La notizia della morte di Alberto Agazzani, intellettuale 48enne, si è diffusa in mattinata rapidamente a Reggio Emilia, la “sua” città nativa ma non troppo amata, come soleva dire. Si sentiva di più un cittadino della bellezza. Prima di stabilirsi con una certa stanzialità nel comune capoluogo, aveva girato per studio e per amore dell’arte.
Tantissimi commenti, tra lo sgomento e l’incredulità, hanno riempito i social caratterizzandosi almeno per una nota comune: il riconoscimento della sua intelligenza e della sua acutezza. Perché Alberto Agazzani non aveva propriamente uno spirito diplomatico. Era soprattutto un polemista d’altri tempi, più adatto ad una città mitteleuropea che ad una provincia un po’ bucolica e piena di cliché come la nostra. Che vive malissimo le critiche interne e ancor peggio è capace di aprirsi ad un dibattito senza posizione preconcette.
Per questo Alberto Agazzani nel corso degli anni è stato tenuto un po’ in disparte dalle istituzioni; lui non le mandava a dire. Si presentava direttamente in commissione cultura e le sparava in faccia con una certa petulanza, dopo aver mugugnato (ma non troppo) tra sé e sé.
Quanto però era formalmente tenuto a distanza, tanto era avvicinato e amato dalla gente che frequentava. Per la sua disponibilità umana, le sue doti intellettuali e il godimento che il suo istrionismo provocava tra i commensali. La dimostrazione si è avuta dopo il terribile incidente dello scorso luglio durante il quale l’appuntamento con la morte era stato soltanto rimandato.
Una catena umana di solidarietà, aiuto e vicinanza si era immediatamente attivata per stare vicino al ferito grave, in coma per diverse settimane, e sostituirlo a turno nel disbrigo delle pratiche domestiche. Uscito miracolosamente dal coma, si credeva che il peggio fosse passato e che il recupero, seppur lento e difficile, potesse raggiungere livelli accettabili.
Ma così non è stato; le conseguenze di una grave commozione cerebrale non sono prevedibili e diverse da soggetto a soggetto. I vuoti di memoria lasciati, forse il cambiamento d’umore e le reazioni comportamentali di fronte alle difficoltà di recuperare tutto il proprio vissuto e le proprie capacità cognitive, che per lui erano evidentemente tutto, hanno forse creato un mix depressivo da cui il “nuovo” Agazzani non è più riuscito a sollevarsi.
Era stato visto anche domenica mattina circolare per Reggio apparentemente tranquillo. Con lui Reggio perde non solo un grande polemista, intellettuale, scopritore di talenti e creatore di eventi culturali ma anche un suo figlio genuino, non legato a mode e correnti, partiti e conventicole, e per questo eternamente “prodigo”.