Premetto: io le partite di calcio di serie A le interromperei subito. Ma proprio prima che comincino, prima dell’arrivo dei tifosi allo stadio. Non certo per quello che fanno gli ultras in curva. Del resto signori, se il calcio non è uno sport per signorine, non lo è nemmeno fare il tifoso di professione. Vuoi vedere gli stadi pieni? Ti becchi anche tafferugli, sassaiole e insulti. Già, insulti. Caso nazionale e interrogazioni parlamentari, procure che indagano perché dei tifosi dicono negro a un calciatore di colore vagamente scuro. Inammissibile. Va bene devastare le città, va bene impiegare inutilmente ogni domenica centinaia di poliziotti e relativi soldi dei contribuenti che preferiscono guardare il curling, vanno bene le risse, i razzi sparati in faccia, i carabinieri all’ospedale, vanno bene i calciatori professionisti che passano 90 minuti a fare sceneggiate meroliane per far sbagliare l’arbitro, per poi passare tutta la settimana successiva ad insultarlo perché ha sbagliato. Va bene tutto, il calcio è così, ma negro a uno di colore NO! Ecchediamine! Che razza di esempio diamo ai giovani. Devastare e insultarsi, ma rispettando le culture perbacco! Che poi non capisco quali insulti siano sdoganabili e quali no. Il grande Franchigia Baresi, in qualsiasi stadio si trovasse a zompettare (persino il meazza) veniva subissato di epiteti concernenti le abitudini suinoerotiche della moglie. Il povero libero è finito in lacrime tra le braccia di Arrigo Sacchi, senza ormai un capello (Baresi non Sacchi, lui ne è sprovvisto dalla nascita). Il pingue Maradona veniva deriso per la sua prominente epa (rotolo de coppa) ed è finito drogato in una clinica per recupero afflitti dalle sostanze stupefacenti e dalle magliette di Che Guevara (XXXL). Il diversamente avvenente Ribery viene dileggiato per un solco lungo il viso come una specie di sorriso. Certo insultando un uomo di colore si colpiscono milioni di persone, ma insultando un cornuto se ne colpiscono molte di più. I cornuti in sovrappeso poi…
D’accordo, d’accordo è un fatto di cultura. La storia ci insegna: schiavismo, discriminazioni razziali, genocidi. Non dimentichiamo però che in curva non ci sono docenti di storia comparata alla Sorbona. Sono tifosi, che, apoteosi della coerenza, sostengono squadre zeppe di giocatori di qualsiasi colore manco fosse un maglificio di Benetton. Iperbole dell’apoteosi: uno dei tifosi condannato qualche anno fa per insulti razziali aveva dei bambini africani adottati a distanza. Il tifo non esprime ideologie razziste, vuole solo insultare. Concetto bislacco, ne convengo, ma la stessa società (civile, non sportiva) che ora condanna queste cose ha sempre accettato come endemici atteggiamenti ben peggiori. E’ sempre valso anche il simpatico “devi morire”. La cultura dell’odio fino alla morte sì, ma l’intolleranza razziale no? Allora che cosa si fa? Creiamo un bel decalogo dell’insulto. Negro non va bene perché non rispetti le diversità razziali, quindi ditegli “sei uno stronzo ma rispetto molto i fratelli africani, peace”.
Ma c’è davvero qualcuno che pensa che queste cose creino una cultura di intolleranza? Un gruppo di persone che si infila in uno stadio con il premeditato quanto psicopatico intento di insultare atleti perché hanno la disdicevole intenzione di spingere una palla dentro la loro sacra porta, manco fosse la natura delle relative consorti. O a minacciare, pestare e ammazzare coetanei, non perché mussulmani o ebrei, non perché comunisti o fascisti, non perché neri o verdi, ma perché sono supporter della Pro Vercelli. E li condanniamo perché dicono negro a uno di colore?
E i politici, le istituzioni sportive, i giornalisti dicono che bisogna fare qualcosa. Non sia mai che queste tifoserie finiscano per dare un cattivo esempio ai giovani. A loro non interessa niente della razza, interessa trovare il punto più sensibile per fare male, insultando. Ed è il fatto stesso che accettiamo da sempre questa cultura di guerriglia che dovrebbe far riflettere. Volete fare qualcosa? Chiudete gli stadi, tanto c’è sky, tanto ci sono le card piratate. Se no lasciate libero sfogo a questo circo da antica roma. Se si fermano solo gli insulti ai calciatori di colore, Baresi, Maradona e Ribery ci rimangono male.
Razzismo ovvero tendenza a lanciare razzi
Si ripresenta il caso negli stadi: l’humus dell’ignoranza