Dati negativi, per l’ennesima volta, per il mercato del lavoro bolognese: 92.170 disoccupati (51.242 donne) a fine giugno, più 6.712 in sei mesi (aumento del 7,85% e del 14% in confronto con il primo semestre 2013). Dall’inizio della crisi, 2008, i senza lavoro sono il 127% in più: sono raddoppiati da 40.496 a oltre 92mila. Non trovano un impiego i giovani e nemmeno i laureati, le assunzioni a tempo indeterminato “per la prima volta sono scese sotto il 10%”, le banche “hanno smesso di fare il loro mestiere” (cioè erogare credito alle imprese), l’apprendistato langue e la cassa integrazione galoppa; e se il packaging tiene, lo stesso non vale per il settore ingranaggi, il motociclo e l’edilizia e ceramica (specie a Imola). Questi i dati diffusi negli ultimi giorni dalla Cisl locale.
Dov’è dunque la ripresa? “Nei giorni scorsi – dicono alla Cisl – da alcuni industriali è stato descritto un quadro che sembrava fotografasse una ripresa. Le cose stanno diversamente. Capisco – dice il segretario Cisl Alessandro Alberani – che, presi dell’ottimismo renziano, si cerchi di dare un quadro di un certo tipo. Ma il Pil cala e se anche cresce non c’è un effetto sull’occupazione”. Bologna vanta il triste primato dei disoccupati. “Dalla crisi non siamo assolutamente fuori”, mette in chiaro Alberani che prevede un autunno caldo. Intanto, mette nel mirino le lentezze di Confindustria e Regione sulla staffetta generazionale e il governo che taglia i fondi ai patronati (presi d’assalto da gente “frustrata e depressa” dalla perdita del posto) e i permessi sindacali come se non vedesse il “dramma generazionale tra famiglie con i figli a casa che non lavorano e 45enni che non trovano un nuovo impiego”.
In particolare, non hanno un impiego 29.019 persone tra i 16 e i 34 anni. Ma allarma anche il dato della fascia 45-64 anni: sono il 38% dei disoccupati. Con questi numeri non è difficile spiegarsi perché allo sportello lavoro della Cisl, da marzo a oggi, hanno bussato in 500 e hanno consegnato 800 curricula. “Si resta iscritti anche se si è disoccupati – raccontano alla Cisl – perché si sta in contatto con i sindacalisti che hanno seguito le fasi di crisi aziendali, perché si cercano informazioni su nuove opportunità di impiego, ma è ormai tremenda la sofferenza di chi si vede rispondere sempre no”. In questo quadro, la Cisl si chiede (dopo la fine delle Province) che fine faranno i centri per l’impiego e il tavolo provinciale di crisi che segue le vertenze delle aziende in difficoltà cercando di attutirne l’impatto sociale. “Finora su questi temi nessuna risposta”, lamenta Alberani.