Donato Apollonio, ingegnere informatico, responsabile nazionale della gestione dati del Partito Democratico, un vero e proprio Virgilio cui affidarsi in un viaggio senz’altro complesso che tuttavia interessa, volenti o nolenti, tutti noi.
Un argomento noto e sconosciuto allo stesso tempo, ovvero la cosiddetta criptovaluta, ormai entrata nel linguaggio corrente col nome della valuta più conosciuta al pubblico, il Bitcoin.
Criptovalute, in questi ultimi mesi abbiamo visto sui media notizie allarmanti su un possibile crack del sistema delle transazioni con moneta virtuale. Ma cos’è la criptovaluta e il bitcoin? Come funziona il meccanismo?
“C’è un sito che conta il numero delle volte in cui il Bitcoin viene dato per morto. Sono più di cento… È vero che sta attraversando un momento particolarmente difficile, ma non è così facile cancellare una criptovaluta con una capitalizzazione di diverse centinaia di miliardi di dollari. Difficile spiegare in poche parole cos’è una criptovaluta. Ci provo. Qualcuno un bel giorno si inventa un algoritmo basato su tecniche crittografiche che permette di possedere e scambiare una moneta virtuale a cui noi diamo un valore nominale basato sulla legge della domanda e dell’offerta. Il bitcoin è una di queste monete: la più conosciuta perché la più scambiata oppure, se vogliamo, la più scambiata perché la più conosciuta. Nel 2009 un genio dalla identità tuttora sconosciuta (si fa chiamare con lo pseudonimo Satoshi Nakamoto) pubblica l’algoritmo su cui si basa il Bitcoin e il relativo protocollo per gestire i nodi che costituiscono il cuore su cui si regge tutto il sistema. Sono più di 10.000 questi nodi e sono sparsi in tutto il mondo. Un nodo non è altro che un server su cui è installata l’implementazione di questo algoritmo che è open source e dunque liberamente scaricabile. Semplificando, ogni 10 minuti parte una gara tra tutti questi nodi per risolvere un problema che richiede notevoli risorse di calcolo. Chi fa prima, ottiene come premio dei bitcoin (il cui ammontare si dimezza ogni 4 anni). Adesso il premio è di 6 bitcoin ma tra circa due anni diventerà di 3 bitcoin. Questa gara serve a creare un blocco di dati, a metterci un lucchetto virtuale e a collocarlo “sopra” il blocco creato dieci minuti prima formando la ben nota blockchain ovvero in italiano una catena di blocchi”.
Non è possibile manometterli?
“Ciascun blocco contiene i metadati di tutte le transazioni create in quei 10 minuti . Una volta lì dentro è computazionalmente difficilissimo manometterli e, man mano che si aggiungono blocchi, la difficoltà cresce, tant’è che già con sei blocchi al di sopra è praticamente impossibile alterare anche un solo bit. Ogni nodo contiene una copia integrale della blockchain e se a causa di qualche straordinario evento venissero cancellati la metà dei nodi, il sistema Bitcoin non subirebbe alcun contraccolpo. Anche per questo è così difficile affossarlo. Quindi ricapitolando, Mario in Italia se vuole mandare un bitcoin a suo fratello Luigi in Sud Africa, apre una delle tante app che gestiscono bitcoin, seleziona l’importo e il destinatario e invia. Dopo qualche secondo i bitcoin arrivano a Luigi pagando solo una piccolissima commissione senza l’intermediazione di banche o strutture simili. Una specie di contante che può teletrasportarsi in modo del tutto anonimo da un capo all’altro del mondo. Una rivoluzione”.
Ora che sappiamo cos’è il bitcoin, l’altra domanda obblgata è: chi la emette e chi ne controlla il valore?
“Come abbiamo appena detto, vengono emessi tot bitcoin ogni 10 minuti e questo tot diminuisce con il tempo. Fino adesso sono stati coniati 18 milioni di bitcoin e arriveremo tra qualche anno ad un limite asintotico di circa 21 milioni di bitcoin. Nessuno può manomettere questo meccanismo. Il bitcoin è un algoritmo che vive di vita propria senza necessità di una guida e possiede dei meccanismi che permettono di aggiornare le regole ma ciò può essere deciso solo da un numero molto alto di nodi , mai da un singolo”.
Una volta che il meccanismo viene messo in atto, si comporta con le stesse dinamiche della moneta reale, ovvero subisce svalutazioni, può venire corretta con l’emissione di nuova moneta, ecc?
