Sul ponte sventola bandiera bianca

oshoL’indescrivibile scemenzaio germinato dalle pseudo-riflessioni morali su Roma in seguito allo sfarzoso e osceno funerale dei Casamonica ha toccato il suo acme nelle banalissime descrizioni degli inestricabili intrecci da quelle parti capitali tra interessi vaticani e affari socio-politici. Come a dire irrisolto, nonostante la sua stagionatura plurisecolare, il braccio di ferro, diventato un andare a braccetto, tra potere spirituale e potere temporale. Quindi resterebbe bisvalido l’adagio latino Omnia Romae cum pretio, di Giovenale. A Roma tutto è comprabile.

Non che non esistano e giganteschi questi denunciati problemi ma basterebbe ricordare a questi scolaretti svogliati, un po’ ignoranti e un po’ in malafede (o un mix di entrambi), che parificano (generalmente verso il basso) potendoselo permettere ogni cultura e ogni credo, che noi siamo ancora di fatto ciò che resta del più grande e organizzato Impero che la storia dell’uomo abbia mai conosciuto. Quello Romano appunto (espansosi con la forza è ovvio ma la morale di 2mila anni fa nel frattempo si è aggiornata). E che laddove i Cesari o chi per loro hanno governato e su di loro la nascente e vincente professione cristiana sulle religioni pagane, in quelle zone del mondo (semplifichiamo per facilità di lettura si intende) sono nati sviluppo e democrazia. Oltre ad aver elargito al globo un tesoro d’arte e cultura che da solo rappresenta più o meno la metà di quello conosciuto.

Questi eterni (come la Città che deprecano ahinoi) piagnoni elogiatori delle istanze altrui non fanno invece una piega di fronte allo scempio che avviene da decenni ad opera di bestie antropomorfe sedicenti islamiche, delle più antiche comunità cristiane del Medio Oriente e di siti archeologici patrimonio dell’umanità. Ultimo quello di Palmira; scempio davanti al quale solo chi non è mai stati da quelle parti può non sentirsi irreparabilmente toccato. Una perdita che rappresenta probabilmente la vicenda più importante nella sua drammaticità avvenuta a cavallo tra il secondo e il terzo millennio dopo Cristo.

Una sorta di miscela, implosiva ancor più che esplosiva, di cattosociologismo oltre conciliare e buddismo de ‘noantri alla guisa occidentale (ovvero sbandierato con portafoglio rigonfio e del tutto lontano da pratiche e usanze antiche e originali) ottenebra una fetta (numericamente scarsina ma intellettualmente ancora con una certa influenza) dell’opinione pubblica anche dalle nostre parti. E al loro zenit tracannano un indigesto cocktail di giustificazionismo e menefreghismo.

Il tutto malcelato da laicità di facciata per nascondere bigottismo sostanziale, braccia fiacche, pance vegane e menti ondivaghe e relativismo etico per applicare nei comportamenti la doppia morale. Deprecare quello che fanno gli altri. Ritenersi nel giusto aprioristicamente per presunta volontà divina o consunta energia universale.

P.S.

Laddove si invita alla lettura de “L’arte della resa. Storia della capitolazione” di Holger Afflerbach

 

 

 

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