Settembre, torna l’emergenza abitativa, Grandi: “Sempre più città per ricchi”

La presidente di Federconsumatori Laura Grandi

Firenze – Settembre andiamo, è ora di tornare. E tornare per Firenze singifica ripiombare nei problemi irrisolti che nel tempo delle vacanze sembravano un po’ allentati. Come, tanto per fare un esempio, il problema abitativo, che di nuovo salta alla gola della città, come si legge dalle locandine dei quotidiani, persino per quanto riguarda la possibilità, per i duemila professori che verranno nelle scuole fiorentine, di trovare un alloggio. Ci rivolgiamo alla segretaria regionale del Sunia Laura Grandi per capire cosa ci aspetta alla ripresa.

Ritorno dalle vacanze, qual è il quadro che si prospetta a partire da settembre?

“A Firenze la situazione non è cambiata. Lo dicono i numeri: 20mla famiglie in disagio abitativo, i soliti 150 sfratti con forza pubblica al mese, 2.500 ricorsi per sfratto nei tribunali fiorentini, il bando Erp che non scorre, 2400 persone in graduatoria per le case popolari. Con in più il punto interrogativo sollevato dall’eliminazione del contributo affitto da parte del governo centrale. Infatti, anche se il comune di Firenze metterà risorse proprie, ovviamente non ci sarà una copertura adeguata per le tremila famiglie che erano beneficiarie. Per quanto riguarda la questione del caro affitti, all’inizio di settembre si può dire che la situazione è ulteriormente peggiorata. Non solo non si trovano affitti abbordabili per chi lavora, dai lavori meno pagati ai professionisti, ma non si trovano addirittura le case. Se a Firenze, per svariati e concomitanti motivi fra cui innanzitutto l sua natura di città d’arte, l’emergenza assume un profilo ancora più marcato, non dimentichiamo che il livello nazionale rispecchia sia pure con numeri maggiorati, ciò che succede nella nostra città. Del resto, è ormai chiaro a tutti che la presenza incontrollata degli affitti brevi, ancora non normati nonostante le varie promesse, ha un effetto distorsivo sul mercato immobiliare che è evidente da Venezia a Milano a Firenze a Roma a Napoli. Nella nostra regione assume un profilo ancora più evidente e pesante in quanto si può ben dire che tutta la Toscana sia “città d’arte” e dunque l’effetto dirompente del fenomeno assume un carattere diffuso ancora più grave”.

Quali effetti concreti ipotizza dall’applicazione dello stop voluto dal sindaco Nardella circa l’apertura di nuove accoglienze turistiche?

“Intanto la normativa non è stata ancora applicata, dal momento che è in attesa del passaggio dal consiglio comunale. La prima obiezione che mi sento di fare è che è applicato alla sola area Unesco, un’area in cui sinceramente ritengo che sia ormai quasi totalmente stata trasformata in una grande area dedicata, al turismo e all’accoglienza turistica ovviamente, con solo alcune zone in cui i residenti tentano di resistere. Si tratta di una posizione sostanzialmente politica, la necessità di prendere posizione su questo tema”.

Diritto allo studio e caro affitti. Si sta parlando ora dell’arrivo di 2mila professori e delle difficoltà per loro nel trovare casa. Che ne pensa? Secondo lei quali potrebbero essere i rimedi?

“Posso solo sottolineare che il sindacato si è visto giungere svariate richieste di aiuto nel cercare casa, quasi si trattasse dell’ultima chance cui ci si aggrappa quando la situazione è disperata. E molti di questi cittadini sono professionisti, persone che hanno trovato lavoro a Firenze. Ci sono casi che riguardano medici, operatori del diritto, impiegati anche apicali che hanno vinto bandi pubblici, oltre che, naturalmente, studenti o esponenti delle classi medie. Quanto alle soluzioni, trovo la situazione molto complicata. Da un lato, siamo tutti consapevoli che un‘amministrazione comunale non ha gli strumenti per dirimere un problema che attiene a una normativa di livello nazionale. Ci sarebbe da mettere mano alla legge 431 sulle locazioni, ormai superata dall’evoluzione della realtà, essendo una legge del 1998, incapace di leggere e disciplinare fenomeni nuovi e che inoltre ha dimostrato negli anni, di contenere buchi normativi e meccanismi che non funzionano bene. Se questo è il compito del governo centrale, l’amministrazione locale può senz’altro agire con gli strumenti urbanistici che le competono, facendo in modo che le trasformazioni che avvengono nelle nostre città non siano tutte in un’unica direzione, verso riqualificazioni di lusso, studentati per studenti abbienti o resort a 5 stelle”.

