Alcuni anni fa sono stato invitato a parlare a un folto gruppo di giovani e qualificati economisti. L’argomento da me scelto fu l’energia e più in generale gli scenari energetici. Prima di entrare in argomento ho posto all’uditorio una domanda: “Chi fra di voi conosce la differenza fra il chilowatt e il chilowattora?” Silenzio e imbarazzo generale, solo una mano si alzò, quella di un anziano professore.
Per togliere d’imbarazzo chi ora mi legge, il chilowatt (kW) è una potenza, come il cavallo (Hp o Cv); il motore di una macchina può avere una potenza di 100 chilowatt, una stufetta elettrica di un chilowatt. Il chilowattora (kWh) è un’energia, come la caloria e il Joule; se teniamo accesa per un’ora una stufetta da un kW consumiamo (ossia convertiamo in calore) un kWh di energia elettrica. I kWh consumati sono quelli che paghiamo con la bolletta elettrica. Non è difficile da capire.
La differenza è dunque importante e dovrebbe conoscerla un economista che dovrà occuparsi di fonti di energia, di risparmio energetico, di problemi ambientali. Ma sarebbe utile che la conoscesse anche un normale cittadino. Ignorarla sarebbe come ignorare la differenza fra la velocità e l’accelerazione.
Molti anni fa il Professor Felice Ippolito, segretario dell’allora Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare, mi raccontava che nei suoi indispensabili rapporti con il Ministro dell’Industria in carica doveva spendere molti sforzi per fargli capire la differenza fra kW e kWh; quando ben ci era riuscito, il Governo cambiava e si riprendeva da capo con il nuovo Ministro. Un altro ricordo: negli anni Cinquanta, quando si dibatteva sul tipo di reattore nucleare più conveniente, al Ministro Medi un tecnico americano chiese quanto fosse l’arricchimento dell’uranio impiegato nei nostri impianti (l’arricchimento è un parametro essenziale caratteristico delle varie filiere di reattori); il Professor Medi, che oltretutto era un fisico – ma ignorante – rispose candidamente: “Just a bit”.
Probabilmente quei Ministri disponevano di uno staff di collaboratori competenti, quindi la loro ignoranza non ha causato decisioni errate sulla politica energetica del paese. Almeno lo speriamo.
Un altro ricordo. All’inizio degli anni Ottanta, nel pieno delle discussioni pro o contro l’energia nucleare e della corsa agli armamenti nucleari, ho preso la parola ad una riunione del Comitato centrale del Pci; ho esordito dicendo:
Scommetto che la maggior parte di voi conosce il suo segno zodiacale ma non conosce la differenza fra l’uranio 238 e l’uranio 235. Fui accolto da una sonora risata.
Eppure è una differenza importante quando si parla di uranio arricchito per le bombe, di uranio arricchito per i reattori, di uranio impoverito che forse può far danno alla salute.
Insomma, senza qualche nozione di base è difficile orientarsi in un mondo sempre più tecnologico, è difficile valutare in che direzione uno stato deve muoversi per le fonti di energia, quale è il peso delle varie scelte rispetto ai problemi ambientali, quali possono essere i rischi per la salute rispetto alle scelte possibili, se è sicuro mangiare alimenti OGM, e così via.
Non è difficile acquisire alcune nozioni di base per formarsi un’opinione equilibrata onde orientarsi meglio nella nostra società. Per esempio: l’uranio è un metallo pesante, chimicamente tossico, che si trova, come composto, nelle rocce, allo stato naturale, dove è costituito da una mescolanza di uranio 238, l’atomo più pesante, e di uranio 235, l’atomo più leggero (gli atomi di uno stesso elemento che differiscono per il peso si chiamano isotopi, ma questo non ha importanza). Il 238 è l’isotopo più abbondante, contenuto nell’uranio naturale in una concentrazione del 99,3%; è molto debolmente radioattivo (se fosse molto radioattivo, non se ne troverebbe più nella crosta terrestre). L’uranio 235 è un po’ più radioattivo, e infatti ce n’è meno: è presente in una concentrazione dello 0,7%, ossia ogni 993 atomi di uranio 238 ce n’è 7 di 235. Nell’uranio impoverito ce n’è di meno (0,25-0,40%); nell’uranio arricchito ce n’è di più: nell’uranio per la maggior parte dei reattori nucleari circa il 3,0% o più, nelle bombe la concentrazione dell’uranio 235 può essere superiore al 90%. Dunque fin qui proprio non è difficile. Un po’ più complicato sarebbe capire perché la concentrazione dell’isotopo leggero è così importante, perché Ahmadinejad ci tiene tanto ad arricchire il suo uranio naturale, e se davvero vuole arricchirlo fino a concentrazioni utili per costruire le bombe nucleari. Ma per ora non approfondiamo.
Una cautela: nella valutazione dei problemi complessi, come quelli qui accennati, per orientarsi nelle scelte non è sufficiente la conoscenza dei dati di base; infatti sappiamo bene che anche le valutazioni degli esperti spesso divergono. La situazione, rispetto ad alcune scelte pratiche, è ulteriormente complicata dal fatto che i problemi che si intersecano non sono direttamente confrontabili e la scelta dipende in parte da che peso si vuole dare all’uno o all’altro aspetto del problema.
Ad esempio, se si deve decidere se costruire o meno nuovi impianti elettronucleari, la decisione dipende dalla priorità che diamo alla convenienza economica, all’opportunità di diversificare le fonti anche in vista di possibili turbamenti internazionali, alla preoccupazione per i rischi di incidenti, per le scorie radioattive, e alle reazioni emotive della popolazione, alla necessità di ridurre le emissioni di gas serra, eccetera. Per questo in molte scelte pesano gli orientamenti personali e addirittura i preconcetti.
In ogni caso è opportuno avere una conoscenza di base dei parametri significativi, l’ignoranza non è una virtù.