Firenze – 19 febbraio 1911, le cronache dell’epoca ci parlano di un primo incontro tra l’Anconitana e i marinai del piroscafo Britannia che si conclude con un pareggio, ma la fondazione della squadra sotto il nome di Unione Sportiva Anconitana risalirebbe a marzo del 1905, in un magazzino del Teatro delle Muse. Oltre cento anni di storia vissuti tra luci e ombre e l’esperienza di chi si è trovato a disputare quasi tutti i campionati FGC fino ai giorni nostri che la vede militare in Lega Pro. Nel giugno dello scorso anno l’ex sindaco di Ancona, Fiorello Gramillano è stato nominato presidente onorario ed è così iniziata la fase di transizione verso una società ad azionariato popolare che sarà garantita per tre anni dall’ex patron Andrea Marinelli.
Lo scorso 31 gennaio prima dell’incontro con il Pisa, la presentazione pubblica di questa nuova realtà che vede i tifosi protagonisti e proprietari della loro squadra, il primo caso in Italia.
Ne parliamo con Pippo Russo, che in qualità di sociologo e giornalista da anni segue da vicino le dinamiche del calcio, non solo dal punto di vista finanziario ma soprattutto come fenomeno sociale e che nell’occasione era relatore al convegno.
L’Unione Sportiva Ancona 1905 si basa su un modello di gestione, unico per ora in Italia, che prevede l’integrazione dei tifosi. Ci può spiegare da quali organi è composto e quali sono state le tappe del percorso attuato.
“L’esperienza di Ancona nasce nell’estate del 2010, dopo il fallimento e la scomparsa della società che aveva appena concluso il campionato di Serie B. Acquisendo il titolo sportivo di una società dilettantistica del circondario, il Piano San Lazzaro, la società è ripartita dal campionato d’Eccellenza. Determinante per ripartire è stato il ruolo dell’associazione dei tifosi Sosteniamolancona, che da allora è dentro la società: dapprima con un quota di minoranza, ma dotata di diritti speciali. Pian piano la squadra è risalita arrivando in Lega Pro, e nell’estate del 2015 è giunta un’altra svolta. Il proprietario uscente, Andrea Marinelli, decide di cedere la proprietà a Sosteniamolancona. Da quel momento l’US Ancona 1905 è il primo club professionistico italiano di proprietà dei tifosi”.
Qual’è stato il ruolo dei SinC, Supporter in campo, in questo processo e quale sarà il sostegno per il futuro?
“In termini formali SinC è nata nel 2013, dunque dopo che molte delle esperienze associative dei tifosi erano nate in giro per l’Italia. Ma dal punto di vista informale esiste dacché sono sorte le prime esperienze associative. Non si tratta di un’organizzazione verticistica, ma piuttosto di una struttura nazionale cui danno vita le associazioni dei tifosi per dotarsi di una rappresentanza ufficiale presso gli interlocutori esterni e perseguire degli indirizzi condivisi. Infatti SinC è guidato da un Consiglio di Coordinamento composto quasi esclusivamente da rappresentanti delle associazioni e parzialmente rinnovato in occasione di ogni assemblea generale annuale”.
Quali sono in Europa le esperienze più significative di Supporter Direct?
“Ci sono casi nazionali diversi. In Gran Bretagna l’esperienza dei Supporters Trust è stata molto sviluppata, mentre nei paesi iberici le esperienze di partecipazione associativa sono molto sviluppate. Esperienze associative forti si hanno in Germania e in Nord Europa, e più di recente se ne sono affacciate nei paesi dell’Europa mediterranea, come la Grecia. In generale, si può dire che non esista un modello vincente in assoluto, ma diverse esperienze locali che sono espressione delle specificità nazionali”.
Per l’Italia, quello dell’Ancona, rappresenta un caso pilota, mentre all’estero soprattutto nei grandi clubs iberici l’azionariato popolare si è affermato. Pensa che questo possa rappresentare un percorso per altre realtà calcistiche italiane? Quali ad esempio?
“Le esperienze sono già numerose, e questa è certamente la via per restituire delle condizioni di democrazia al calcio. Molte altre ne stanno nascendo, ma bisogna tenere conto delle differenze dimensionali. Chiaro che più ci si spinge verso le categorie superiori, più risulta difficile un controllo totale da parte dei tifosi per ovvie ragioni di dimensione economico-finanziaria. Ma difficile non significa impossibile, e magari in un futuro nemmeno lontano potrebbero esserci sorprese anche su questo versante”.
E il tessuto sociale, la città di Ancona come ha risposto e quale è il suo ruolo nel tempo per mantenere il risultato raggiunto.
“Sin qui abbastanza bene, ma è chiaro che con l’elevarsi del livello di sfida deve migliorare anche la risposta. E in questo la città deve essere sempre pronta a aiutare la sua società calcistica”.
Anche se si tratta di un fenomeno legato al calcio dilettanti, cosa ne pensa dell’esperienza del club fiorentino CSLebowski e in cosa differisce dal caso Ancona?
“Alla base delle due storie c’è l’esperienza comunitaria, e lo spirito di chi ha del calcio uno strumento per generare relazioni di comunità. Rimane il fatto che ogni esperienza vada presa a sé, e studiata nelle sue specificità”.
Foto: http://www.ancona1905.it/ by Cristiano Belfiore