Un velato riferimento alla ex Manifattura Tabacchi?

“Un caso senz’altro eclatante. E’ volato l’entusiasmo del governo cittadino su una riqualificazione che è avvenuta in una zona popolare su terreno pubblico del demanio, su cui è stata fatta una joint venture tra il Gruppo Cassa depositi e prestiti, attraverso la sua controllata cdp immobiliare, e il Gruppo AERMONT, fondo indipendente di gestione degli investimenti, che per ora ha avuto l’unico risultato di costruire alloggi venduti a prezzi al metro quadro pari a quelli di Manhattan. Si parla anche di un piccolo nucleo di abitazioni in social housing, che stiamo aspettando di vedere, quali affitti applicheranno, quanti e quali saranno. Bisogna chiedersi anche chi va ad abitare in alloggi che partono, per un trilocale, da 430 milioni di euro prezzo di vendita. Il traino del turismo senza regole si è visto anche nelle compravendite. Ora è impossibile acquistare casa a Firenze, e, se si acquista, lo si fa per mettere l’alloggio a reddito, per rientrare nella spesa”.

Di fatto, si è costruito un superbo moltiplicatore per la rendita?

“Diciamo che senz’altro per la rendita si tratta di un grosso regalo”.

Che ne pensa dell’idea dell’assessore milanese Maran che, come da notizie odierne, sta prospettando il conferimento del patrimonio Erp a un fondo privato per la riqualificazione (si parla di 6mila case sfitte non ripristinate sui 28mila alloggi di edilizia popolare di Milano) la cui gestione uscirebbe dalla partecipata Mm?

Se si parte dal dato di fatto (come fa l’assessore Maran) che nel comune di Milano sul patrimonio di 28mila case ce ne sono 6mila sfitte, si sta parlando di una grande responsabilità dell’amministrazione. Responsabilità che è senz’altro dei governi cittadini che si sono succeduti, nessuno escluso. Ma da questa responsabilità evidente, non si può partorire un’idea che rappresenta la disfatta del pubblico. Pensare che per risolvere un problema pubblico e politico, si debba ricorrere a fondi cui si conferisce il patrimonio pubblico dell’Erp, motivando l’operazione con una presunta maggiore flessibilità, non si può non chiedersi: flessibilità a fare cosa? Forse nel senso di maggiore capacità dei Fondi? Ma questo significa puntare ancora più pesantemente il dito sugli errori compiuti, sugli enti gestori che non sono stati in grado di assolvere ai loro compiti di gestione del patrimonio pubblico. In sintesi, a mio parere si rischia di cedere parti importanti di patrimonio pubblico ai privati a causa dell’incapacità della politica di gestirli. Se mi devo fare un’opinione da ciò che viene riportato dai media, a me che credo nell’edilizia pubblica, che ritengo che la politica abbia un ruolo attivo e importante, devo dire che son lontanissima da ciò che appare essere la volontà della giunta milanese. Da ciò che emerge e quindi con tutta la buona volontà di capire meglio nelle prossime ore e giorni, spostare la gestione dalla società partecipata dal comune a un fondo societario privato, mi sembra una resa, o meglio una scelta politica che va in una direzione ben precisa. Che spero non vedremo nella nostra regione”.

Fra le voci che corrono fra gli esperti, si stanno intensificando quelle che direbbero il governo favorevole a una dismissione delle case popolari, con la vendita agli inquilini, ovviamente a prezzi particolarmente favorevoli, degli alloggi. Cosa ne pensa?

“In realtà, l’idea sembrerebbe già corrente all’interno del governo, tanto che ne ha parlato il ministro Tajani qualche giorno fa. L’idea che non essendo in grado di manutenere il patrimonio pubblico dell’edilizia popolare si vende tutto tagliando la testa al problema, mette nel nulla il fine principale dell’edilizia pubblica, ovvero quello di dare un aiuto alle classi lavoratrici, quelle famiglie a medio e basso reddito che hanno bisogno di un welfare legato all’abitare, per lasciare libere risorse che possono così spostarsi sui consumi famigliari strettamente o non di sussistenza, ma anche su necessità come fare studiare i figli, andare al cinema, fare azioni di socializzazione. Se si pensa che questo non sia più un bisogno e non rientri più nel welfare e nei diritti delle famiglie e delle persone, si continui nella direzione indicata. In controtendenza non solo all’aumento dei bisogni, ma anche a quello che stanno facendo gli altri Paesi europei, ad esempio il Regno Unito che ha varato un grande piano di edilizia pubblica. Eppure i governanti inglesi non mi sembrano certo rappresentativi della sinistra sul piano politico”.

In foto: la segretaria regionale del Sunia Laura Grandi

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