Incendio alle Cascine, le domande che ancora non hanno risposta

Firenze – Il grande incendio che ha mandato in fumo tonnellate di alberi abbattuti e di potature stoccate in un’area privata posta in riva destra del Mugnone a due passi dall’Indiano cioè dalla parte terminale del parco delle Cascine, mi ha fatto pensare che il desiderio evocato nella bella canzone di Irene Grandi e dei Baustelle “Bruci la città” dopo 14 anni dal successo di quel testo fosse stato esaudito. Il dramma è che quello evocato nella canzone era solo una metafora per esprimere il desiderio che nulla avrebbe potuto disturbare o interrompere l’intensità della passione di due ore di amore. L’incendio invece che si è verificato nella notte di venerdì 3 settembre scorso è un incendio vero che ha lasciato sulla città conseguenze gravi che potevano anche essere ancor più disastrose.

Riassumiamo qui sinteticamente quello che è successo:

– In un’area posta fa la ferrovia e l’argine del Mugnone confinante con la parte ovest del Parco delle Cascine, adiacente su tre lati ad un locale di ristoro e discoteca, prossima ai tessuti edificati delle Piagge, di via Baracca, di Piazza Puccini e dell’Isolotto, da tempo è stato realizzato un deposito di stoccaggio di tronchi e residui di alberature abbattute o potate per essere trasformate in cippato e altro.
– All’inizio del corrente anno il volume di materiale stoccato ha raggiunto quantità enormi di molte tonnellate: un cimitero di alberature che ha assunto la forma di una vera e propria montagna e visibile a chiunque passasse lungo il percorso ciclo pedonale in argine destro del Mugnone nel tratto Barco-Indiano.
– Nella notte di venerdì 3 settembre questo cimitero-montagna di alberature a causa di un incendio è andato letteralmente in fumo con conseguenze gravi, ma che potevano essere catastrofiche (lasciamo solo immaginare cosa sarebbe potuto succedere al contiguo parco delle Cascine in questo periodo di siccità e di seccume se quella notte fosse spirato vento da nord).

– Anche se l’incendio non si è trasformato in catastrofe sono stati necessari molti giorni per spengerlo:
ancora mercoledì 7 settembre (cioè nella giornata che oltre alla tradizionale festa della Rificolona, celebra ora anche la “Giornata internazionale dell’aria pulita per i cieli blu”) chi è andato a passeggiare o a fare jogging nel parco delle Cascine ha trovato un’aria piena di fumo e irrespirabile; stessa sorte per chi con gesto di vero eroismo ha pensato di prendere un caffè all’aperto davanti al punto di ristoro della Palazzina dell’Indiano. Giovedì 8 (a una settimana dall’incendio) a chi si fosse avventurato lungo il percorso ciclo pedonale del Mugnone si presentava ancora una visione degna dell’Inferno dantesco con fumo che continuava a levarsi e a impregnare l’aria mentre le ruspe continuavano il lavoro di rimozione e ricoprimento di questo lago di ceneri e di tizzoni. (fig. 3)

Al di là delle possibili cause di questo incendio, sulle quali speriamo che stiano indagando non solo i Vigili del Fuoco, ma anche la Procura della Repubblica, poiché a distanza di oltre una settimana da questo incendio sul sito ufficiale del Comune di Firenze non ho trovato nessun comunicato ufficiale del Sindaco e dell’Assessore all’Ambiente e all’Edilizia e all’Urbanistica, vorrei limitarmi a porre solo alcune domande a cui trovo grave non si sia risposto tempestivamente:

1. Chi ha concesso a privati di trasformare un’area originariamente destinata a vivai, posizionata in un contesto territoriale così fragile, in un centro di stoccaggio e trattamento del materiale legnoso derivante da abbattimenti e potature di alberi?
2. Chi ha autorizzato questa destinazione quali prescrizioni ha imposto (quantitativo massimo di materiale stoccabile, opere di messa in sicurezza dell’impianto, ecc.) e a chi e come è stato affidato il compito di verifica del rispetto delle prescrizioni?
3. Poiché secondo un principio elementare di fisica la “massa” della materia non scompare ma cambia di stato, molte delle tonnellate di legno bruciate sono finite come particolato di polveri sottili nell’aria che almeno i cittadini di una vasta area di questo quadrante della città hanno respirato e continuano a respirare, quali misurazioni della condizione del particolato atmosferico creatosi a seguito di questo episodio sono state attivate dalle autorità competenti in materia?

In attesa di una risposta a queste domande, vorrei concludere osservando che da una politica cittadina che si vuole ammantare di eco-sostenibilità, certi eventi non possono essere derubricati a soli fatti accidentali, poiché le loro implicazioni per l’ambiente (alterazione del ciclo del carbonio ed inquinamento) e per la sicurezza dei cittadini (incendi improvvisi e parossistici) sono gravemente rilevanti. La quantità di materiale organico accumulato in un sito, troppo simile ad una discarica a cielo aperto, dà una misura del danno che si sta portando avanti a carico della copertura a verde in questa città con abbattimenti e tagli, fosse anche verde privato. In questo senso, ogni autorevole appello a mettere a dimora migliaia di alberi suona come contraddittorio, come è contraddittoria e schizofrenica la politica ambientale portata avanti da anni nella nostra città di Firenze. Infine, corollario negativo a tutto questo il silenzio assordante della quasi totalità dei media a riguardo.

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