Firenze – C’era già un progetto di autorecupero e c’era già una delibera comunale, la n.111/2005, che diceva che quell’autorecupero si sarebbe fatto con la partecipazione del Comune di Firenze.
La struttura, la ex-Bice Cameo, sarebbe stata oggetto di permuta fra l’Asl, sua attuale proprietaria, e l’amministrazione comunale, che, grazie al progetto concordato con le famiglie occupanti ne avrebbe ricavato delle residenze di edilizia popolare.
Una destinazione finalmente equa per una struttura che negli anni ha funzionato come volano più o meno ufficioso per centinaia di famiglie rimaste senza un tetto grazie all’emergenza casa e in attesa di sistemazione.
Una soluzione equa anche per il gruppo storico degli occupanti che ha rispristinato, sostenuto, curato l’intero edificio negli anni salvandolo dalla rovina, restituendolo a una funzione pubblica cui era da sempre destinato (fra le altre funzioni, l’ex-Bice Cameo è stata anche struttura psichiatrica infantile) e da una probabile speculazione edilizia sempre alle porte, visto che l’immobile è posto in una delle zone di pregio della città, una traversa di viale Volta.
Cosa è dunque successo per stoppare un progetto che sembrava in dirittura d’arrivo?
Secondo quanto deciso dal consiglio comunale nel 2005, il progetto di autorecupero doveva essere preceduto da una permuta d’immobili fra l’Asl fiorentina e il Comune, precisamente fra gli immobili di proprietà del Comune di Firenze situati a Bagno a Ripoli in via Giusiani (località Meoste) che facevano parte del complesso immobiliare denominato appunto “Meoste” (e che erano utilizzati dall’Asl) e la struttura situata in via Aldini a Firenze, di proprietà dell’Azienda sanitaria fiorentina.
La finalità del comune di Firenze, esplicitamente dichiarata nella delibera 111/2005 era quella di acquisire l’immobile “in quanto questo, per le sue caratteristiche, appariva idoneo al fine di realizzarvi un intervento di Edilizia Residenziale Pubblica mediante forme di autorecupero tali da usufruire dei finanziamenti previsti dalla deliberazione n. 95 del 24.01.2005 della Giunta della Regione Toscana, con la quale erano stati individuati i criteri e le modalità di finanziamento per la incentivazione di specifici programmi di recupero di abitazioni da assegnare in locazione a canone controllato”.
Tuttavia, nel dibattito avvenuto il 16 maggio scorso, in consiglio comunale sono stati evidenziati alcuni nuovi ostacoli, fra cui: il fatto che l’Asl non utilizza più i locali di via Giusiani, che sono stati riconsegnati al comune di Firenze (annullando di fatto la permuta); non è possibile reperire la quota parte del Comune nell’intervento di autorecupero dell’immobile (65%); i costi di trasformazione dell’edificio in residenze risulterebbero tali da rendere negativo il rapporto costi-benefici. A livello tecnico amministrativo, infine, tale difficoltà aveva impedito la presentazione del progetto di autorecupero alla Regione Toscana (per ottenere i finanziamenti previsti) entro il termine del 31.12.2010. Per tutto ciò dunque con delibera 24/2011, il 16 maggio scorso, a maggioranza assoluta (1 voto contrario del consigliere Tommaso Grassi) il consiglio comunale ha deciso di revocare la propria precedente decisione.
Le conseguenze di questa decisione potrebbero essere devastanti. Innanzitutto per la città: nel frattempo, come spiegano i due consiglieri Tommaso Grassi e Ornella De Zordo, “è stato tolto il vincolo di destinazione pubblica sull’immobile”. In altre parole, niente impedirebbe, in caso che il vincolo non fosse ripristinato l’avverarsi di una ennesima speculazione edilizia a fronte della fame disperata di abitazioni che affligge storicamente Firenze.
In secondo luogo, niente assicura che l’Asl riprenda il progetto di autorecupero. La sua mancata realizzazione rischia di apparire un sonoro schiaffo a tutti coloro che da anni si impegnano a seguire il progetto, a renderlo sempre più partecipato, a farne oggetto di un tentativo sperimentale di coinvolgere le occupazioni, l’amministrazione e la città nella realizzazione, su edifici a vocazione pubblica, di spazi utili ai cittadini; in questo caso, alla porzione più debole di Firenze, quella alle prese col problema casa.
L’immobile di via Aldini ha rappresentato anche l’apertura di un dialogo fra amministratori e bisogni della città. Per questo, la delibera 24/2011 appare uno strappo, ancora più lacerante se si pensa che a giorni un bando regionale avrebbe permesso, come ricordano De Zordo e Grassi, “l’intervento a costi zero da parte del Comune”.
Stefania Valbonesi