Macché tagli: nove consigli su venti decidono di aumentarsi gli stipendi (in Umbria 2mila euro in più rispetto al 2010). Tra i casi “virtuosi” l’Emilia Romagna dove la media netta è di 5200 euro mensili
In 9 regioni italiane su 20, all’incirca la metà dunque, gli stipendi di presidenti, assessori e consiglieri sono addirittura aumentati dopo i ripetuti scandali di Rimborsopoli, altro che abbassati. A fare la sconcertante (e per certi versi prevedibili) scoperta, è stato Roberto Perotti, docente bocconiano ed implacabile fustigatore dei privilegi dei politici, nonché ex commissario alla spending review, che l’ha ben documentata nel suo ultimo libro “Status Quo”.
Tra le regioni “più virtuose”, ma con una lunghissima strada da fare ancora per meritarsi davvero il ragguardevole appellativo, è l‘Emilia Romagna, la cui media di pagamento è passata dai 6200 euro mensili netti del 2010 ai 5200 odierni, sempre netti e sempre un’enormità al netto appunto del rapporto impegni/introiti in più nel contesto di un Paese i cui segni di ripresa economica sono ben lungi dall’essere intravisti.
Maglie nere del tappone di questo giro d’Italia negativo, le regioni Abruzzo, Basilicata, Lazio, Molise, Piemonte, Toscana, Umbria, Veneto e Friuli. Maglia nerissima la regione Calabria dove i consiglieri si attribuiscono una media di 9500 euro mensili netti. Meglio dell’Emilia Romagna invece, in fatto di soldi pubblici risparmiati e di stipendi inferiori, pur di tutto riguardo, il Trentino e le Marche, i cui consiglieri percepiscono “solo” 4600 euro mensili netti.
In Umbria gli aumenti più marcati, quasi 2100 euro mensili in più rispetto al 2010, da 5200 a 7300 euri mensili, sempre netti. Alla faccia dei terremotati.