Ma davvero c’è qualcuno che possa pensare come le inqualificabili azioni leghiste contro il ministro Kyenge ricadano sotto il problema del razzismo? Cioè di quelle teorie scientifiche e filosofiche che da tempo immemore sostengono che la specie umana sia formata da razze biologicamente differenti e gerarchicamente diseguali (teorie ampiamente smentite dalla scienza, se non bastassero umanesimo e buon senso)? Sembra di sì a giudicare dal risalto che ogni beceraggine leghista ottiene non solo nelle pagine di cronaca politica ma anche nelle conseguenti speculazioni sui massimi sistemi storico-antropologici.
Difficile non pensare che all’atto della scelta di questo ministro, fino a ieri semisconosciuto professionista del campo medico, non fossero prevedibili i rischi di strumentalizzazioni da ambo le parti sul suo colore della pelle. E una buona dose di contegno e misura politiche e conduzione della discussione su binari più corretti, sarebbero stati auspicabili. Primo, perché i problemi maggiori del Paese non sono né le notti ad Arcore di Berlusconi ma nemmeno il livello di accettazione e sopportazione che intercorrono tra la titolare del Dicastero dell’Integrazione e quel che resta degli amanti del Carroccio, Padani, Celoduristi e compagnia del Grande Fiume.
Secondo, perché si rischia di ottenere un effetto a catena, cioè di interruzione dei flussi quotidiani delle regole democratiche ad ogni azione di vero o solo presunto “razzismo”; dalle banane lanciate agli appellativi scimmieschi, dalle mani non strette all’abbandono dell’aula in presenza della controparte e domani chissà cos’altro quando l’asticella dell’attenzione anti-razzista sarà altissima. Un po’ come accade negli stadi ai buu contro Balotelli. Vogliamo anche in questi casi che si interrompa la partita a causa di un branco di idioti vittime della loro ignoranza luogocomunista? Si fa precisamente il loro gioco alla cuscus klan all’italiana.
Il “caso Kyenge” rischia di gettare fumo sulle reali circostanze di discriminazione che ancora allignano in questo Paese; la concentrazione-spettacolarizzazione di un unico tema, o in questo caso di una sola “vittima” peraltro vip, porta l’opinione pubblica alla sensibilizzazione una tantum che diventa dimenticanza al passaggio delle mode. Come può sentirsi “discriminata” la Kyenge scelta al Governo tra decine di milioni di donne? E speriamo che Maroni accolga l’invito del ministro e smorzi le pulsioni primordiali della base. L’Italia non può attendere