Sollicciano, cimici e oltre 42° perpetui sotto un cielo fatto di rifiuti

Firenze – Il caldo di un’estate impazzita porta a Sollicciano i suoi oltre 42°, in celle arroventate come i cunicoli dell’inferno. Non si dorme nè di giorno ne’ di notte, e quando i detenuti alzano la maglietta si vedono i morsi delle cimici che aggiungono dolore al dolore. Fine pena mai, per questa umanità abbandonata a se stessa, senza neppure la speranza che domani potrebbe essere un giorno migliore. Sempre uguale, così, giorno dopo giorno, notte dopo notte. Non si regge nè fisicamente, nè pscologicamente, salgono i casi di disturbi mentali, quelli di malori, l’autolesionismo arriva ad almeno due episodi al giorno. Nel carcere ci si aggrappa alle pasticche che arrivano dal carrello dei medicinali, che rilasciano “pillole della felicità” sotto forma di psicofarmaci leggeri o qualsiasi altro ritrovato che possa intontire, calmare, rendere accettabile per qualche ora l’inferno quotidiano. Non stiamo parlando di un carcere di un qualsiasi paese senza tutele democratiche, dove il concetto di pena è rimasto punitivo tout court. Stiamo parlando di Sollicciano, alle porte di Firenze, città principe per quanto riguarda l’arte e la cultura, culla dell’Umanesimo e dei diritti civili e politici. Si sta parlando di quella cittadella chiusa in se stessa dove ogni giorno è testimonianza di come sia semplice, facile, cancellare il concetto stesso di umanità.

A farsi testimone di una situazione che ormai da anni si ripete identica a se stessa, questa sì pena senza fine, sono tre persone. Il cappellano del carcere, don Vincenzo Russo, l’esponente di Progetto Firenze Massimo Lensi, radicale con decenni di battaglie contro ciò che il sistema carcere in Italia riserva ai detenuti, e il consigliere del gruppo Sinistra Progetto Comune Dmitrij Palagi, che porterà la terribile realtà di Sollicciano, con un question time, lunedì prossimo in consiglio comunale. Affinchè la politica sappia e soprattutto risponda.

Da sinistra: don Vincenzo Russo, Massimo Lensi, Dmitrij Palagi

“In questo periodo dell’anno si va incontro fatalmente a tutta una serie di eventi che testimoniano come il carcere esasperi i disagi – dice Lensi, che da 25 anni segue Sollicciano – a cominciare dall’autolesionismo (ricordo che nel 2021 il carcere fiorentino ha registrato oltre 700 casi di autolesionismo ufficiali), che vede molti episodi concentrarsi nel periodo del grande caldo. Si faccia conto che all’ultimo piano di Sollicciano non solo si raggiungono temperature inaudite, ma non c’è mai tregua, neppure di notte, quando si vedono persone mettere l’asciugamano per terra per tentare di dormire lì sopra, preferendo l’asciugamano ai materassi intrisi di sudore nel giro di pochi minuti. Tutto si amplifica. La situazione dentro il carcere in questo momento non solo è catastrofica, ma necessita di un’attenzione urgente da parte della città, delle istituzioni e delle competenze preposte. Mi rivolgo al Garante regionale dei detenuti Giuseppe Fanfani, affinché, in queste ore di emergenza per tutti noi, una particolare attenzione venga rivolta alle condizioni del carcere. Un dato importante riguarda lo stato di salute della popolazione carceraria toscana secondo l’ultimo rapporto dell’agenzia regionale di sanità pubblicato qualche settimana fa, l’aumento dei disturbi psichici all’interno del carcere di Sollicciano è arrivato fino al 49,2% della popolazione carceraria. E’ un dato altissimo, perché poi il disagio psichico come si realizza all’interno del carcere, e come viene trattato, a livello preventivo? Sappiamo che all’interno di Sollicciano esiste una sezione speciale, ATSM, ovvero Articolazione per la Tutela della Salute Mentale, ma cosa può fare una sezione per la salute mentale, che altro non è che un “repartino” come si chiamava negli anni ’70, per attenuare questo fenomeno?”.

In realtà, il problema della salute mentale dei detenuti non era sfuggito alle istituzioni, tant’è vero che esiste una sentenza della Corte Costituzionale, la sentenza n.99, che parla di “domiciliari umanitari”, come spiega Lensi, “domiciliari in deroga”. Il carico deve essere preso dalla Regione Toscana, “per tutti coloro che hanno un disagio psichico accertato”.

“Quindi vanno portati fuori dal carcere – continua Lensi – quanto parole si sono spese, in questi giorni, anche sbagliate, nell’indicare la riforma Cartabia e le pene alternative per uscire dal carcere fino a 4 anni. Questa misura è presente nel nostro ordinamento, in un decreto legislativo di 4 anni fa. Tutto è realto, ha una sua dimensione in cui, ciò che denucnio, è la mancanza di un tavolo comune che affronti il problema carcere, nella fattispecie i carcere di Sollicciano, dal punto di vista della collaboraizone e del ccordinamento fra tutti gli enti che hanno competenza in merito, dalla magistratura di sorveglianza, alla Prefettura, al Comune di Firenze alla Regione”.

