Televisione, per il neuroscienziato Desmurget equivale a lobotomia

Parigi – Per il neuroscienziato francese Michel Desmurget, la televisione equivale a lobotomia, sia che uno guardi programmi “intelligenti” che quelli a contenuto culturale zero. Anzi arriva anche a dire che la “televisione ci costa quasi tre anni di speranza di vita”. A suo avviso é al di là di una dose quotidiana di 30 minuti e non delle due ore spesso citate da specialisti, che la tv provoca una panoplia di danni.

“Credo che ormai non vi è più nessun specialista onesto che dubiti del ruolo estremamente deleterio della tv sulla salute” ha dichiarato al quotidiano Le Figaro il neuroscienziato, direttore della ricerca dell’Inserm, l’istituto francese per la salute e la ricerca medica.

“Bambini e adolescenti sono particolarmente vulnerabili in quanto sono nell’età in cui il cervello si sviluppa, in cui si forma la personalità , in cui si costruisce l’intelligenza, in cui emerge la curiosità”. Cioè nell’età in cui meglio si nutrono i neuroni meglio si cresce. ”Decine di anni di ricerca” dimostrano come la televisione offra chance di sviluppo estremamente povero, a cominciare dal linguaggio che nei programmi audiovisivi di prima serata ha una complessità inferiore a quella dei libri della scuola materna.

Tra i rischi enumerati da Desmurget sono quelli legati ai “contenuti”, dalle immagini “estremamente positive” che veicolano nel settore della famiglia dei comportamenti a rischio, come l’alcolismo, il tabagismo, i problemi  legati all’alimentazione. La pubblicità di prodotti alimentari grassi o ultra zuccherati sono, dice, il fattore essenziale dell’obesità infantile, più della sedentarietà. Sul banco di accusa sono chiaramente i reality, con le loro “invettive analfabete” , l’ossessione per l’apparenza e il continuo scambio di partner senza “rete” che influenzano il modo in cui gli spettatori, soprattutto se adolescenti, si rappresentano il mondo.

I programmi” intelligenti” non sfuggono anche loro alle critiche del neuroscienziato francese: se è vero che non “rincretiniscono” come i reality, non rendono più intelligenti. Molto meglio, dice, leggere un libro, imparare a suonare uno strumento, iscriversi a un corso di teatro o di danza o svolgere un’attività fisica.

Che fare allora? A suo avviso prima di tutto sarebbero necessarie leggi che regolino la pubblicità scandita attorno ai programmi per i giovani. Poi sarebbe opportuno che genitori, cittadini e legislatori siano meglio informati: le overdose di tv generano difficoltà di linguaggio, emotive, sociali e scolastiche e hanno un impatto negativo sul sonno, un prezzo che pagano bambini e adolescenti, in particolare, sottolinea , quelli dei ceti meno favoriti.

Foto: http://www.centrostudipierpaolopasolinicasarsa.it/molteniblog/da-ppp-a-guy-debord-analisi-della-societa-dello-spettacolo/

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