Da moglie del boss a confidente del giudice Borsellino, tra guerre di mafia e drammi familiari. E’ una storia sorprendente e tragica quella di Piera Aiello ospite venerdì in provincia Provincia, nell’ambito dell’iniziativa, in programma nella Sala del Consiglio, “Pratiche di pace contro la mafia”, organizzata in collaborazione con il consorzio Oscar Romero.
Originaria di un piccolo paese del Trapanese, Patranna, a 18 anni sposa Nicola Atria, figlio del boss di Cosa Nostra Vito. Sei anni dopo vede morire il marito e padre di sua figlia, ucciso dai sicari in una delle tante guerre tra clan per il controllo del territorio. Comincia di qui una storia che porterà Piera a diventare testimone di giustizia. A percorrere questa strada non è sola: con lei c’è Rita Atria, sua cognata, la sorella del boss Nicola.
C’è un altro evento, dopo l’uccisione di Atria, che porta con sé un carico enorme di dolore: la strage di via D’Amelio. Il giudice Borsellino, destinatario dei segreti e delle confidenze delle due giovani donne, non c’è più. Rita non regge e si toglie la vita a soli 18 anni.
“Per noi – spiega – Paolo Borsellino non era solo un giudice, ma prima di tutto un uomo. Dopo le stragi, noi testimoni di giustizia siamo sempre stati trattati come pratiche. Ora come ora la situazione non è migliorata. Manca il rapporto umano tra testimone di giustizia e giudice”
Nel corso dell’incontro l’attrice Roberta Bedogni ha letto pagine tratte dal libro “Rita Atria. La picciridda dell’antimafia” di Petra Reski, giornalista e scrittrice d’origine tedesca. La testimonianza di Piera Aiello è stata affiancata da quella delle donne palermitane che nell’estate del 1992, dopo la strage di via d’Amelio, decisero di fare lo sciopero della fame, occupando piazza Castelnuovo.