La battaglia della liturgiaSulla guerra della Cattedrale il vescovo abdica

Monsignor Caprioli durante la messa di Ferragosto ha delegato al successore la decisione sulle discusse opere artistiche

Come avevamo anticipato, lo scontro sui restauri del Duomo sta assumendo dimensioni, è proprio il caso di dirlo, bibliche. Dopo il fuoco di fila della fronda contoriformista guidata dall’architetto Stefano Maccarini Foscolo, sostenuta dal giornale Libero e da nomi del calibro di Sgarbi, Messori e Langone, il vescovo Adriano Caprioli ha rotto il silenzio.

Chi si aspettava una parola definitiva sulla battaglia in atto è rimasto deluso. A margine dell’omelia della messa di Ferragosto in cattedrale, il vescovo Adriano ha preso atto delle divisioni, ma ha annunciato che la decisione sulla collocazione delle nuove discusse opere artistiche ricadrà sulle spalle del successore, che si insedierà tra pochi mesi. Nel frattempo la Cattedrale resterà un mese per consentire i lavori di pulizia.

Il vescovo Adriano Caprioli

“Circa la cattedra, ancora in stato di elaborazione, e la nuova proposta per la croce gloriosa, – ha detto il vescovo – siamo in attesa di poterle valutare, puntando ad un consenso positivo largo e motivato, prendendoci tutto il tempo che sarà necessario. Occorrerà accompagnare questo passaggio con strumenti formativi che introducano i fedeli alla piena comprensione dei significati liturgici e artistici delle opere stesse, e per far sì che la loro evidenza sia sempre meglio recepita e apprezzata”.

Quali strumenti formativi utilizzare convincere il gregge, toccherà però al nuovo vescovo, e naturalmente a monsignor Tiziano Ghirelli, direttore dell’Ufficio per i Beni Culturali Ecclesiastici, in prima linea fin dalle origini di questo durissimo scontro.

Dal pulpito, il vescovo Caprioli ha concluso il suo intervento sulla polemica con un appello al dialogo. Appello che difficilmente verrà ascoltato, data la belligeranza degli oppositori “tradizionalisti”:

Lo scultore Hidetoshi Nagasawa

“La cattedrale è la chiesa del Vescovo ed è per questo che tutti ad essa guardano. E giustamente, perché se il vescovo è chiamato ad essere segno di comunione, anche la cattedrale e, di conseguenza, il suo adeguamento liturgico come la sua celebrazione liturgica, danno questo compito al vescovo. Non è detto che lo stesso vescovo riesca a portare a termine l’opera: ‘Uno semina e l’altro miete’, ebbe a dire Gesù ai suoi apostoli (cfr. Gv 4,37). Guai, però, se i vari punti di vista diventassero ‘terreno di scontro‘. Per questo il confronto e il chiarimento sulle ragioni dell’adeguamento liturgico possono diventare momenti di crescita nella comunione. Del resto cambiamenti che toccano abitudini ereditate nel tempo, al di là delle pur necessarie sperimentazioni, chiedono buone abitudini analogamente prolungate nel tempo – ha sottolineato il vescovo – Chiedo perciò a tutti (presbiterio diocesano e comunità parrocchiali) quell’anticipo di simpatia e di fiducia, senza le quali non c’è alcuna comprensione e, prima ancora, chiedo una volontà di comunione attorno al vescovo, altrimenti viene meno il significato della sua presenza nella chiesa, in questa chiesa a me molto cara”.

Che l’esito della battaglia non sia affatto scontato si legge anche tra le righe del comunicato che porta la firma di don Emilio Landini, il responsabile della comunicazione della Diocesi, che dopo avere fatto il punto su ciò che è stato fatto e che si può vedere nel Duomo, parla delle opere più discusse e non ancora installate, a cominciare dalla croce dell’artista giapponese Nagasawa.

“Non è presente – si legge nella nota – la croce che dovrebbe pendere dall’alto all’inizio del presbiterio, essendo in fase di elaborazione da parte dell’artista una nuova croce gloriosa. Neppure è attualmente presente la nuova cattedra o sede episcopale. Sulla realizzazione di questi due poli una decisione sarà presa a seguito di ulteriori riflessioni sulle realizzazioni definitive, non ancora ultimate dai due rispettivi artisti. Non sfugga il fatto che il testo del vescovo Adriano non esclude l’eventualità di lasciare le scelte definitive, su questi ultimi due poli (croce e cattedra), al suo successore. Anche questo sottolinea non una volontà di imporre, ma di portare avanti un dialogo sereno, libero da posizioni preconcette, nella ricerca di quella comunione che il ruolo stesso del vescovo è chiamato a favorire, anche quando entrano in gioco le diverse sensibilità personali”.

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