Antonio Carboni nacque a Villarotta di Luzzara il 13 giugno 1954. Visse l’infanzia ospite del collegio “Artigianelli” e si iscrisse poi all’Istituto d’Arte, che dovette abbandonare per cercare un lavoro. Fu, tra le altre cose, macellaio, custode al cimitero, operatore ecologico. Negli anni sessanta, ancora ragazzino, iniziò a dipingere: non smetterà di farlo fino alla fine della propria vita. Fu girovago (scalzo, in kimono e bicicletta) nei ‘70, uomo eccentrico, artista e viaggiatore. Non ebbe mai una fissa dimora. Fatta eccezione per un periodo vissuto in una casa su un albero, di case ne vide molte ma non si volle mai costringere ad averne una. Amava la libertà di girovagare liberamente sulla sua automobile: la sua tavolozza, un riferimento mai immobile, unico per le sovrapposizioni di colori, simboli e vita. Una tavolozza che non riservò per se, ma che fu gioco per molti bambini che con lui si divertivano a dipingere.
I suoi pennelli sperimentarono continuamente, allo stesso modo Carbantony studiava l’arte, facendo così evolvere la propria. Il suo nomadismo lo portò in molte parti del mondo, dichiarò di avere un solo legame con un cigno da lui chiamato Libertà. Zavattini di lui disse “lè tott culur”, perché il colore fu in effetti proiezione di sè e la migliore espressione di una enorme sensibilità.
Fu artista per amore incondizionato per l’arte, disegnava per vocazione e perché questo era ciò che poteva offrire agli altri, ‘vendeva’ le sue tele per pane, salame e un bicchiere di vino. Dipinse animali, barche, paesaggi, i volti degli altri e il proprio nelle forme di un clown. Dicono che si lavasse le mani nei fiumi dopo avere dipinto, scusandosi con l’acqua per averla sporcata (Gobbetti).
Io l’ho conosciuto, mia madre lo invitò a casa nostra e mi rimane il ricordo di una bella giornata nel vederlo dipingere nel nostro giardino. Ero piccola, ma lo ricordo semplice e forte di una sensibilità rara, tenero e carico di un’intensità che il passato gli aveva donato, ma soprattutto lo riconosco come uomo che ha saputo scegliere di vivere in assoluta libertà. Morì in un albergo il 28 giugno 2004, dopo avere dipinto il suo ultimo quadro, “La morte in agguato”.
Anna Vittoria Zuliani