Gianluca Grisolia
Ammettiamolo: un po’ tutti, alla cerimonia degli Academy Awards, lo avevano sperato, ma non era per nulla facile battere l’altro colosso in lizza per la statuetta. Eppure The Artist di Michel Hazanavicius ha davvero ottenuto l’ambito e meritatissimo Premio Oscar come miglior film, strappando così la vittoria al (pur) pregevole Hugo Cabret di Martin Scorsese. E, a dirla tutta, è stata una delle assegnazioni più condivisibili mai prese dalla kermesse cinematografica statunitense.
Già quando era giunta da noi, lo scorso dicembre, questa meravigliosa pellicola aveva colpito l’attenzione di critica e pubblico per il suo delicato lirismo. La finta biografia dell’attore di punta del cinema muto George Valentin, ritratto nella sua parabola dal successo fino al più deprimente declino professionale (causato dall’avvento inarrestabile del sonoro), per di più alle prese con una storia d’amore tormentata, ha scelto una via originale ed interessantissima, presentandosi agli spettatori anch’essa come un film muto e in bianco e nero, con tanto di dialoghi scritti e montaggio tipicamente anni ’20.
La mimica e la fisicità di Jean Dujardin e del suo fenomenale cane, nonché di tutti i bravissimi attori coinvolti (tra gli altri John Goodman, James Cromwell, Malcolm McDowell e Bérénice Bejo), si mettono egregiamente al servizio di questo piacevole esperimento cinematografico, che riserva anche più di una sorpresa di regia – si pensi, in primis, al sogno “sonoro” del protagonista, splendido paradosso narrativo e stilistico in un contesto come quello scelto per The Artist -.
In definitiva un film splendido e commovente, che ha ben meritato i suoi 5 Academy Award – miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista, miglior colonna sonora e migliori costumi – e che si spera possa ora ricevere una maggiore visibilità di quella concessagli fugacemente al cinema un paio di mesi fa.