Le città dell’Emilia-Romagna sono di gran lunga quelle con la più alta percentuale di stranieri residenti. In altri termini, presi nell’insieme i capoluoghi emiliani registrano sul proprio territorio il più alto numero di immigrati regolari in rapporto agli abitanti totali.
Lo affermano i risultati di un’indagine del centro studi “Volta”, think tank con basi a Milano e Bruxelles. L’ultimo dossier, pubblicato dal quotidiano La Stampa, evidenzia che nell’elenco delle prime 20 città italiane per numero di stranieri residenti in rapporto al numero di abitanti figurano ben sei dei nove capoluoghi di provincia dell’Emilia-Romagna. Dietro alle inarrivabili Brescia (36.472 stranieri su 196.058 abitanti) e Milano (248.304 abitanti su un milione e 337.155 abitanti), dove la percentuale di immigrati sul totale dei residenti si attesta al 18,6%, a pari merito con la terza Prato troviamo Piacenza (17,9% di stranieri, cioè 18.634 su 104.269 abitanti) seguita a ruota da Reggio Emilia (al 17,5%, con 30.050 stranieri su 171.665 abitanti).
Altri due capoluoghi emiliani piazzati nelle prime dieci posizioni di questa classifica portano il totale della nostra regione a quattro città in top ten. Si tratta di Parma (15,6%, con 29.590 stranieri su 190.284 abitanti è nona) e Modena (decima al 15,5% con 28.640 stranieri su 185.148 residenti).
Più in basso, ma sempre nelle prime 20 posizioni, troviamo Bologna, 13esima, al 15% con 57.979 stranieri su 386.181 abitanti. Chiude al 20esimo posto Rimini, al 12,5% con 18.394 stranieri residenti su 147.578 abitanti.
Secondo gli autori della ricerca, questi numeri si inseriscono in un fenomeno tutto italiano che ha impedito, finora, la nascita in Italia di ghetti paragonabili alle banlieue francesi o ai quartieri con percentuali esagerate di stranieri omogenei per provenienza e fede religiosa, come i quartieri di Bruxelles colpiti dagli ultimi attentati di affiliati all’Isis. Si tratta della cosiddetta “immigrazione diffusa”, che con ogni probabilità dipende dalla notevole diffusione sul territorio nazionale di distretti industriali e artigianali piccoli ma produttivi, colonna vertebrale dell’economia italiana. “Tutto merito – si legge nel rapporto – della irriducibile varietà italiana, la quale ha fatto sì che gli stranieri approdati in Italia non si addensassero pesantemente attorno a tappe e mete definite, prefissate e limitate, ma si disperdessero piuttosto tra le mille mete possibili”.
Una soluzione che sembra confermata anche dai dati sulla distribuzione di stranieri residenti nelle macro aree nazionali di Nord Ovest, Nord Est, Centro, Sud e Isole. La gran parte degli immigrati si concentrano nelle zone a più intensa concentrazione di aziende piccole, piccolissime e medie. Prevale infatti il Nord Est, con un 10,74% di stranieri in rapporto al numero di abitanti, contro il 10,69% del Nord Ovest, il 10,55% del Centro, il 3,83% del Sud e il 3,24% delle Isole.
Del resto Roma, capitale di burocrazie ed enti pubblici con pochissime realtà industriali (pur tenendo conto della presenza della sede legale di grandi aziende come Eni, Enel e Telecom) in classifica generale è appena 18esima (12,7% di stranieri residenti, pari a 363.563 su ben due milioni e 872.021 abitanti) e Napoli 33esima con appena un 5% di stranieri.