La nuova par condicio: Rai “tele Meloni” e limiti severi per le tv private

Saltano i vincoli per i politici candidati che hanno responsabilità di governo

La campagna elettorale si infiamma sulla par condicio,  materia che si fa incandescente ad ogni appuntamento con le urne, in questo caso per le elezioni europee,  che già agitano su più fronti le forze politiche in campo. 

La  miccia è scoppiata in commissione di Vigilanza Rai, innescata da un emendamento di Fratelli d’Italia, Lega e Noi Moderati, che modifica  la delibera dell’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM).  Dice l’emendamento della discordia: i programmi di informazione “sono tenuti a garantire la più ampia possibilità di espressione, facendo in ogni caso salvo il principio della ‘notiziabilità’ giornalistica e la necessità di garantire ai cittadini una puntuale informazione sulle attività istituzionali”.  Sembra ineccepibile, in realtà l’emendamento è dirompente, in quattro righe si fanno saltare vincoli di tempo e contraddittorio per i politici candidati, purché abbiano responsabilità di governo e parlino di “attività istituzionali”. E politici candidati alle Europee nelle istituzioni ce n’è, a partire dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, che sembra sempre più probabile corrano come capilista in tutte le circoscrizioni e quindi potrebbero legittimamente dilagare in tv.

Ovviamente le opposizioni sono insorte come un sol uomo. I componenti del Pd in commissione di Vigilanza hanno immediatamente  diramato una nota in cui si parla di “volontà di fare esondare il governo durante la campagna elettorale eliminando il motivo stesso per cui esiste la par condicio”. C’è anche un comunicato congiunto dei capigruppo di tutte le opposizioni, che individua i mandanti a Palazzo Chigi e gli esecutori di Fdi in Vigilanza, tutti intenti a distorcere “il senso stesso della par condicio a uso e consumo di Giorgia Meloni e della sua maggioranza”. Risultato: “Generare una bolla nel sistema dell’informazione dove poter mascherare come istituzionali le posizioni  politiche degli esponenti del governo”.  E il leader del M5S Giuseppe Conte assicura: “Faremo di tutto , dentro e fuori la commissione di Vigilanza, per impedire al Governo e alla maggioranza di mettere in atto questo atto di insensibile arroganza”.

Ma si può fare ben poco. Le regole su come i media devono gestire la comunicazione politica vengono pubblicate in occasione di ogni nuova elezione nazionale, anche se fanno riferimento sempre alla legge del 2000 che istituì la par condicio. E alla fine le decidono l’Agcom per le emittenti private e la commissione parlamentare di Vigilanza per la Rai. Si prospetta quindi un’altra singolare stortura, per cui da un lato avremo un servizio pubblico già ribattezzato polemicamente ‘tele Meloni’, dall’altro, le emittenti private dovranno attenersi alle regole più restrittive dell’Agcom che, di certo, non accoglierà le modifiche apportate dalla maggioranza di governo.

Il centrodestra ovviamente non ci sta a questa rappresentazione e rilancia, per bocca dello stesso Maurizio Lupi, fra i firmatari dell’emendamento della discordia: “La sinistra sta creando un caso inesistente alzando una cortina fumogena di disinformazione e mistificazione: le norme che regolamentano la presenza del governo negli spazi di informazione sono le stesse, identiche, del 2019. A cambiare sono solo il presidente del Consiglio, che allora era Giuseppe Conte ed il partito di maggioranza relativa, che era il M5S”.

E’ stato poi  Lupi stesso a far passare, con l’ok anche delle opposizioni, una riformulazione più restrittiva per cui la presenza di esponenti del governo in televisione “deve essere limitata esclusivamente all’esigenza di assicurare la completezza e l’imparzialità dell’informazione”.

Non basta ad Antonio Nicita, vice presidente dei senatori PD e membro della Commissione Vigilanza Agcom: “Per la prima volta dal 2000- stigmatizza – la commissione di Vigilanza Rai approva una delibera fortemente disallineata da quella dell’Autorità indipendente Agcom, tutta piegata ad una visione di distorsione informativa a favore della voce di Governo. Se il diritto a informare e ad essere informati anche sulle attività del Governo è sempre stato garantito in Par Condicio  dalle leggi vigenti, modificare dopo oltre venti anni le delibere per far sì che si dia sempre la parola al governo dentro un dibattito politico-elettorale è una distorsione evidente, un segnale assai preoccupante. Siamo convinti che Agcom saprà resistere, con l’applicazione delle leggi esistenti, a questi tentativi”.

Resta, anche se riscritta, la parte sul peso delle presenze dei politici nei programmi televisivi, da misurare  non solo dal punto di vista “quantitativo”, ma anche “qualitativo”,  non contando quindi solo il tempo di presenza ma anche le  fasce orarie, sulla base degli ascolti.

Infine Rainews avrà  assicurate eventuali dirette di convegni o comizi elettorali , grazie a un emendamento che prevede la messa in onda solo se  questi appuntamenti extra par condicio “sono segnalati da idonea sigla e vanno considerati distinti dalle edizioni dei Tg della testata”.  

Bocciato senza appello, invece, l’ emendamento presentato dalla vicepresidente della Commissione di Vigilanza Maria Elena Boschi, che aveva avuto l’idea bislacca e contestatissima di estendere anche a giornalisti e opinionisti le regole della par condicio applicate ai politici.  

In tutto erano più di trenta le proposte di modifica del testo Agcom che stabilisce le regole per la campagna elettorale in tv, “su cui si è lavorato a lungo per accorciare le distanze tra le opposizioni e la maggioranza”, ha detto il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, ricordando come lo stesso suo partito non fosse allineato agli alleati della maggioranza che poi però si è ricompattata, come spesso accade.

La Commissione di Vigilanza ha chiuso i suoi lavori a notte fonda dopo i tentativi della presidente Barbara Floridia di mediare, per arrivare, come la prassi e la materia delicata richiederebbero,  a una posizione comune di tutte le forze politiche. Ma invano. Ci restano la scia di polemiche che non accennano a placarsi e che ci accompagneranno per tutta la campagna elettorale, fino a giugno.  

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