Prato – Una domanda facile,”Chi sono gli italiani?”, una risposta semplice : “Quelli che abitano in Italia”. Ma non è così. Ad oggi, nel nostro Paese, non tutte le persone che vi abitano hanno la cittadinanza:su 59 milioni di residenti, circa 5 milioni sono stranieri e la distinzione tra loro e gli italiani è stabilita dalla Costituzione.
Negli ultimi 18 anni (2006-2023) nel nostro paese sono nati 1,2 milioni di bambini stranieri, con una media di 67 mila nascite l’anno, anche se i numeri dicono che ultimamente la natalità tra gli stranieri si è ridotta, arrivando a circa 50 mila nascite all’anno. Quindi, su 1,2 milioni nati stranieri, si può stimare in 817 mila la quota con genitori residenti da almeno 5 anni. A questa platea di beneficiari immediati, andrebbe aggiunta poi una quota annua rispetto ai nuovi nati: su 50 mila nati all’anno, quelli con genitori residenti da almeno cinque anni possono essere tra i 35 mila e i 40 mila. Secondo i dati aggiornati del ministero dell’Istruzione e del merito relativi all’anno scolastico 2022/2023, gli alunni stranieri in Italia sono oltre 900 mila, pari all’11,2% del totale. Di questi, oltre il 65 per cento è nato in Italia. A partire da queste percentuali si stimano in 135 mila gli alunni nati all’estero che hanno già completato cinque anni di scuola in Italia, a cui se ne aggiungerebbero altri 6-7 mila ogni anno.
A Prato l’ufficio Statistica del Ministero dell’Istruzione riporta che 10.460 sono gli alunni stranieri nelle scuole della provincia di Prato; di questi, 1322 frequentano la scuola dell’infanzia, cioè un ciclo triennale. La maggior parte di loro viene dall’Asia e sono 6.758 bambini. Seguono l’Africa (1.1.45), l’Europa e l’America. Dunque grazie allo Ius Scholae che è la versione più blanda dello Ius Soli, si potrebbe conferire la cittadinanza a tutti i ragazzi che nascono in Italia così come ai 10.460 che frequentano le scuole pratesi, che sono 8.794, di cui 8.083 nel solo comune di Prato. Un numero importante di studenti con cittadinanza non italiana ma nati in Italia. Ecco perché il dibattito nel nostro Paese sullo Ius Scholae è apertissimo, e a Prato più che altrove assume un valore di completamento civile e sociale, perché,come raccontano da diversi anni i dirigenti degli istituti scolastici pratesi unitamente agli insegnanti, l’acquisizione della cittadinanza eserciterebbe un effetto positivo sui rendimenti dei minori stranieri riducendo il loro tasso di abbandono dai banchi di scuola e accrescendo le probabilità di intraprendere percorsi di studi finalizzati all’esperienza universitaria.
Ne parliamo con Simone Mangani, avvocato, Presidente commissione affari istituzionali del comune di Prato, già assessore all’immigrazione e alla cittadinanza, iscritto al Partito Democratico.
Lo ius scholae potrebbe finalmente diventare realtà nel Paese grazie soprattutto all’apertura di Forza Italia, che, partito di governo, mostra una sensibilità assai diversa rispetto ai suoi alleati che non intendono aprire tavoli di confronto?
“La sacrosanta riforma della legge sulla cittadinanza è attesa da tutte quelle persone che – pur non avendo gli stessi diritti – vivono qui, lavorano qui, accompagnano i figli a scuola qui, contraggono mutui qui, pagano oneri previdenziali qui”.
Le Olimpiadi hanno fatto venire il dubbio.Quale migliore occasione per trattare un tema centrale come questo?
“La maggioranza di governo, per vedere l’effetto che fa, rilancia l’idea (Non un atto parlamentare bensì “l’idea”) dello ius scholae. Milioni di persone potenzialmente coinvolte da una riforma della legge e a questa moltitudine il nostro Paese dà in pasto un “dibattito” che somiglia a una brutta riunione di condominio: “5 anni”, “no, l’intero ciclo dell’obbligo”, “sia mai” etc…etc…”.
Secondo lei come bisognerebbe procedere?
“Quanto poco rispetto, per le persone, per il tema, per l’opinione pubblica, per gli enti locali che fanno supplenza all’assenza di un disegno sulla nuova Italia che è nelle cose ormai da decenni. È tempo di un approccio serio, organico, condiviso con i Comuni, con il Terzo Settore e con tutta l’attenzione alla sussidiarietà sancita dall’articolo 118 Costituzione”.
Da più parti si guarda a Prato come realtà multietnica e multiculturale che è stata capace di sviluppare politiche di inclusione per tutti i cittadini stranieri a cominciare dai più piccoli che frequentano le scuole della città.
“A Prato conosciamo bene il tema. Eccome. Il Comune, tramite il Servizio Immigrazione, ha collaborato con ANCI per modificare – con successo – il Decreto Valditara affinché siano date risorse umane ed economiche per l’insegnamento della lingua italiana come lingua seconda ovvero per quella Classe di concorso A23 che, finora, è stata sostituita da un appalto dell’Assessorato all’Immigrazione e alla Cittadinanza e da un accordo territoriale – SIC Scuola Inclusione Convivenza – che da oltre 10 anni vede tutto il territorio (Prato e tutta la Provincia ma anche la Regione, l’Asl, i comprensivi, le paritarie) unito per scelta politica e per obiettivi. Le tre edizioni di Scuola Plurale, che abbiamo organizzato al Museo del Tessuto nel 2021, 2022 e 2023, hanno dimostrato la solitudine – e le diverse soluzioni – dei territori in giro per l’Italia: ci siamo confrontati con Milano, Brescia, Verona, Napoli, Roma etc… È tempo di superare questa frammentazione. Ed è tempo di dire a milioni di persone che cambieremo quello che c’è da cambiare”.
Un’ulteriore consapevolezza collettiva per arrivare ad una legge sulla cittadinanza unitaria,ma le risorse?
“Ius scholae, Ius Culturae, Ius Soli – gli strumenti ipotizzati sono tutti migliori dell’attuale quadro ma nessuno di questi può essere abbandonato a sé stesso. Dobbiamo ribadire, con forza, che tutte le politiche oggi in atto a Prato necessitano di continuità ed attenzione. A questo ultimo proposito, è indispensabile che il Ministero dell’Istruzione, anche nella sua articolazione regionale, conosca ancora meglio e da vicino il nostro quadro e intervenga senza tentennamenti. È tempo di modificare radicalmente la legge ma è ancora tempo per politiche di accompagnamento, quindi risorse: insegnanti, mediatori, luoghi di partecipazione”
In foto Simone Mangani