Violenza sulle donne, un tunnel ancora senza luce

Prato – Ancora lunga la strada nella difficile opera di sensibilizzazione sulle discriminazioni fra i generi e contro la violenza alle donne che è diventata una vera e propria emergenze sociale.
Di questo, ma soprattutto dei metodi di contrasto e di tutela alle donne che subiscono abusi, si è parlato giovedì a Prato  nel Salone del Palazzo della Provincia in un seminario promosso dalla Associazione Marino patrocinato dal Comune, dalla Provincia di Prato e dall’Ordine degli Psicologi della Toscana, presente l’assessore alla Salute e alle Politiche Sociali Luigi Biancalani, il Capitano Sara Pini del Comando Provinciale dei Carabinieri di Prato e la Presidente del Soroptimist International club di Prato Anna Tofani.

Sullo sfondo le opere d’arte di Serena D’Angelis,“Angelo per  forza” e “La passione delle donne”, un evidente richiamo alla passione di Cristo.
“La difesa dei diritti delle  donne e la lotta contro ogni forma di violenza è diventata oggi – così il coordinatore di Adesso Prato, Andrea Dominijanni  – una delle priorità della politica di genere non solo in Europa ma anche in Italia, e il silenzio che circonda la violenza domestica contro le donne nel nostro Paese, ha un costo altissimo, a fronte di un investimento in prevenzione che nel 2012 é stato di appena sei milioni di euro.”

“Occorre una vera azione di prevenzione che deve partire da un profondo ripensamento dei ruoli e delle relazioni tra i sessi ma soprattutto, tentare di elaborare una strategia collaborativa tra il sistema educativo, ambito lavorativo, istituzioni e associazioni di donne della società civile che insieme possono effettivamente aiutare la donna,vittima di abusi ad uscire dalla paura e dall’isolamento”, continua Domjianni. 

“Al Pronto Soccorso di Prato c’è un accesso giornaliero tra le 300 e 320 persone”, ma, afferma la dirigente medico Asl Responsabile Codice Rosa Area Pratese,  Monica Pieraccioli, “quando si presenta da noi una donna con segni evidenti di violenza, mettiamo al suo servizio tutta la nostra  professionalità per far capire che si trova in un ambiente sereno e protetto dove non potrà accaderle nulla”.

Difficile è la comunicazione con le donne di etnia diversa, che non sanno parlare bene  l’italiano, “ma soprattutto non hanno ben chiaro, soprattutto per un retaggio culturale, che violenza è anche uno schiaffo in pieno viso, una spinta, o un rapporto sessuale non voluto, ma preteso dal compagno”. La loro dimensione familiare è quella che definiamo del doppio isolamento: violenza subita e non compresa tra le mura domestiche.

Fondamentale è darsi  “una muscolatura per vivere, entrare nelle scuole e nelle organizzazioni”- dice con fermezza la psicologa e psicoterapeuta Roberta Giommi – perché è qui che c’è la possibilità di far crescere una cultura di genere nel rispetto di se’ e dell’altro”.
“Da anni portiamo avanti un lavoro che facciamo con l’educazione affettiva sessuale e di genere che aiuta ad aprire  la stanza della conversazione,perché per combattere la violenza di genere è importante riuscire  a destrutturare alcuni stereotipi e modelli culturali che rinforzano i rapporti insani e altamente conflittuali”.

Dalla lettura in sala di uno scritto della Giudice Jacqueline Monica Magi, emerge che dal suo ultimo lavoro “Madame Bovary era un uomo e Mastro don Gesualdo era una donna”, “il mondo femminile matriarcale, apparentemente distrutto dal giungere del patriarcato, in realtà rimane silente ed occulto. Gli uomini costruivano l’idea della donna a loro immagine ,credendo di conoscere la donna, mentre loro della donna conoscevano solo quella sfocata immagine che gli lasciavano intravedere. Occorre iniziare ad educare gli uomini alle emozioni, ai sentimenti, a sviluppare quel loro lato femminile che li può far dialogare con le donne”.

“La violenza di genere ha come punto di riferimento la Convenzione di Istanbul” interviene  la psicologa e psicoterapeuta Fiorella Chiappi “ma è necessario creare una rete di supporto che investa tutti i settori che gravitano intorno alla donna, soprattutto a cominciare dalle scuole con l’educazione sessuale e sistemica. Importante il modello MARA,con cui a Londra si è sconfitta almeno in parte la violenza domestica”. Si comincia con affiancare alla donna aggredita un “tutor “che agisce secondo un protocollo accettato da tutte le parti in causa (medici,assistenti sociali,polizia etcc).

A conclusione le esperienze raccontate dalla psicologa psicoterapeuta  Elena Lenzi di donne violentate, picchiate e abbandonate che sono riuscite ad uscire dal circuito della violenza domestica in cui erano intrappolate attraverso la consapevolezza emozionale della “rabbia sana” che è quel moto interiore capace, se ben incanalato, di spezzare le catene della convivenza malata.

Tocca  alla musica, intesa come forma di aiuto e di prevenzione, ovvero l’applicazione della musicoterapia nel riabilitativo e terapeutico  della dottoressa Alessandra Giuliana Marson il compito di terminare il convegno, con l’impegno delle relatrice di  ritrovarsi in tempi prossimi, quasi una scommessa o meglio una volontà di riuscire insieme a dare aiuto e  voce e al silenzio di tutte quelle donne per fermare la battaglia contro l’indifferenza e uscire dal tunnel dell’isolamento.


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