“Oltre la soglia dei 21 milioni di bitcoin non sarà più possibile coniare nuovi bitcoin e dunque non è possibile, superato il transitorio, svalutare la moneta “stampando” nuovi bitcoin come si farebbe con una moneta tradizionale. Quelli sono e quelli rimangono passando in eterno da un proprietario all’altro”.
Per quanto riguarda questo tipo di moneta virtuale, qualcuno sostiene che esista un centro che funziona come cabina di regia centralizzata. È possibile secondo lei?
“E’ chiaro che tutti i centri di potere legati alla finanza tradizionale vedono il bitcoin come una minaccia. Penso alle banche che vedono diminuire il transato tradizionale ma penso anche ai governi che non riescono ad agire con efficacia sulla leva della svalutazione o a controllare il fenomeno dell’evasione fiscale o a limitare gli attacchi di hacker che chiedono riscatti in bitcoin. Certamente è un mondo che va regolamentato senza però che si arrivi a misure eccessivamente limitanti. Serve dunque una cabina di regia a livello mondiale per esaltarne i pregi e contenere i difetti che ahimé ci sono. Ma – ecco – non userei il termine “regia” perché, per come è progettato, nessuno può dare una direzione al Bitcoin ma solo aggiustare un po’ il tiro. Semmai parlerei di regia con riferimento alle cosidette balene, coloro cioè che detengono grandi quantità di bitcoin (tra cui anche i grandi cartelli della droga), che comprando e vendendo al momento giusto riescono a controllare il prezzo e a ricavarne guadagni enormi”.
Ci sono Paesi che hanno fatto del Bitcoin la valuta ufficiale, come El Salvador e la Repubblica Centrafricana. Cosa potrebbe spingere verso questa scelta un Paese?
“Basare l’economia di un intero paese solo su una criptomoneta secondo me è un azzardo specie con una moneta giovane come il bitcoin, ma capisco il desiderio di arginare le speculazioni dell’alta finanza”.
Si sta parlando sempre di più del progressivo allacciamento fra bitcoin e finanza. Quali sono i timori che emergono?
“Il rischio è quello delle macchinazioni delle balene di cui parlavo prima ma anche della diffusione di fake news ben orchestrate con lo scopo di generare panico tra i piccoli risparmiatori in modo da abbassare artificiosamente il valore del Bitcoin per poi comprare ad un prezzo vantaggioso. E poi ci sono i soliti strumenti della finanza tradizionale che se non corredati da adeguata informazione, possono generare nella gente il miraggio di facili guadagni e gettare intere famiglie sul lastrico. Anzi ne approfitto per consigliare a coloro che desiderano affacciarsi a questo mondo di essere molto molto prudenti perché perdere tanti soldi è facilissimo. E mi fermo qui poiché non sono un consulente finanziario”.
Parliamo di inquinamento ambientale, per cui il bitcoin è messo all’indice da media, ambientalisti, banche. Qual è il punto?
“Sì, questo è un problema spinoso. Per validare un nuovo blocco, come dicevo, servono ingenti risorse di calcolo che richiedono una quantità enorme di corrente. Se questa corrente è generata tramite centrali alimentate a combustibili fossili, è un problema serio. Lo è di meno se l’energia è verde ma comunque in ogni caso non è una bella cosa consumare così tanta energia sottraendola a scopi più nobili. Si sta cominciando a parlare di migrazione dal sistema proof of work al sistema proof of stake che comporterebbe la validazione di un blocco secondo un meccanismo molto più ecologico basato – diciamo – sulla fiducia di un gran numero di utenti. Su questo versante la moneta Ethereum per esempio è molto avanti rispetto al Bitcoin”.
Infine, le blockchain possono essere considerate inviolabili?
“Le blockchain stanno diventando uno strumento molto utile anche al di fuori del mondo cripto perché possono essere viste come una specie di notaio virtuale, un registro digitale dove poter scrivere qualunque cosa velocemente con la sicurezza della sua inviolabilità. Penso per esempio ai contratti che potrebbero essere stipulati in tempi molto più stretti e con costi molto inferiori a quelli attuali. Per dire, ho usato una blockchain per implementare un sistema sicuro, affidabile e incontestabile per il salvataggio permanente dei voti in una piattaforma di voto online”.
Donato Apollonio, ingegnere informatico, responsabile nazionale della gestione dati del Partito Democratico.