Siamo all’inizio del processo Aemilia nella fase in cui si svolge a Reggio Emilia. Il 21 marzo Libera ha organizzato proprio a Reggio Emilia la sua manifestazione regionale in memoria delle vittime di mafia.
Reggio Emilia è quindi al centro di eventi relativi alla lotta alle mafie e da tempo la questione criminalità organizzata tiene banco come una delle più importanti per la vita della nostra comunità provinciale, oltre che regionale.
La stessa Direzione Nazionale Antimafia ha parlato dell’Emilia Romagna come di una terra in cui le mafie sono molto presenti e non c’è stata la reattività necessaria della società e delle istituzioni.
L’accusa è che politica e istituzioni hanno dormito, non hanno visto o, peggio ancora, se hanno visto non hanno voluto denunciare.
Le cose stanno proprio così?
Non va certo sottaciuto che c’è stata una certa sottovalutazione del fenomeno, a volte quasi arrivando al negazionismo. Posizioni che sono state presenti tra le forze sociali ed economiche, nelle forze politiche e nelle istituzioni.
Ci poteva essere una reazione prima e più forte.
Nello stesso tempo non si può nemmeno non evidenziare che le istituzioni locali e la politica spesso hanno sottolineato la presenza delle mafie e l’esigenza di azioni di contrasto prima degli altri. Anche prima della stessa magistratura.
Il primo rapporto della Regione in materia è del 1998, quindi ben 18 anni fa.
Per venire a tempi più recenti, all’inizio della scorsa legislatura, nel 2010, la Regione Emilia Romagna fa tre atti molto significativi: una legge sull’edilizia, per contrastare la pratica del massimo ribasso, strumento che favorisce le infiltrazioni mafiose; una legge sulla legalità e di contrasto alla mafie; la richiesta di istituire a Bologna una sede della Direzione Investigativa Antimafia.
Mi pare del tutto evidente che non si fa una legge per sostenere azioni positive per la legalità se non si parte dal presupposto che occorre contrastare una presenza delle mafie sempre più evidente.
Non si chiede la presenza della DIA a Bologna, richiesta approvata all’unanimità del Consiglio Regionale, con tutta la documentazione del caso, se non si riconosce che esiste un problema mafie e l’esigenza di contrastarlo con più efficacia.
Sottolineo: questa richiesta è stata fatta dalla Regione, cioè dalla politica, e sostenuta dai deputati PD emiliano romagnoli e della Commissione Antimafia, con una interpellanza a mia prima firma. Non è stata una richiesta della magistratura o di altri organi statali.
Successivamente, nel 2012, dopo il sisma di maggio, sempre la Regione ha chiesto normative antimafia innovative, come la white list, per gestire la ricostruzione. Normative che non hanno del tutto impedito le infiltrazioni, ma aiutato le indagini, come lo stesso processo Aemilia evidenzia.
In quegli anni inizia la stagione delle interdittive da parte del Prefetto De Miro, che utilizza coraggiosamente e con competenza nuove norme antimafia. Questa azione è sostenuta dalle istituzioni locali, Provincia e Comuni.
Non sono mancate le iniziative del PD. A partire da quegli anni, come membro della Commissione Antimafia ho partecipato a tante. Il messaggio è sempre stato: le mafie, in particolare la ‘ndrangheta, sono anche qui, bisogna combatterle con forza.
Inoltre gli Enti locali si sono attivati con iniziative sia cultuali, come il festival della legalità organizzato dalla Provincia, che con azioni amministrative, per dotarsi di strumenti più efficaci di contrasto.
Lo sviluppo edilizio è spesso visto come l’elemento che ha favorito le mafie. Fosse così non sarebbe comprensibile come la questione della criminalità organizzata sia “esplosa” proprio negli anni del blocco dell’edilizia e non dell’espansione edilizia. Mi pare più verosimile che i mafiosi abbiano fatto e facciano tuttora i soldi con il traffico degli stupefacenti, delle droghe. Dopo di che riciclano e puliscono questi soldi nei settori economici dove è più possibile. L’edilizia è uno di questi settori, ma non l’unico. Non va poi sottovalutato l’effetto crisi: aziende con problemi di liquidità sono state più facili prede di chi aveva il problema contrario, come riciclare una liquidità sconfinata.
Le azioni amministrative, i protocolli degli Enti Locali con la Prefettura entrano comunque anche nel terreno dell’urbanistica e dell’edilizia. Addirittura con modalità che hanno portato il Ministero dell’Interno a pensarci un anno prima di dare l’assenso.
Anche questo dimostra che, al di là di episodi certo non condivisibili, come le dichiarazioni dell’ex sindaco di Brescello, gli Enti Locali sono in prima linea nel contrasto delle mafie. Al punto che Regione e Comune di Reggio Emilia stanno sostenendo costi assolutamente non di loro competenza per garantire che il processo Aemilia si svolga qui.
Speriamo che Aemilia segni anche la fine di una fase in cui tutti denunciavano la presenza delle mafie, ma, per carenza di indagini, non emergevano mai nomi e cognomi.
E’ inoltre indispensabile che a tutti i livelli si aiutino gli amministratori locali ad avere gli strumenti per un’efficace azione di prevenzione, cosa che in passato non vi è stata.
In conclusione, credo che le istituzioni e la politica, in Emilia Romagna e nella nostra provincia, possano ancora essere un baluardo di legalità e di giustizia sociale.