Firenze – Le peggiori previsioni, da mesi lanciate dai sindacati inquilini, si stanno avverando: in aumento veloce sono i casi di famiglie che, con la riattivazione delle procedure di sfratto, rischiano di trovarsi da un giorno all’altro con la forza pubblica alla porta.
“Essendo per la maggior parte situazioni che si sono concretizzate con la pandemia, si tratta perlopiù di persone che hanno perso il lavoro in questi due terribili anni, oppure sono state poste in cassa integrazione, con la conseguenza di nn riuscire più ad onorare il canone. Alcuni di loro hanno già ripreso a lavorare, ma, a fronte dello sfratto ormai maturato (ricordiamo che la sospensione non ha fermato il procedimento) non riesce a trovare alternative autonomamente – spiega Laura Grandi, segretaria regionale del Sunia – il problema è sempre il solito: quando a Firenze per 40 metri quadri di alloggio s continuano a chiedere canoni che vanno dai 600 ai 650 euro, com’è possibile, per una famiglia media, riuscire a affittare nuovamente casa?”.
In crisi anche lo strumento dell’emergenza utilizzato dal Comune di Firenze. “La categoria dell’emergenza purtroppo si sta rivelando del tutto inadeguta a queste nuove situazioni, nuove ma previste da tempo, in quanto prima di entrare nella riserva dell’emergenza, il Comune richiede ai cittadin di possedere la notifica dell’esecuzione con forza pubblica. Richiesta che, dal momento che ad oggi le esecuzioni si stanno fissando da un mese all’altro, non consente in nessun modo di gestire la situaizone, mancando addirittura i margini temporali per cercare soluzioni prima che la famiglia si trovi per strada”. .
I numeri sono pesantissimi: dal Tribunale di Firenze giunge la notizia che vengono convalidati 60 sfratti a settimana. Il che significa che, fra le procedure giunte a termine in questi due anni, quelle maturate e quelle in maturazione, lo tsunami dell’emergenza casa sta per riassumere tutta la sua forza travolgente. Insomma, il rischio è di tornare all’annus horribilis del 2018, in cui si arrivò a circa 300 sfratti al mese. E il 31 marzo scade anche il blocco dei licenziamenti.
Il problema, come spiega Grandi, ha molte teste, come l’Idra di Lerna. Una di queste, è la mancaza assoluta di alternativa per le famiglie, anche quelle che non si sono mai trovate nel circuito dell’assistenza pupbblica, in quanto stipendi bassi e provati dalla pandemia, non consentono di affittare sul mercato privato. Ma anche lo strumento dell’emergenza zoppica, persino nel suo funzionamento fisico: basti pensare, spiega Grandi, “che lo sportello del Comune dedicato è aperto una volta alla settimana” a fronte di un richiesta che centuplica. E che non si riesce neppure a cogliere in tutta la sua interezza, dal momento che spesso, proprio er il fatto che si tratta di gente che non ha mai avuto necessità di ricorrere ad aiuti sociali, neppure si pone il problema di andare a sentire se possono accedere ad aiuti. E rimangono invisibili, abbandonati nella loro solitudine piena di disperazione.
“Vanno dunque anche cambiate le modalità con ci il Comune affronta il problema abitativo – continua Grandi – questa è gente che necessariamente ricade sotto l’assistenza del pubblico, in quanto non c’è soluzione, da soli non possono trovare alternative”.
Ma l’agenzia sociale per la casa quanti casi ha risolto finora? “Piacerebbe saperlo anche a noi – conclude la segretaria regionale del Sunia – perché anche sulla base dei casi risolti, in un mmento come questo, si potrebbe testare la validità di uno strumento che dovrebbe nascere proprio in funzione di face sociali come quella più sotto tiro in questo momento storico. Ma i numeri bisogna chiederli a chi li ha”.
Cpertina, foto d’archivio