Firenze – Una valanga economica, sociale, esistenziale. E’ la stessa Caritas che oggi, 18 febbraio, nel corso della presentazione del Rapporto 2022 sulle povertà ” Fatti di prossimità, fatti di Vangelo”, ha parlato in questi termini dell’incremento del disagio socio economico nella popolazione della regione. I numeri: 28.467 le persone che, tra settembre 2020 e aprile 2021, hanno chiesto l’aiuto dei servizi delle diocesi della Toscana, il 47,4% in più rispetto ai 19.310 dei nove mesi precedenti. Il monitoraggio di nove mesi delle Caritas ha visto 7.139 famiglie che si sono rivolte, per la prima volta nella loro vita, a un centro d’ascolto. Si tratta dei nuovi poveri, un campo che rappreseta un quarto del totale, cui vanno sommati i 7.351 nuclei che si sono rivolti alle strutture di assistenza, per la prima volta, fra gennaio e agosto del 2020.
“Più che a un’attenuazione dei processi d’impoverimento, siamo di fronte ad un effetto cumulo – ha spiegato Francesco Paletti, curatore del rapporto – le nuove povertà del periodo precedente, infatti, sono diventate povertà conosciute in quello successivo e a questi si sono sommati i nuovi ospiti”. Altri numeri danno un quadro in cui, se si conferma che le donne prevalgono sugli uomini, 54,4 contro 45,6%, siamo all’incidenza più bassa mai riscontrata dalle Caritas toscane per quanto riguarda i migranti, che, pur mantenendo il triste primato sugli italiani, 58,7%, vedono ridursi il margine fra i due gruppi. Analizzando invece i dati per territori, emerge l’onda pandemica sembra abbia picchiato più duro nella Toscana centrale, dove l’incidenza delle nuove povertà è pari al 33%, contro il 21, 6% della Toscana settentrionale e il 17,1% di quella meridionale.
Quanto alla composizione sociale, a cadere nella condizione della povertà sono soprattutto lavoratori precari, grigi o al nero. Ma non solo precari: rientrano anche i lavoratori autonomi e in generale, tutti i lavoratori che non sono coperti, o non lo sono abbastnza, dagli ammortizzatori sociali, ordinari o emergenziali, impiegato nei settori che più hanno sofferto dei blocchi e delle restrizioni necessarie per contenere la pandemia. Ed è il lavoro, la chiave di volta delle preoccupazioni delle famiglie, in particolare quello femminile e quello che riguarda i giovani, messi sotto scacco sia per la mancanza di opportunità occupazionali, sia per il disagio psico-sociale, che, infine, per la povertà educativa.
Povertà educativa oggetto di una ricerca specifica da parte della Caritas. Stesa in collaborazione con gli uffici scolastici di tutte le diocesi della regione, col coinvolgimento di 581 insegnanti di religione di quasi tutta la Toscana, la ricerca fa emergere dati allarmanti: il 69% dei docenti intervistati ritiene che la pandemia abbia aumentato in modo significativo le disuguaglianze fra gli studenti toscani, con un dato che per le scuole superiori arriva al 76%. Fra le cause, l’incremento delle povertà familiari (54%) che si concretizza con le difficoltà nell’accesso ai dispositivi informatici (50,6). Una situazione che aumenta, accentua e solidifica le disuguaglianze all’accesso del sapere, disuguaglianze esacerbate, complici le restrizioni, dalla riduzione degli stimoli esterni alla scuola (43%); un climax che conduce naturalmente all’aumento del rischio di esclusione dei soggetti più fragili (48%).
Infine, fra studenti che hanno cambiato i loro progetti di studi, un allarme è particolarmente grave, ovvero, nel 36% di studenti che ha detto di aver rinunciato all’iscrizione all’università per entrare prima nel mondo del lavoro, quel 31% che valuta di lasciare la scuola e andare a lavorare per aiutare la famiglia in difficoltà. Logiche cui si pensava di non dovere più tornare.
“La pandemia ha messo in luce un sistema malato: le povertà che sono cresciute durante e a causa della crisi sanitaria, sono in gran parte eredità del passato e hanno radici nella crisi economica, sociale e politica degli anni precedenti. La cura, quindi, delle attuali patologie deve essere strutturale oppure sarà solo terapia palliativa – ha detto monsignor Roberto Filippini, vescovo incaricato Cet per le Caritas della Toscana – il ruolo delle Caritas sarà allora quello profetico di chi osserva con lucidità, discerne, segnala i disagi e le sofferenze, indica percorsi e prospettive. Non potremo certo disinteressarci del Pnrr e delle formidabili occasioni che potrebbe riservare. Al riguardo auspichiamo che il lavoro di rete, fortemente voluto dalle opportunità di co-programmazione e co-progettazione previste dalla legge, diventi sempre più stile comune e condiviso, sia a livello civile che ecclesiale”.
“L’esperienza della pandemia deve aiutarci a costruire un sistema di welfare sempre più in grado di intervenire anche al di fuori del contesto emergenziale, in grado di prendersi stabilmente cura delle persone, soprattutto di quelle più fragili: anziani, persone con disabilità, giovani, donne”. Lo ha detto l’assessora regionale alle politiche sociali Serena Spinelli intervenendo alla presentazione del rapporto della Caritas Toscana sulle povertà.
Per l’assessora le condizioni di povertà “vanno contrastate anche costruendo nuove basi per la prevenzione e l’emersione dalla povertà. Solo così potremo uscire davvero e in modo migliore da questa durissima fase”.
“Da queste analisi – ha concluso Spinelli – emerge chiaramente come il sistema del welfare sia attualmente troppo fragile sotto il profilo dei diritti e debba quindi irrobustirsi nella sua struttura, anche in senso comunitario e attivando tutte le energie che ne fanno parte, diventare uno strumento di presa in cura complessiva dei bisogni delle persone, di tutela della dignità e della qualità della vita a tutto tondo.
Per farlo occorre lavorare in rete, mettere insieme tutte le forze. In Toscana questo accade da tempo con tante realtà come la Caritas. Per uscire davvero dalla pandemia, ripartendo dalla lotta alle disuguaglianze e con nuove base di coesione e inclusione sociale è necessario farlo ancora di più”.