Dopo Hiroshima e Nagasaki torna l’incubo della bomba nucleare

I fisici avvertono: mai così a rischio atomica dal dopoguerra in poi

Oggi sono necessari nuovi sforzi da parte della comunità internazionale contro le minacce rappresentate dalle armi nucleari. Nove nazioni possiedono attualmente armi nucleari e molte di esse stanno sviluppando nuovi programmi o aumentando le dimensioni dei loro arsenali, o entrambe le cose. Anche molti scienziati sono coinvolti nell’impresa. Negli Stati Uniti, ad esempio, la National Nuclear Security Administration impiega circa 7.500 scienziati.

La storia.

Le due bombe sganciate sulle due città giapponesi (6 e 9 agosto 1945) causarono distruzioni enormi e più di 210.000 morti e 150.000 feriti, quasi esclusivamente civili

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La bomba all’uranio “Little Boy” sganciata su Hiroshima

Il 9 agosto 1945, il giorno in cui la seconda bomba atomica fu lanciata su Nagasaki, il Presidente Truman, in un discorso alla radio rivolto al popolo americano, concluse dicendo: “Ringraziamo Dio che è venuto presso di noi, invece che dai nostri nemici; e preghiamo che ci guidi per usarla nei suoi modi e nei suoi fini”. Affermazione che ricorda il “Gott mit uns” dei tedeschi. Ma probabilmente Dio non si occupa di bombe.

La nuvola a fungo dopo l’esplosione della bomba su Nagasaki

Dopo di allora nessuna bomba atomica (o, più propriamente “nucleare”, perché è dalla fissione dei nuclei dell’uranio e del plutonio che si sprigiona l’energia delle esplosioni) è mai stata impiegata in guerra. In quasi ottant’anni solo in due o forse tre occasioni si è andati vicini al dramma.

Dal 1945 le grandi potenze hanno effettuato migliaia di esplosioni sperimentali e hanno costruito arsenali immensi. Sono state realizzate bombe mille volte più potenti di quelle lanciate sul Giappone, le bombe all’idrogeno, o termonucleari.

Altri Stati, dopo USA e URSS, hanno realizzato le proprie bombe: Regno Unito, Francia, Cina, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord. L’Italia ospita almeno 70 bombe nucleari americane nelle basi militari di Aviano e Ghedi.

Ma sono anche stati realizzati accordi internazionali per contrastare la proliferazione e per ridurre il rischio di guerra nucleare. E, negli ultimi decenni, è stata realizzata una consistente riduzione degli arsenali nucleari.

E’ interessante conoscere il ruolo giocato dagli scienziati, prima di Hiroshima, e in seguito, fino a oggi.

Nel 1933, tre anni dopo la scoperta della fissione dell’uranio (Germania, dicembre 1938) il fisico ungherese Leo Szilard, ebbe l’idea di una possibile reazione nucleare a catena. In vari laboratori del mondo i fisici lavorarono per valutarne la possibilità e ne ebbero conferma. Otto Frisch e Rudolf Peierls (fuggiti dalla Germania nazista) per primi dimostrarono la possibilità della “super-bomba”.

Intato la Germania aveva aggredito la Polonia e la Francia: era iniziata la seconda Guerra mondiale.

Preoccupati per la possibilità che la Germania realizzasse la bomba atomica, alcuni fisici convinsero Albert Einstein, lo scienziato più famoso del suo tempo, a rivolgersi al Presidente americano, Franklin Delano Roosevelt, mettendolo in allarme rispetto a questo rischio (luglio 1939).

Il progetto Manhattan per realizzare la bomba (1942-1945) attrasse i migliori cervelli, non solo americani. Coinvolse fino a 130.000 persone, in buona parte preoccupati per il rischio che la Germania nazista realizzasse per prima l’ordigno.

Robert Oppenheimer fu il fisico che guidò scientificamente il progetto (dopo la guerra, fu per cinque anni il principale consulente tecnico del governo degli Stati Uniti sulla politica delle armi nucleari; la sua carriera come consigliere terminò nel 1954 dopo aver sconsigliato lo sviluppo di bombe termonucleari). Il colonnello Leslie Groves fu il responsabile militare; nel marzo 1944 disse: “Ovviamente ti rendi conto che lo scopo principale di questo progetto è sottomettere i russi”; in un’altra occasione ha dichiarato: “Da circa due settimane da quando ho preso in carico il Progetto non c’è mai stata alcuna illusione da parte mia che la Russia fosse il nostro nemico, e il Progetto è stato condotto su quella base”.

