Gnocco fritto a go go, maldipancia cattodem e nostalgie berlingueriane. Ecco a voi la Festa del Campo Larghissimo

E’ qui la Festa Pd? Certo: due anime a confronto, sorrisi a denti stretti, laboratori

Puntuale, come ogni fine estate, insieme al calcio-mercato arriva inesorabile a ricordarci che le vacanze sono finite anche la Festa de l’Unità al Campovolo. Quest’anno però è nazionale, tutti i big del centro-sinistra più i grillini passeranno da Reggio, che per due settimane sarà dunque la capitale italiana del chiacchiericcio politico. Sarà anche la Festa del cosiddetto Campo Largo, anzi larghissimo, ovvero della gioiosa macchina da guerra elettorale che dovrebbe strappare il governo del Paese, alle prossime elezioni politiche, al centrodestra di Giorgia Meloni and friends.

Al taglio del nastro niente Marco Massari (non iscritto al Pd) ma via libera all’assessora Stefy Bondavalli

Se però Atene, cioè il governo meloniano attraversato dalle polemiche sullo ius-soli, dalle intemperanze leghiste e vannacciane e da una sostanziale incapacità di incidere in profondità, e in meglio, sulle vite e sui salari degli Italiani, piange, neanche Sparta, cioè Elly Schlein e alleati, ride. A Bari la giunta del Campo Largo ha visto la luce dopo due mesi di litigi e ha già ben 2 assessori dimissionari (!), e nella vicina Modena i posizionamenti in vista delle imminenti regionali già vedono le correnti del PD lanciarsi strali sui giornali sui presunti favoritismi che la Festa del PD modenese riserverebbe ad alcuni candidati a danno di altri, ad esempio a danno dell’ex sindaco Muzzarelli. La stessa Gazzetta di Reggio ha scritto che a Reggio le elezioni regionali saranno sostanzialmente una sfida a due, per decidere chi si aggiudicherà  un posto nella giunta di De Pascale (i bookmakers non accettano scommesse sulla vittoria del sindaco di Ravenna), tra Luca Vecchi e Alessio Mammi. Dunque sarà battaglia all’ultima preferenza tra i due big del PD reggiano, e se lo dice la Gazzetta noi ci fidiamo.

Marco Massari ha preferito il Teatro di Figura alla pantomima dell’inaugurazione della Festa Pd, partito cui non si è iscritto: pura satira

Ma il programma della Festa del PD è anche sempre un’efficace cartina di tornasole dei rapporti di potere in città e all’interno del PD. E’una sorta di who’s who: chi c’è sul programma è importante, chi non c’è di solito lo è un po’ meno.

L’affiatata coppia Bertoldi-Collini pronta ad animare da par suo una Festa Pd all’apparenza un po’ moscia almeno sul fronte culturale

Alla inaugurazione, ad esempio, spiccava l’assenza del neosindaco di Reggio Marco Massari, forse perché è in vacanza, o forse perché Massari non è iscritto al PD. Curioso però che a tagliare il nastro, in rappresentanza della giunta di Reggio Emilia, non sia andato il vicesindaco Lanfranco De Franco, ma l’assessora Stefania Bondavalli. Sfogliando il programma, si nota che impazza l’altra neoassessora Marwa Mahmoud, la quale, forte anche della sua amicizia personale con Elly Schlein, che l’ha voluta nella Segreteria nazionale del PD, è presente in almeno tre dibattiti.  Molti i leader nazionali in cartellone al Campo Volo, da Giuseppe Conte, alle prese con la ventilata scissione interna capitanata da Dibba e Beppe Grillo, a Calenda, uscito con le ossa rotte dalle Europee (non pervenuto Claudio Guidetti, dopo la debacle delle amministrative). Nel primo weekend la folla piddina ha acclamato Bersani, quello che voleva smacchiare il giaguaro Berlusconi e invece fu smacchiato dagli M5S. Renzi preferisce per ora salvare le apparenze e tenersi un po’ a distanza dal Campo Largo, come un separato in casa, anche se ha ricucito alla grande i rapporti con Elly Schlein, e si limita a mandare a Reggio Maria Elena Boschi in sua vece. Non ci sono neanche Delrio e Castagnetti, spediti in tribuna da coach Elly proprio nel match casalingo più importante: nemo propheta in patria, recita l’antico proverbio.

Prove di Campo extralarge: a che gioco giochiamo?

Nel programma della Festa, spiccano però anche altre dimenticanze. Ad esempio, non si leggono mai né la parola “Gaza”, né la parola “Ucraina“. Ci sono un paio di dibattiti sull’Europa, ma guarda caso i temi internazionali più scottanti, sui quali per altro, se li affrontasse, il Campo Largo deflagrerebbe clamorosamente come fuochi d’artificio a ferragosto, sono desaparecidos. C’è solo un dibattito sui “diritti umani” riservato a Boldrini e Fratoianni, cioè alla sinistra radicale. Non c’è mai nemmeno la parola “Pace”, come ha fatto notare con un post stizzito e decisamente molto, molto malpancista, indirizzato curiosamente solo ad Elly Schlein e non a Massimo Gazza, l’ex assessore Daniele Marchi, che ha incassato subito l’approvazione dei big cattodem Castagnetti e Delrio. Nel frattempo quelli della sinistra del partito, da Speranza a Provenzano, fanno a gara a farsi ritrarre alla convention democratica di Chicago che ha incoronato Kamala Harris.

