Impossibile o quasi trovare da parcheggiare se non sei arrivato all’alba. Anche perché i posti auto disponibili, quelli tradizionali davanti e dietro palazzo di giustizia sono off-limit. Camionette della polizia, macchine dei carabinieri, furgoni per la diretta tv e quant’altro, occupano tutti i parcheggi più vicini. L’imponente mole di imputati, quasi 150, con relativi avvocati, decine di parti civili, un numero incalcolabile di rappresentanti di testate giornalistiche danno la sensazione di una vicenda giudiziaria che rimbalza soprattutto dai media ai professionisti del foro, dagli inquirenti ai protagonisti della politica e dell’associazionismo civile e sindacale ma che interessa poco o punto l’opinione pubblica. Come ha dimostrato, almeno nella prima udienza, la quasi totale assenza di pubblico, diciamo così “esterno” al procedimento.
Sono 147 gli imputati (77 sono reggiani) che hanno scelto di essere processati con rito ordinario, di cui 34 accusati di associazione mafiosa. L’allerta sulla sicurezza è dunque massima: il tribunale è stato dichiarato dal ministero sito sensibile e sarà sorvegliato 24 ore su 24 dall’Esercito. E la tensione, da parte delle forze dell’ordine, è aumentata dopo i fatti di Bruxelles. Ma la prima udienza è scivolata via noiosamente con l’appello dei presenti e dei relativi ruoli, una litania interminabile servita a sfoltire un po’ il drappello ed a calendarizzare le tappe di un processo che si annuncia molto lungo.
Per quanto riguarda la disposizione delle parti: in fondo all’aula si trova la corte; a presiedere lo stesso presidente del tribunale Francesco Maria Caruso, affiancato da Andrea Rat e Cristina Beretti. Gli imputati a destra: una ventina di loro, i detenuti già tradotti nel carcere di Reggio nelle celle arrivate da Bologna.
A sinistra i pm Marco Mescolini e Beatrice Ronchi, le parti civili (una quarantina in tutto) e i loro difensori. In fondo, vicino alla porta, l’area stampa.
Ai testimoni (un migliaio circa le richieste di audizioni avanzate da Dda, parti civili e difese) è stata dedicata una saletta apposita.
Dei 147 imputati erano presenti quasi tutti i detenuti, in aula dentro le “gabbie” a sinistra della Corte o in video conferenza da diverse carceri, e buona parte di quelli agli arresti domiciliari: fra gli altri Michele Bolognino, Gianni e Antonio Floro Vito, Alfredo Amato, Gaetano Blasco, Pasquale Brescia (l’autore della lettera dal carcere al sindaco Vecchi), Francesco Amato, Antonio Muto del 1978, Antonio Muto del 1955, Salvatore Muto, Alfonso Paolini, Antonio Rocca, Mario Ursino in videoconferenza da Ascoli Piceno, Palmo e Giuseppe Vertinelli.
Assenti in grande maggioranza gli imputati in stato di libertà, e fra questi il calciatore Vincenzo Iaquinta e suo padre Giuseppe. E Francesco Macrì, il costruttore che nel 2012 vendette la casa di Masone a Maria Sergio, moglie del sindaco Luca Vecchi.
Oltre un centinaio gli avvocati presenti. Fra questi, il presidente dei penalisti Domenico Noris Bucchi ha ostentato un fiocco bianco fissato ai cordoli della toga, per protesta contro le severe considerazioni che la Dna ha riservato ai professionisti del settore legale.
Le uniche “emozioni” dell’udienza le ha offerte Francesco Amato, imputato ai domiciliari, che ha chiesto ripetutamente di parlare e alla fine si è fatto buttare fuori dal presidente Caruso. Mentre gli agenti lo portavano via, ha fatto in tempo a urlare farneticazioni del tipo “Delrio è implicato, con la Masini e il prefetto”, pronunciando parole come “Isis”, “terrorismo internazionale” e un sarcastico “bravi comunisti”. L’impressione è che la protesta di Francesco Amato possa non restare isolata: altri imputati potrebbero riservare dichiarazioni a sorpresa.
Nell’udienza di oggi si sono costituite nuove parti civili: il comune di Parma, il consorzio Ricominciamo di San Felice sul Panaro, la fondazione Caponnetto, il comune di Mirandola, la fondazione anti Usura Interesse Uomo, il comune di Viadana e altri ancora. La loro posizione sarà valutata il 20 aprile. Si aggiungono comunque a una lista già molto lunga, più istituzioni che persone: Francesco Salvo, Giuseppina Mazzei, Francesco Pellegri, la giornalista Sabrina Pignedoli, la Regione Emilia Romagna, il comune di Finale Emilia, Confindustria nazionale, la Provincia di Reggio Emilia, i comuni di Reggio Emilia, Sala Baganza, Gualtieri, Bagnolo, Reggiolo, Montecchio (presente in aula con il sindaco Paolo Colli) e Brescello attualmente commissariato. Inoltre la Cna, il sindacato autotrasportatori Fita Cna guidato da Cinzia Franchini, Associazione Stampa Emilia-Romagna, l’Ordine dei Giornalisti, Cgil, Cisl e Uil regionali, le Camere del Lavoro di Reggio Emilia e Modena, Legambiente, l’associazione Paolo Borsellino onlus, i ministri dell’Interno e dell’Ambiente, l’Agenzia delle Entrate.
Il processo, secondo quanto indicato dal presidente Caruso, riprenderà il 20 aprile per andare avanti al ritmo di otto udienze al mese.