Niels Bohr, uno dei più stimat scienziati del suo tempo, si rese conto che avrebbe potuto scatenarsi una pericolosa corsa agli armamenti nucleari. In un memoriale per Roosevelt, Bohr riassunse la sua proposta:

“La terrificante prospettiva di una futura competizione tra nazioni per un’arma così formidabile può essere evitata solo attraverso un accordo universale basato sulla vera fiducia; … Collegamenti personali tra scienziati di diverse nazioni potrebbero… offrire mezzi per stabilire contatti preliminari..”

Roosevelt espresse interesse per l’idea di Bohr di parlare con Stalin della bomba, ma Churchill pose il veto. Temendo che Bohr potesse rivelare segreti nucleari all’Unione Sovietica, Churchill disse: “Bohr dovrebbe essere confinato o almeno gli si dovrebbe far capire che è molto vicino al limite di un crimine mortale”.

L’anno successivo, gli sforzi di Bohr furono ripresi da un gruppo di scienziati del Laboratorio del Progetto Manhattan presso l’Università di Chicago Tra i coautori del risultante “Rapporto Franck” [4] figurano Leo Szilard, co-progettista con Enrico Fermi del primo reattore nucleare, Eugene Rabinowitch, in seguito fondatore del Bulletin of the Atomic Scientists ; e Glenn Seaborg, scopritore del plutonio e di altri elementi “transuranici” (elementi artificiali più pesanti dell’uranio).

Il Rapporto Franck (scritto principalmente da Eugene Rabinowitch, redattore fondatore dl Bulletin of the atomic scientists ) proponeva di non bombardare le città giapponesi, valutando che una corsa agli armamenti nucleari del dopoguerra con l’Unione Sovietica sarebbe stata inevitabile se gli Stati Uniti avessero utilizzato le bombe nucleari in un attacco a sorpresa contro il Giappone. Proponeva invece che la potenza della bomba atomica fosse dimostrata ai rappresentanti delle Nazioni Unite con un’esplosione in una zona disabitata, e che l’ONU fosse consultata sul suo utilizzo.

Il rapporto fu inviato al “Comitato ad interim” del progetto Manhattan, costituito da Robert Oppenheimer, Arthur Compton, Enrico Fermi ed Ernest Lawrence, al quale si chiese se qualsiasi dimostrazione di armi nucleari potesse essere efficace nel convincere il Giappone ad arrendersi. I quattro riferirono: “Non possiamo proporre alcuna dimostrazione tecnica che possa porre fine alla guerra; non vediamo alcuna alternativa accettabile all’uso militare diretto”.

Le preoccupazioni di Bohr e del gruppo di Chicago erano corrette: subito si scatenò la corsa agli armanenti nucleari. In pochi anni fu realizzata la bomba H, o termonucleare, la cui potenza equivale a mille volte la potenza della bomba di Hiroshima.

Enrico Fermi, visse una crisi di coscienza al solo pensiero che un’arma così orribile venisse costruita. Fermi e il suo collega Rabi scrissero al presidente Truman: “Il fatto che non esistano limiti alla distruttività di quest’arma rende la sua stessa esistenza e la conoscenza della sua costruzione un pericolo per l’umanità nel suo insieme. È una cosa malvagia, considerata sotto qualsiasi luce”. Ma il presidente ignorò la richiesta di interromperne la costruzione.

Accanto alle colombe agivano attivamente i “falchi” come Edward Teller e Sam Cohen; il primo fu, con Stanislaw Uhlam, padre della bomba termonucleare, il secondo l’inventore della bomba al neutrone. Negli anni ottanta, Teller fu uno strenuo fautore della Strategic Defense Initiative, denominata “Guerre stellari”.

Nei novant’ anni dopo Hiroshima, i fisici sono stati anche importanti negli sforzi globali volti a fronteggiare la minaccia nucleare attraverso la promozione del controllo e del disarmo nucleare.