De Pascale su “Repubblica” silura la riforma Renzi-Delrio

Ma qualcuno dovrebbe ricordare ai maggiorenti PD di ogni area, corrente e colore che, senza il sostegno dei Democratici USA, per altro fortemente ribadito dalla Harris, Putin si sarebbe annesso l’Ucraina da un pezzo e al posto di Israele oggi ci sarebbe un bel Califfato islamico dove le donne porterebbero il burkha “dal fiume al mare”. Per la cronaca, ricordiamo che Trump invece è anti-ucraiano e Netanyau preferisce il tycoon americano a Kamala Harris. E, mentre il PD fa un tifo da stadio per Kamala Harris, al contrario per ‘Giuseppi’ Conte “Trump non rappresenta un pericolo per la democrazia”. 

Una sana autopromozione a casa propria non guasta mai

Anche il programma culturale della Festa, non possiamo esimerci dal rilevarlo, è abbastanza loffio. C’è il neo superassessore (o quasi assessore) alla cultura Piergiorgio Paterlini che presenta il suo nuovo libro. C’è il pianista di piano-bar Vittorio Bonetti, che delle ultime 40 edizioni della Festa ne avrà saltate forse 2 o 3. C’è l’inossidabile coppia degli ottimi e abbondanti Arturo Bertoldi e Max Collini, già vista e rivista a Reggio, a parlare di antifascismo, o ‘antifassismo’ per dirlo alla Reggiana. E non c’è neppure un concerto dei CCCP. Magari l’anno prossimo il PD potrebbe fare uno sforzo di fantasia e chiamare a parlare di antifascismo un altro compagno doc, Massimo Zamboni, autore del notevole romanzo ‘L’Eco di uno sparo’, dedicato al nonno fascista ucciso dai GAP partigiani a Rivalta nel 1944, e Collini e Bertoldi a cantare i brani dei CCCP. Chissà… Alla Festa ci sarà anche il filosofo Umberto Galimberti, ma per assistere alla sua lectio bisognerà pagare un biglietto e sganciare 35 euro, come se si andasse a un concerto rock. E’ interessante anche sbirciare tra i conduttori locali chiamati a dirigere sul palco le varie serate, anche questo è un termometro indicativo del chi sale e chi scende nel mondo della comunicazione e della politica reggiana. Ed ecco dunque i nomi dei vari Adriano Arati, Giovanni Vignali, Nick Giacchè e Tommaso Dotti, esimi colleghi dello scrivente assai apprezzati dal potere politico locale (un tempo li avremmo definiti “di area”), a differenza del vostro gianpar che invece non viene neanche invitato alle conferenze stampa da Gazza e soci.

35 eurini per la solita solfa sulla crisi dei valori occidentali (ma se ogni tanto parlassimo delle ad oggi terrificanti alternative alla democrazia?) non sono pochi. Comunque Galimberti è bravo e la sua lectio magistralis dovrebbe essere gratuita almeno per i volontari della Festa

La cosa più interessante della Festa, a parere di chi scrive, è il derby tra Berlinguer e Matteotti, del quale ricorre nel 2024 il centenario della morte. Il punteggio era fermo sul 2 a 2, cioè  2 dibattiti su Berlinguer e 2 su Matteotti, ma l’ex segretario del PCI ha vinto la partita perché allo score ha aggiunto la mostra a lui dedicata, quella già vista a Roma. Sotto traccia il confronto cela in realtà lo scontro tra le due anime che attraversa la sinistra fin dalla notte dei tempi, cioè quella massimalista ed ex comunista, sempre vincente a Reggio dall’avvento del fascismo in poi, da un lato e quella socialista, liberaldemocratica e riformista dall’altro. Le serate su Matteotti hanno per protagonisti Albertina Soliani e lo storico Mirco Carrattieri, due delle teste pensanti più lucide e colte del centrosinistra locale.

L’ex assessore Marchi ha dato segnali di malpancismo “festaiolo” indirizzando i suoi Cahiers de doleances solo ad Elly (Schlein) e non a Massimo (Gazza)

La senatrice, vicepresidente ANPI e presidente del Museo Cervi, dialogherà col presidente ANPI Gianfranco Pagliarulo: chissà se Pagliarulo rispetto al febbraio ’22 (invasione russa dell’Ucraina) ha “corretto la rotta” e ora anche lui, come la Soliani, considera gli Ucraini “resistenti” e non  servi della NATO. A dirigere uno degli incontri sul leader socialista, assassinato brutalmente dai fascisti il 10 giugno 2024, ci sarà il vicesindaco Lanfranco de Franco. E’ auspicabile che alla Festa ricordino che Matteotti, oltre a essere stato il primo antifascista italiano, e ad avere pagato con la vita la fedeltà agli ideali democratici e socialisti, era anche anticomunista.

Il segretario dem reggiano Massimo Gazza lo trovi (giustamente) ovunque alla Festa Pd, mai però la parola Gaza

Per finire, è doveroso sottolineare che ogni sera la Festa del PD sarà animata da centinaia di volontari, impegnati a sgobbare al caldo nei ristoranti, nei parcheggi e in altre attività in cambio di una pacca sulle spalle e di un piatto di pastasciutta a fine turno. Questo esercito di volontari, che molto spesso coinvolgono anche parenti, figli e nipoti nei servizi che svolgono per la Festa, è una formidabile ed invidiabile macchina di consenso e partecipazione, chapeau al PD. Ma andare a dire a queste stesse persone che, se vorranno assistere alla concione di Umberto Galimberti su “Uomo e tecnologia”, prima dovranno passare alla cassa e lasciare giù 35 euro, non sarà un gioco da ragazzi.

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