante – sottolineano i ricercatori di Meta – ed essere in grado di comunicare in un linguaggio chiaro e quotidiano per assistere efficacemente le persone”.

Due esempi: “Supponiamo che ti stai preparando per uscire di casa e non riesci a trovare il badge dell’ufficio – si legge nell’annuncio di Meta – Potresti chiedere ai tuoi occhiali intelligenti dove li hai lasciati e l’agente potrebbe rispondere che il badge è sul tavolo da pranzo sfruttando la sua memoria episodica. Oppure, se mentre tornavi a casa avessi fame, potresti chiedere al tuo robot di casa se è rimasta della frutta. Basandosi sulla sua esplorazione attiva dell’ambiente, potrebbe rispondere che ci sono delle banane mature nel cesto della frutta”.

Nel sito di Meta è postato un video in cui si vede un simpatico robottino che gira per casa in cerca del badge smarrito o della banana matura. E li trova, rispondendo così ad una generica domanda di smarrimento. Si capirà che la portata scientifica va ben oltre la capacità di scoprire le banane da parte del robot. È la sua autonomia di ricerca il nocciolo della scoperta. Un passo avanti verso l’Intelligenza Artificiale Generale.

Nella foto, dal sito di Meta, il robot dotato della capacità di indagare il campo visivo circostante

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