Hanno incoraggiato i governi ad attuare importanti riduzioni delle armi nucleari e convenzionali. Ad esempio, la leadership sovietica arrivò ad accettare i meriti di un Trattato ABM, in parte grazie alle discussioni tra scienziati statunitensi e sovietici.

La più nota posizione pubblica degli scienziati è il Manifesto Russell-Einstein presentato il 9 luglio 1955 a Londra; promotori furono Bertrand Russell ed Albert Einstein (morto nell’aprile dello stesso anno). Nel documento – controfirmato da altri 11 scienziati e intellettuali di primo piano, si invitavano gli scienziati di tutto il mondo a riunirsi per discutere sui rischi per l’umanità prodotti dall’esistenza delle armi nucleari.

Tra i redattori del Manifesto vi fu Józef Rotblat, l’unico degli scienziati coinvolti nel progetto Manhattan ad abbandonare il lavoro a causa di contrasti di natura morale. Rotblat diresse la conferenza stampa di presentazione del Manifesto, a Londra, quando citò la celebre frase “Ricordatevi della vostra umanità, e dimenticate il resto”.

A quel tempo raccoglievo firme per i Partigiani della pace; in seguito ho parlato in pubblico e scritto molte volte sui rischi connessi alla corsa agli armamenti nucleari.

La più chiara espressione degli scienziati “colombe” ebbe inizio nel 1957 con le Pugwash Conferences on Science and World Affairs. A “Pugwash” va riconosciuto il merito per i progressi sostanziali nel controllo degli armamenti da parte degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica. Questo impegno, durato decenni, alla fine è valso alle Pugwash Conferences e al loro leader, il fisico Joseph Rotblat, il premio Nobel per la pace (1995) “per i loro sforzi volti a diminuire il ruolo svolto dalle armi nucleari nella politica internazionale e, a lungo termine, a eliminare tali armi”.

Il rischio si ripresenta oggi con l’ aggressione di Putin all’Ucraina (ma dobbiamo ammettere di avercelo spinto noi occidentali, con l’allargamento della NATO fino ai confini della Russia) e con la minaccia di ricorrere, in casi estremi, all’impiego delle armi nucleari. Vladimir Putin ha detto che la Russia è pronta per una guerra nucleare dal punto di vista tecnico-militare, ma che per ora «non tutto sta precipitando»; ha anche detto di non aver bisogno dell’arma atomica in Ucraina, ma che è pronto a usarla in caso di minaccia esistenziale nei confronti della Russia.

Pochi giorni fa il segretario generale dell’Alleanza atlantica Jens Stoltenberg ha dichiarato che la Nato deve mostrare al mondo il suo arsenale atomico per inviare un messaggio diretto ai suoi nemici.

In risposta alle minacce di Putin, il portavoce cinese Wang Wenbin ha sottolineato che una guerra nucleare “non può essere vinta e non deve mai essere combattuta” – citando una frase di una dichiarazione congiunta delle cinque principali potenze nucleari. nel 2022. “La Cina ritiene che tutti gli stati dotati di armi nucleari debbano abbracciare l’idea di sicurezza comune e sostenere l’equilibrio strategico e la stabilità globale”, ha affermato, sottolineando che anche la Russia, che ha firmato la dichiarazione, ha confermato questa convinzione. “Nelle circostanze attuali, le parti devono intraprendere azioni concrete e cercare congiuntamente di allentare la tensione”, ha aggiunto Wang.

Una simulazione degli esperti di Princeton mostra quale potrebbe essere la dinamica dell’escalation.

Nella prima fase la Russia potrebbe tentare di distruggere le basi Nato europee attraverso l’utilizzo di 300 armi nucleari e l’Alleanza Atlantica risponderebbe con 180 delle proprie armi nucleari. Nelle prime tre ore di conflitto si produrrebbero 2,6 milioni di morti.

La seconda fase comporterebbe la distruzione della maggior parte delle forze militari europee. Gli Stati Uniti invierebbero 600 missili contro la Russia, causando 3,4 milioni di morti. Nella terza fase almeno 30 grandi città verrebbero colpite, ciascuna, da un numero di testate variabile tra cinque a dieci. In altri 45 minuti si produrrebbero altri 85,3 milioni di morti.

