“Il generale Pozzolini ebbe in animo di arricchire il suo possesso di un parco
veramente signorile, ma nello stesso tempo egli volle che le nuove piantagioni di
questo parco avessero anche uno scopo scientifico, perché con amore di botanico
volle tentare esperimenti di acclimazione e se ne formò una geniale occupazione
negli ultimi anni della sua vita …”.
Villa Pozzolini, all’epoca del Popolo di San Romolo a Bivigliano, occupa un certo interesse nella trattazione che Angiolo Pucci fa ne I Giardini di Firenze che si estendono verso il contado e non sorprende che sia stata scelta come sede per la presentazione del sesto volume della sua opera dedicata ai Comuni della cintura di Firenze.
Ultimo rappresentante di una famiglia di giardinieri granducali Angiolo Pucci successe al padre Attilio, capo giardiniere di Boboli e collaboratore del Poggi nell’opera di risistemazione di Firenze Capitale e si dedicò allo studio e alla divulgazione della scienza orticola e dell’arte del giardinaggio. Autore di numerosi articoli e manuali morì nel 1934 senza riuscire a trovare un editore disposto alla pubblicazione della sua grande opera.
L’impresa è stata possibile solo grazie alla Casa Editrice Leo S.Olschki, con il contributo della Fondazione Brunello e Federica Cucinelli e il grande lavoro dei due curatori Mario Bencivenni e Massimo de Vico Fallani che hanno riordinato e trascritto le migliaia di
carte, degli 83 pacchetti in A4 originari, in un’opera in sei volumi che prende il via da I giardini dell’Occidente dall’Antichità a oggi per arrivare ad illustrare i parchi e i giardini dei comuni del contado fiorentino, da Fiesole a Bagno a Ripoli.
Un paesaggio collinare unico al mondo costruito da un complesso intreccio che collega
gli orti di utilità delle canoniche delle Pievi, i vigneti e gli oliveti, i giardini e i parchi
che hanno impreziosito le ville extraurbane alimentando il mito di Firenze città dei
fiori celebrata dai poeti di ogni epoca, dall’Ariosto a Foscolo. In tanti hanno
partecipato alla presentazione che si è svolta a Villa Pozzolini sabato 15 aprile e
dopo i saluti del padrone di casa Giorgio Pozzolini consigliere della sezione toscana
ADSI e del Sindaco di Vaglia, Leonardo Borchi, gli interventi del curatore del volume
il prof. Mario Bencivenni, del prof. Paolo Grossoni docente del Master di progettazione paesaggistica dell’Università di Firenze e di Paolo Basetti curatore del Giardino della botanica superiore di Boboli.
“Angiolo Pucci oggi sarebbe felice – ha detto Bencivenni – siamo in questa bellissima dimora e presentiamo l’ultimo libro della sua immensa fatica, non è cosa di poco conto. Lui stesso auspicava il ritorno al giardino formale rinascimentale e ci ha lasciato un repertorio di una ricchezza straordinaria che comprende anche l’aspetto urbanistico e che descrive nel dettaglio come erano i giardini, il suo grande merito è quello di portarci negli orti e nei giardini. Nelle canoniche c’erano gli orti, ed è da lì che nasce l’orto di utilità, la caratteristica dell’urbanistica fiorentina è il contado, è qui che i grandi ricchi costruiscono dimore degne del fasto della città insieme a grandi giardini. Questa è una caratteristica che dovremmo mantenere adeguatamente e una grande risorsa spirituale e culturale. Un imprinting del luogo in cui viviamo”.
Il Settecento e l’Ottocento sono secoli in cui si sviluppa un grande interesse per le piante, il primo a intuire che il paesaggio ha bisogno di nuove piante è Pietro Leopoldo, vengono
fatte con regolarità esposizioni di fiori e piante anche di livello internazionale, soprattutto tra la borghesia ed i proprietari terrieri si instaura una sorta di competizione collezionistica. “ I giardinieri imparano a studiare le piante – spiega Grossoni – le informazioni passano da un giardino all’altro, aumenta la cultura orticola. Si arriva a spendere 2.500 fiorini per una varietà di tulipano e a Firenze e in Toscana c’è una grande concentrazione di collezionisti. Angiolo Pucci mette in evidenza questa ricchezza culturale nelle grandi città toscane che attireranno anche giardinieri dall’estero. Un grande intervento sarà per Firenze Capitale d’Italia, poi la bolla speculativa si attenua, si riduce l’interesse e si perde la vivacità culturale che c’era a cavallo dell’Ottocento.”
“Quando si parla di paesaggio – dice Basetti che per 43 anni ha lavorato al Giardino di Boboli – si intende tutto, la conservazione della memoria è necessaria per non fare errori nel futuro e avendo lavorato a lungo in Sovrintendenza e agli Uffizi, posso assicurare sia uno strumento indispensabile per la lettura dell’attualità. Fondamentale è la scelta della tipologia della pianta e il posto in cui viene ospitata, oggi si deve garantire la sicurezza
pertanto la messa a dimora, l’impianto è il fattore più importante. Con i cambiamenti climatici c’è ancora più bisogno di conoscenze ed è fondamentale che nelle pubbliche amministrazioni ci sia personale competente con un livello di preparazione adeguato”.
In merito alla necessità di formare professionalità come quella del Maestro Giardiniere capace di operare nel contesto di un giardino storico e per il quale sono previsti a livello nazionale fondi per 10 milioni di euro che impegnano le regioni italiane a fare formazione Giorgio Pozzolini ha affermato “Come socio dell’Associazione Dimore Storiche e membro del Consiglio sezione toscana noi ci siamo proposti come interlocutore, come palestra, luogo in cui possono fare esperienza, mio padre molti anni fa ospitò il primo corso per
restauratore del giardino storico sia teorico che pratico, che ebbe anche un seguito. Senza contare che saremo poi i potenziali di datori di lavoro di questi soggetti, ne abbiamo bisogno, magari una cooperativa di maestri giardinieri potrebbe essere condivisa con tutti coloro, proprietari di dimore storiche che non riuscirebbero a mantenerne uno in maniera fissa.”
Sebastiana Gangemi