Problemi  molteplici, annosi, sempre irrisolti e sempre più gravi. “Possiamo parlare di vari aspetti  – spiega il cappellano di Sollicciano don Vincenzo Russo – da quella dell’attività della cucina, alla tossicodipendenza che cresce sempre di più, della malattia mentale, sono solo alcuni degli aspetti che vanno considerati. E a sfondo di ogni cosa il caldo, il caldo torrido, non si respira. Possiamo parlare dell’igiene anche nelle aree comuni, come i passeggi, dove c’è un ammasso di sporco, le reti sopra la testa dei detenuti raccolgono l’intonaco che si stacca, le deiezioni dei piccioni, i piccioni morti e vivi, tutti i rifiuti possibili, costituendo una sorta di raccolta dei rifiuti. La presenza di cimici è un fatto molto grave, perché è una forma di tortura, convivere con le cimici comporta per molti grattarsi a sangue. Tutto questo, in una città come Firenze, è inaccettabile, ci si può e ci si deve aspettare qualcosa di più, un’attenzione maggiore. Apriamo il carcere alla città: la partnership in corso fra a direzione del carcere di Sollicciano e gli Uffizi all’interno del percorso degli Uffizi Diffusi, mi danno la speranza che entrino osservatori attenti, che sappiano davvero ricercare all’interno quali sono le tele più importanti, che sono quelle richiuse nelle celle, coperti di ragnatele, di cimici, di scarafaggi”.

“Ci sono tantissimi tossicodipendenti – continua il cappellano del carcere – la tossicodipendenza prevede che ci sia anche un programma riabilitativo. Ma come si fa a mettere in atto un programma riabilitativo quando gli educatori sono 4-5, gli psicologi 2-3, a fronte di una marea di detenuti?  Penso ci sia un’ipocrisia di fondo. Perché il detenuto viene abbandonato così, senza poi parlare di chi diventa tossicodipendente in carcere. Dentro il carcere c’è spaccio di dorga, gira la droga, e questo va detto, come mai non si deve dire? Un altro elemento che lascia perplessi è quando si viene a sapere che la nuova cucina da poco inaugurata, è stata chiusa perché e mattonelle sono saltate tutte perché c’erano perdite di gas. Perché queste cose non vengono considerate? Perché non viene considerato il fatto che i carrelli che ortano il cibo sono carrelli fuori norma, a volte senza neanche i coperchi? Non c’è il rispetto delle normative. Si possono raccontare tantissime di queste cose. Ad esempio, dopo il terremoto è stata messa tutta la cartellonistica, prima assente, e le zone di raccolta dove dovrebbero andare i detenuti sono i passeggi. Se capita durante la notte, le chiavi per scendere giù ai passeggi non sono vicine, sono da tutta un’altra parte. Ma il terremoto non aspetta”. altri due punti tocca don russo.  da un lato, la conformazione stessa del carcere, tutto orizzonatle che conduce a spostamenti che possono essere compiuti solo con le guardie carcerarie, e spesso queste non ci sono per problemi di organico,  e l’altro, la composizione sociale delle persone in carcere. “In carcere non ci sono i mafosi – dice – che sono una piccola percentuale rispetto all’intera popolazione, ci sono i poveri. Tantissimi immigrati, che scono dai circuiti di accoglienza e vengono mess in strada. L’unica fonte di guadagno e di sopravvivenza è quella dello spaccio. Firenze è piena di spaccio . Accogliamo tantissimi ragazzi, minori non accompagnati, ma quali sono i percorsi che presentiamo a questi ragazzi? Quelli della strada. Quanti e quali investimenti si fanno su questi ragazzi affinché diventino il futuro della città? Pochissimi”.

Se questa è la situazione, da dove partire? “Intanto dall’igiene – risponde don Russo – dare ai detenuti la possibilità di vivere una normalità. Non la stanno vivendo: ci sono più di 44 etnie, col risultato che diventa uno scontro fra di esse, diventa ancora più difficile la convivenza. E’ necessaria maggiore attenzione, occorre un investimento su queste persone”.

Dmitrij Palagi, consigliere di Spc, non ha dubbi: è necessario portare Sollicciano in consiglio comunale. “Lunedì pretenderemo dalla Giunta delle risposte, perché il tema del carcere non può essere all’ordine del giorno solo quando si registrano dei casi estremi o degli incidenti, e quando c’è clamore. Quella descritta da Don Russo e da Massimo Lensi è una situazione insostenibile, che parla della mancanza di diritti e dignità delle persone detenute, bisogna che il Comune di Firenze si faccia carico di questa situazione, che ne possa parlare tutto il consiglio comunale. Prima della pandemia il sindaco aveva parlato di una nuova struttura carceraria. Questa politica degli annunci, della relazione con i ministeri non serve assolutamente a niente. C’è un rapporto quotidiano che la città deve ricostruire con una parte del suo tessuto urbano che è l’istituto penitenziario di Sollicciano, su cui pretenderemo delle risposte. Vogliamo che ciò che oggi è stato denunciato possa essere ascoltato da tutto il consiglio comunale e che il garante dei detenuti del Comune di Firenze col garante regionale ci rendano conto di quella che è la situazione. Abbiamo posto un question time alla giunta, per sapere se si stanno predispponendo delle soluzioni circa questa emergenza”.

 

 

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