Coronavirus, la grande fuga da Firenze degli affitti turistici

Firenze – Firenze ai tempi del coronavirus, come se la cava una città che in buona sostanza incentra la sua economia sul turismo? Cartina di tornasole, il sistema airbnb, che in due anni, come dice Laura Grandi, segretaria regionale del Sunia, ha colonizzato il tessuto immobiliare cittadino. “Due anni per la colonizzazione, pochi giorni per il crollo – commenta sinteticamente Grandi – infatti, host abbandonati, case libere, disdette anche del 100%”. A riferirlo, agenti immobiliari e citttadini, che parlano di interi palazzi svuotati, di turisti in fuga e di disdette che in alcuni casi giungono fino al 100%. Un fenomeno che rischia di continuare a trascinarsi anche nel lungo periodo.

Con un’aggravante che riguarda il lavoro: “Il comparto lavorativo ha infatti i suoi ombrelli, con la possibilità di ricevere manovre di sostegno da parte del governo e degli enti locali – spega Grandi – mentre davanti a un fenomeno come quello degli affitti brevi turistici, per il quale ancora non è giunta una regolamentazione, appare molto difficile intervenire in difesa degli operatori”. Tanto più che spesso, come da tempo segnalano i sindacati, si tratta di lavoro la nero, e, in ogni caso, non è chiara la natura dell’attività, neppure a livello di definizione: quando scatta l’attività d’impresa, ad esempio, e quando si deve semplicemente ritenere che si tratti di un affitto tout court, messo in atto da un proprietario assolutamente legittimato nel disporre come vuole della sua proprietà.

Una situazione che potrebbe avere un lato interessante: indurre i proprietari di case a tornare alle residenze, affittando a un prezzo equo gli alloggi ai fiorentini. “Della propria casa si può fare ciò che si vuole – ribadisce la segretaria del Sunia – ma in particolare per i piccoli proprietari è inevitabile una riflessione sul vantaggio di mettere in atto un affitto tradizionale, meno sensibile ai contraccolpi, spesso imperscrutabili, del mercato. Un profitto alto è importante, ma si rischia di ritrovarsi a svolgere un ruolo da giocatore di borsa, dove al posto delle azioni ci sono le case”.

Un altro spettro si affaccia all’orizzonte, in particolare per proprietari piccoli e medi, che, presi da disperazione o trovandosi con l’acqua alla gola, potrebbero anche mettere in vendita i propri immobili. Ciò potrebbe produrre, come paventa la stessa segretaria del Sunia, un’azione di “rastrellamento” degli immobili, magari quotati al ribasso vista la contingenza, da parte di soggetti investitori capaci di sostenere periodi anche lunghi di criticità, ad esempio i grandi fondi immobiliari, i fondi d’investimento o i fondi pensionistici. Insomma, chi ha soldi e capacità di “resistenza” potrebbe essere tentato di spazzare la città.

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