Firenze – Una brutta storia di disagio, sociale ed economico, che è culminata stamane in uno sfratto con forza pubblica, a Firenze. Una donna di circa 50 anni, con una figlia di 13, che, per vari motivi, è giunta a una situazione disperata, non solo per quanto riguarda l’alloggio. L’appartamento dove vivono è di proprietà della Fondazione Comitato Case Indigenti Onlus.
La donna, che è morosa dal 2017 con qualche interruzione, ha ricevuto un brutto colpo dalla pandemia, che le ha tolto anche quel poco di lavoro come addetta alle pulizie che riusciva a trovare. Una vita molto complicata e difficile la sua, con separazione e altri guai. Il problema però è rimane uno solo, in questa afosa mattinata di fine luglio: non ci sono soluzioni alternative, sul momento e di fatto, per lei e la figlia. Un altro figlio vive con la compagna.
“Il problema è che non possiamo sostenere oltre la situazione – dice il direttore della fondazione, Alessandro Martire, presente allo sfratto – la signora è morosa adal 2017 e inoltre c’è un degrado molto forte nelle relazioni di vicinato”. In altre parole, per varie vicende, le relazioni con i vicini sono ormai molto deteriorate, con varie vicissitudini di cui è stata portata a conoscenza la Fondazione.
Sia come sia, il problema rimane: si può lasciare senza riferimento certo, alloggiativo e di cura, una minore? Ovviamente no. Del resto, come spiega Marzia Mecocci del Movimento di Lotta per la Casa che è sul luogo anche con la Rete Antisfratto Fiorentina, presente anche il cosigliere comunale Dmtrij Palagi di Spc, la stessa donna è alle prese con forti disagi, psicologici, economici e sociali , che consiglierebbero almeno una presa in carico dei servizi sociali. Presa in carico che però, stando alle documentazioni sciorinate dalla stessa Fondazione, è stata rifiutata dalla donna, sebbene la stessa asserisca che si sia trattato di colloqui minimali, in cui non avrebbe compreso appieno che il rifiuto sarebbe stato interpretato come un no definitivo ad ogni aiuto.
Intanto, lo sfratto procede, con una serie di confronti su cui pesa sempre, tuttavia, la presenza della bimba, ostativa all’esecuzione se non in presenza di atti ufficiali che ne indichino la precisa collocazione in un luogo dove può ricevere le tutele consone alla giovane età. Da parte della Fondazione, che, documenti alla mano, dichiara di aver fatto presente la situazione molte volte ai servizi sociali del Comune, emerge la meraviglia di fronte all’assenza dell’ente comunale. Del resto, si tratta di un’assenza che ha delle regole precise, in quanto esiste una precisa direttiva che impedisce ai servizi sociali di essere presenti sugli sfratti, a causa, come dichiara la dirigente contattata, di timori per l’incolumità fisica degli operatori. Intanto, la situazione evolve: di fronte all’indiscutibile dato di fatto che la collocazione della ragazzina al momento è incerta, si rinvia l’esecuzione, a settembre, per prevedere una soluzione . Per quanto riguarda la madre, si tratterà di trovare una soluzione anche per lei, dal momento che ha fatto domanda per le case popolari e ora farà quella per l’emergenza abitativa.