La tropicalizzazione del clima alle nostre latitudini è un fatto evidente in corso ormai da varie decine d’anni; sono evidenti a tutti i fenomeni così detti “tropicali” consistenti in eventi meteorologici particolarmente violenti, piogge torrenziali foriere di danni, smottamenti, alluvioni, frane di cui è ricchissima la cronaca degli ultimi anni e degli ultimi decenni, alternati a periodi di grande secca come quello attuale.
Tutti gli studi nazionali e internazionali sono concordi nel ritenere che questo tipo di fenomeni proseguirà e si inasprirà nei prossimi anni e nei prossimi decenni. Credo sia logico cominciare, ancorché con grave e colpevole ritardo, a porre in essere azioni volte a far fronte a questa situazione. In Emilia abbiamo da secoli filiere agroalimentari e ultimamente anche industriali di assoluta eccellenza che hanno acquisito i marchi doc e docg, dop ecc. che rendono la nostra zona e la nostra Regione un “Unicum” Nazionale ed Europeo.
Eventi epocali come quelli in corso mettono in forte dubbio a breve e brevissimo termine la prosecuzione e la sopravvivenza di queste filiere.
Anche l’approvvigionamento idrico potabile comincia ad avere dei problemi in quanto non si può pensare di continuare indefinitamente a prelevare acqua dalle falde profonde così come anche l’Europa e prima ancora il buonsenso ci stanno contestando.
Tutto ciò non è catastrofismo ma è presa d’atto di quanto sta avvenendo e riscontrabile ormai con manifestazioni sempre crescenti come intensità, da 30 anni a questa parte. Il motivo scatenante è sempre lo stesso: nell’atmosfera del nostro pianeta “c’è più energia” rispetto al passato (almeno quello a memoria d’uomo) il che fa sì che i fenomeni meteorologici consueti alle nostre latitudini si siano incrementati in termini di “violenza di manifestazione”. Quando piove piove moltissimo generando sovente danni e L’ACQUA VIENE BUTTATA VIA.
I periodi di non pioggia sono diventati delle “secche” violente e perduranti. I riscontri idrologici degli ultimi decenni fanno riscontrare nella nostra regione e nella nostra zona una diminuzione media della piovosità su base annuale o meglio triennale dell’ordine del 10-12% che non sarebbe di per sé tale da generare il problema della siccità che ci affligge. Il problema purtroppo consiste nel fatto che tutta la piovosità su base annua si concentra in alcuni mesi autunnali invernali e lasciando completamente a secco i mesi primaverili e estivi. Questa situazione non si concilia con le modalità operative delle nostre filiere agroindustriali (e anche idropotabili) che invece hanno bisogno di acqua nei mesi estivi.
Quindi ‘unica soluzione ovvia ed evidente è quella di “accumulare l’acqua quando c’è”.
Già in passato erano stati previsti sulla nostra dorsale appenninica una serie di bacini di accumulo acqua per uso irriguo, idropotabile e industriale improvvidamente e ciecamente non attuati.
In merito al dimensionamento di questi bacini di ritenuta si trova che facendo alcuni semplici calcoli la loro dimensione non può essere inferiore geomorfologia permettendo, ai 100 milioni di metri cubi che, sia chiaro, nella letteratura tecnica dei bacini di ritenuta sono considerati “piccoli invasi”; sui grandi invasi si parla di miliardi di metri cubi e non di milioni.
Ad esempio i tre eventi piovosi da novembre scorso ad oggi nel bacino dell’Enza, hanno fatto buttato a mare inutilizzati circa 300 milioni di metri cubi d’acqua. Nel frattempo invece, l’unico invaso serio che abbiamo in Regione, ossia Ridracoli (peraltro solo per uso potabile) ha accumulato già ad oggi i suoi 30 milioni di mc garantendo già da da ora la stagione estiva per residenti e turisti della Costiera Romagnola.
In conclusione il futuro che ci aspetta è un futuro con periodi di assenza totale di acqua meteorica e presenza eccessiva di acqua in altri periodi dell’anno con generazione di gravi danni umani e fisico meccanici ( frane, smottamenti, lutti). Ritengo sia evidente a tutti, classe politica in testa e anche a tutti i comuni cittadini che la soluzione è una sola: la realizzazione di bacini di accumulo acqua nella nostra dorsale appenninica finalizzata da un lato al contenimento e laminazione delle piene e dall’altro all’accumulo di questa preziosa risorsa vitale, l’acqua appunto, per la sua distribuzione nei periodi di siccità. L’alternativa e’ assistere progressivamente all’evaporazione e alla scomparsa delle filiere produttive storiche secolari di eccellenza della nostra Regione con intuibili conseguenze anche in termini di tenuta sociale.
Fra questi bacini montani indispensabili c’è ovviamente anche il bacino della Val d’Enza (diga di Vetto) provvista della capacità di progetto di “almeno” 100 milioni di metri cubi che da un semplice calcolo si dimostrano il minimo necessario ad uso plurimo per far fronte in modo resiliente ai periodi di siccità già in corso e che ci aspettano nel futuro.
È auspicabile che i cittadini emiliano romagnoli, che tanta dimostrazione di vitalità imprenditorialità e capacità hanno sempre dimostrato, abbiano la cultura e la preveggenza indispensabili per capire che gli eventi epocali in corso sono in grado di stravolgere gli equilibri ai quali siamo abituati da secoli.
La classe politica regionale, in grave ritardo, è chiamata ad attuare, in procedura di somma urgenza, i necessari interventi che la Natura ci ha dato la possibilità di realizzare, grazie alla presenza della nostra dorsale appenninica capace di ospitare una serie di invasi che avrebbero quindi una pluralità di utilizzo, idropotabile, irriguo, industriale, di contenimento delle piene, di produzione energia pulita e rinnovabile e da ultimo di promozione turistica delle nostre zone appenniniche che tanto ne hanno bisogno. Naturalmente ben vengano tutti gli interventi tesi a rendere più efficienti le reti di distribuzione, e quelli tesi a promuovere la realizzazione di agricoltura di precisione ove possibile. La partita che si sta giocando è una partita mortale; la nostra società i nostri cittadini, la nostra regione, la nostra classe politica devono riuscire a capire che è necessario provvedere immediatamente , siamo già in forte e imperdonabile ritardo, alla realizzazione di questi bacini montani di sufficiente capacità.
La nostra, una volta “Emilia Felix” è posta di fronte ad una sfida epocale nei confronti della quale si trova spiazzata ed in ritardo; altre Regioni, anche nostre confinanti, pur con economie agroindustriali assai inferiori alla nostra si trovano in situazione migliori grazie alla presenza di bacini di accumulo che le stanno sostenendo nei periodi di siccità.
Forse la possibilità di salvare le nostre eccellenze agroalimentari industriali e non solo, esiste ancora purché però provvediamo in regime di somma urgenza alla realizzazione di queste infrastrutture.
Parma, 16 marzo 2023
Dr. Ing. Sergio Bandieri