Un consiglio: mettetevi comodi, voi che (come noi) non siete mai appartenuti a nessuna chiesa ideologica e godetevi lo spettacolo. Ancor prima dello “spettacolo”, quello in carne e ossa che vedrà al Campovolo di Reggio (Rcf Arena per dirla oggi noblesse oblige) la presenza del rapper americano Kanye West, reo di aver recentemente sparato minchiate a proposito di presunti lati positivi di Hitler. Ma anche di essere sostanzialmente il figlio di Dio tra le altre amenità, per non dir puttanate, di cui va cianciando l’ignorantone a stelle e strisce. Il pre-show di cui si accennava all’inizio, è rappresentato dall’improvvisa vis eccepente, propensioni alla sottigliezza, desiderio di raffinati distinguo di una parte dell’intellighenzia locale , la stessa che fino a ieri si caratterizzava per le sbracate alla Mario Brega a proposito dell’appartenenza senza se e senza ma ad una ben precisa area politica “Io so’ comunista così!” e giù di doppio pugno chiuso, sinistro-destro.
Per farla breve, corre sui social ma non solo, propalata da commensali seriali delle pastasciuttate antifasciste, la linea della finezza ritrovata, la distinzione filosofica ancor prima che pratica, tra etica ed estetica, a livelli talmente ricercati che manco Luigi Pareyson. Visto che l’ennesimo concertone che tira, ospitante appunto l’americano filonazi a parole, è opera di quelli dell’Rcf Arena, tra i cui partners spiccano Comune di Reggio e Regione Emilia Romagna ed al cui interno è allocato l’Iren Green Park, ecco che come per miracolo le falangi in altri casi assai più compatte, vanno un po’ in ordine sparso. Quelli più anziani dell’Anpi sventolino pure le loro sdrucite bandiere partigiane che c’è gente, più giovane, che tiene famiglia e deve pur sempre lavorare. Ed ecco che il dibattito diventa assai più argomentativo.
Noi di 7per24 in realtà ci picchiamo da sempre di essere portatori sani dei liberi principi della dialettica e guardiamo dunque con rinnovata fiducia all’improvvisa conversione liberale di alcuni importanti esponenti della storiografia locale, così solerti nel “non dimenticare”, che si scordano però, ad esempio, sistematicamente dell’11 settembre americano. Bene, una boccata d’ossigeno in questa città che ha impiegato un anno e mezzo a portare in piazza una bandiera ucraina, che celebra ai Chiostri con una certa nostalgia i 40 anni dei Cccp (la mostra è comunque ben allestita assai) lagrimando amarcord davanti ai pezzi del Muro, che non ha mandato nessun esponente dell’amministrazione al sit-in pro Israele dopo il massacro di 1200 civili (con bimbi sgozzati nei loro lettini) a mo’ di Shoah minore, le cui femministe stazionano in protesta permanente sotto il Giglio per il caso Portanova ma che restano in silenzio davanti alle giovani israeliane rapire, stuprate ed ammazzate dai terroristi di Hamas, solo per snocciolare gli ultimi contesti.
A maggior ragione mettiamoci comodi in poltrona coi popcorn a “scrollare” (si dice così?) velocemente la ridda dei ritrovati distinguo prima che le fila si ricompattino e godiamoci lo spettacolo d’arte varia delle arrampicate una tantum sugli specchi.
Nelle foto: Allauh akbar sotto il Duomo di Reggio, sotto il sit-in in piazza a Reggio di +Europa, Italia Viva e Socialisti, senza nessun esponente dell’amministrazione, da ultimo la facciata del Municipio di Milano con la bandiera israeliana e quella della pace