In Italia gli obiettivi di un attacco potrebbero essere le basi di Aviano e di Ghedi, dove si trovano alcune bombe nucleari B61-3, B61-4 e B61-7. Le bombe sono statunitensi, ma in caso di guerra possono essere lanciate anche da aerei italiani.

Mosca lancia un’arma nucleare tattica di avvertimento, la Nato risponde, e nel giro di poche ore si conterebbero 90 milioni di morti.

Lo studio avverte però che tutte le stime di mortalità sono “limitate alle morti acute dovute a esplosioni nucleari e sarebbero significativamente aumentate dai decessi causati da ricadute nucleari e altri effetti a lungo termine”.

Se immaginassimo di sganciare un ordigno tattico da 50 kilotoni in prossimità del Colosseo, a Roma, avremmo oltre centonovemila morti e oltre duecentocinquaseimila feriti. Piccoli danneggiamenti, quali vetri rotti, si avrebbero fino alla Città del Vaticano. Nella stessa zona prima vi sarebbero ustioni di terzo grado e, prima ancora, si provocherebbero distruzioni moderate e totali.

In risposta all’aggravarsi della situazione, nell’ottobre 2023, un gruppo di 50 fisici provenienti da 20 nazioni si è riunito per un workshop di tre giorni presso l’International Centre for Theoretical Physics (ICTP) di Trieste: ” Il crescente pericolo delle armi nucleari; come i fisici possono aiutare a ridurre la minaccia “. L’obiettivo di questo workshop era di fare brainstorming su come mobilitare la comunità scientifica internazionale per impegnarsi per lla riduzione della minaccia nucleare. Questa discussione ha portato alla formazione di un gruppo di lavoro per promuovere questa mobilitazione

Il 21 giugno scorso il Pugwash ha pubblicato un allarmante documento sugli attuali rischi legati all’uso delle armi nucleari nei conflitti mondiali.

Ne riportiamo i punti essenziali.

Gli attuali conflitti mondiali coinvolgono, in vari ruoli, paesi che possiedono armi nucleari. Il rischio nucleare più grave oggi è legato alla guerra in Ucraina. Funzionari e commentatori russi hanno parlato più volte della possibilità dell’uso di armi nucleari se minacciati da attacchi diretti al territorio russo o alle infrastrutture critiche delle forze nucleari.

Sono evidenti azioni destabilizzanti, inclusi riferimenti da parte di funzionari russi al possibile uso delle cosiddette armi nucleari “tattiche”, così come riferimenti alla possibilità di una terza guerra mondiale. Sono state effettuate esercitazioni militari russe che prevedono l’uso di armi nucleari, e armi nucleari russe sono state recentemente schierate in Bielorussia. Vi è ampio consenso sul fatto che il rischio di una guerra nucleare sia più alto che in qualsiasi momento del recente passato. Con queste premesse in mente,chiediamo a tutti i leader politici di:

-Concordare un cessate il fuoco immediato nelle guerre in Ucraina e a Gaza;

– Richiedere processi negoziali internazionali con la partecipazione di tutte le parti coinvolte per risolvere la situazione politica e portare una pace stabile in Ucraina, Europa, Russia, Israele e Gaza;

·-Riprendere i negoziati tra Stati Uniti e Russia sulla riduzione delle armi nucleari prima della scadenza del Nuovo START;

·-Impegnarsi a rispettare gli obblighi derivanti dal TNP e premere per un serio impegno nel processo di controllo degli armamenti tra gli Stati P-5.

Pugwash è pronta a sostenere i negoziati che porrebbero fine al conflitto, tenendo in considerazione le esigenze di tutte le parti coinvolte.

Le drammatiche conseguenze di una guerra nucleare sono state discusse per decenni dagli scienziati. Come ci ricorda il manifesto Russell-Einstein del 1955: “Dovremo… scegliere la morte, perché non possiamo dimenticare i nostri litigi? Facciamo appello, come esseri umani, agli esseri umani: ricordate la vostra umanità e dimenticate il resto”.

Paolo Cotta-Ramusino , Segretario generale del Pugwash Hussain Al-Shahristani , Presidente del Pugwash Karen Hallberg , Presidente del Consiglio del Pugwash

Vorranno, i potenti della Terra, dare ascolto?

In foto: Hiroshima distrutta

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