Firenze – Riceviamo e pubblichiamo dagli studenti del Liceo Classico Michelangiolo un comunicato stampa, in cui si dà conto della loro posizione circa l’attività della dirigenza scolastica, che ha ritenuto di denunciare tre studenti per “occupazione”. Quelli che avevano interloquito e trattato con lei.
Liceo Michelangiolo, gli studenti: “Perché chi dovrebbe ascoltarci ci denuncia?”
“In questi giorni sono arrivati 3 avvisi di garanzia e di convocazione dalla polizia giudiziaria a carico di studenti e studentesse del liceo Michelangelo, in merito
all’occupazione avvenuta nei primi giorni di dicembre. Da quello che è stato spiegato dagli inquirenti, non sono indagini d’ufficio ma partite da una denuncia. Ed a farla è stata la preside dell’istituto, come da lei confermato durante un consiglio di istituto”.
“L’occupazione del Michelangelo è stato un momento partecipatissimo, autogestito da tanti e tantie studenti e studentesse. Da tutti e tutte noi: hanno partecipato quasi 600 tra studenti e studentesse, con attività, incontri con docenti, personalità, momenti di confronto e cittadinanza attiva. Cioè tutto quello che dovrebbe fare la scuola. A fronte di questa attività, abbiamo invece una dirigente che ha affermato, durante l’occupazione, di voler ricorrere all’uso della forza della polizia per uno sgombero, fortunatamente mai avvenuto. Ci domandiamo quale sia lo scopo di tutto questo: dare un segnale per impedire la partecipazione?”.
“La preside, una volta informata la Digos, ha scelto di denunciare i tre studenti che avevano intrapreso una trattativa/ un colloquio con lei. Perché chi dovrebbe farsi carico, saper ascoltare e tutelare i propri studenti, invece decide di denunciarli? E con quale criterio ha scelto di farlo?
Lo scopo dell’occupazione era quello di contestare le scelte di tanti governi che hanno impoverito, depresso, limitato il ruolo sociale della scuola pubblica e statale che dovrebbe essere un elemento collettivo e pari per tutti, non un luogo in cui chi parte privilegiato è automaticamente superiore ad altri . Una critica ad un sistema che vuole impedire agli studenti e studentesse di essere parte attiva nella scuola. Le risposte a queste domande ci preoccupano e dovrebbero preoccupare tutti: sono un segnale, questo sì, politico inequivocabile. Quello di combattere chi si agita, studia, organizza. Si vuole combattere chi vuole essere un soggetto attivo che crede nelle sue ideologie. Si combatte chi sceglie opinioni diverse dal pensiero unico.
Questo è quello che rappresenta e simboleggia un’ azione repressiva del genere. Non si tratta banalmente della legge che compie il suo corso: questo è un attacco mirato nei confronti di studenti che lottano per una scuola più equa e non meritocratica. È una forma di repressione che ha colpito studenti perché militanti di un collettivo studentesco, rappresentanti eletti negli organi collegiali e sostenitori della nostra protesta”.
“La nostra preside ha scelto di puntare il dito su alcuni e non ascoltare le nostre richieste di cambiamento anche rispetto alla vita quotidiana a scuola. L’occupazione non ha solo scosso il nostro spirito critico, abbiamo riscoperto insieme il valore della disobbedienza civile, della socialità, dell’unione, della collaborazione, e del vivere a pieno i nostri spazi. Eravamo riuniti in comitati di organizzazione per il mantenimento della nostra scuola nel rispetto del luogo storico e culturale che avrebbe il compito di educarci e formarci come cittadini. Abbiamo proposto una didattica alternativa con assemblee e dibattiti riguardanti temi di attualità, valori morali e ideologici. Ci sono state assemblee a cui hanno partecipato relatori esterni di grande rilievo nel panorama culturale del nostro paese, che sostenevano la nostra lotta e protesta”.