Andrea Canova intervista Marcello Grassi
Interviste che intendono far conoscere qualcuno a qualcun altro, come se due sconosciuti si incontrassero per la prima volta.
L’intervistato ha la più assoluta libertà di dire o non dire ciò che vuole di sé stesso.
In queste interviste non si cerca il clamore, il gossip, lo shock.
Si tratta di interviste scritte dall’intervistato, dunque non orali, per ovviare al brutto costume italiano di “modificare” il detto dell’intervistato, a volte con scopi non ben chiari, o fin troppo.
L’inizio mi pare quello di un colloquio professionale (sorriso). Lasciamo in pace l’ego, le mie fotografie raccontano già tanto.
– Che tipo di formazione hai? Studi, letture, mentori.
A livello di studio ho una formazione tecnica, parziale. In fotografia, il mentore principale è stato mio padre Corrado, che non c’è più. Grazie a lui ho avuto la possibilità fin da piccolo di avvicinarmi alla fotografia, di avere già a 12/13 anni l’accesso ad una camera oscura. Verso la fine degli anni settanta ho iniziato un faticoso percorso di acquisizione di informazioni che è servito a sviluppare il mio genotipo attraverso l’acquisto di volumi fotografici, la frequentazione della nostra Biblioteca Panizzi – per fortuna già fornita di un reparto dedicato alla fotografia – la visita ad esposizioni in gallerie e musei, la lettura delle riviste di fotografia dell’epoca che erano più dedicate alla cultura fotografica che alla tecnica, il tutto condiviso e approfondito con una ristretta cerchia di amici che ancora oggi frequento. Ho così conosciuto e mi hanno influenzato Ralph Gibson (il nero) Herbert List (la luce) Robert Mapplethorpe (il corpo). Nel 1985 è uscito in Italia ‘Il tempo grande scultore’ di Marguerite Yourcenar ed è stata una rivelazione che ha coinciso con la visita ad alcune esposizioni in programma per l’anno degli Etruschi in varie località, strettamente legate alla storia della civiltà etrusca ed ha così avuto inizio il mio percorso fotografico legato al tema dell’archeologia.
Sono un divoratore di libri, leggo in continuazione e non solo di arte e fotografia. Mi ha sempre affascinato la letteratura di lingua francese tradotta e non. Possiedo una discreta collezione di libri fotografici, preziosi, aumentata negli anni a dismisura, al limite dell’espulsione.
– Come ben sai la poetica di un’artista consiste delle riflessioni sul proprio fare arte da parte dell’artista stesso. In questo senso, qual è la poetica del fotografo Marcello Grassi?
La ricerca del tempo infinito.
– Inevitabile è chiederti del tuo rapporto a tratti “delirante” con i social, nel senso che più volte gli amministratori di Facebook e Instagram ti hanno sospeso l’account per le fotografie che posti di nudi di sculture greche e romane. Che cosa mi dici in proposito?
In effetti ho avuto qualche problema soprattutto con Facebook dove sono stato più volte sospeso e, addirittura, cancellato (a livello di profili) un paio di volte: sono un ragazzaccio. La censura è una cosa orrenda che non riguarda solo le mie innocenti fotografie, ma che colpisce, sui social, autori ‘storicizzati’, soprattutto fotografi, che hanno dedicato al nudo la loro arte, la loro professione. Definire delirante tutto ciò direi che è sottovalutante: mi dovrebbero spiegare, ma non lo fanno anche se richiesto, la differenza tra il capezzolo dipinto e il capezzolo fotografato, tra il sedere di una statua di marmo e il sedere raffigurato in un quadro (anche se ultimamente pare che il sedere se visto in maniera non ‘oscena’ – ma che cos’è osceno? – possa passare). La diversità presunta è sotto gli occhi di tutti laddove si crede che il reale (fotografia) e l’immaginario (pittura, scultura, disegno, grafica) siano da tenere su livelli differenti. I social dovrebbero distinguere la pornografia, anche e soprattutto culturale, da ciò che è obiettivamente espressione artistica o intellettuale.
– Che cos’è per te una fotografia?
“Ho sempre pensato che la fotografia sia come una barzelletta, se devi spiegarla vuol dire che non è venuta bene.” (Ansel Adams)
“È arte la fotografia? Quien sabe? Chi lo sa e chi se ne importa? Mi piace!” (Edward Weston)
La fotografia è una narrazione intima che si condivide, è una idea del vissuto che poni in confronto con altri vissuti: il tuo programma esistenziale, le tue ansie, angosce, paure, progetti, idee, che riesci a motivare attraverso un racconto, altro, fatto di immagini. Se una fotografia non svela nulla di tutto ciò è inutile, se per ‘svelarsi’ ha bisogno di un racconto scritto che la sostenga, è inutile. Mi sembra di cogliere, ultimamente, in un percorso votato all’autoreferenzialità e soluzioni critiche a volte veramente depistanti, il tentativo di caricare ogni fotografia di significati altri che non sempre e non in maniera esclusiva le appartengono.
L’autore ha voluto dire questo, ha inteso quell’altro, ha interpretato un modo di vedere, di fare.
All’estremo si vedono fotografie talmente intrise di altro che senza un testo, una spiegazione, un prolasso di parole in più, non si capiscono, né in uno e neppure nell’altro senso: fotografia bustrofedica. L’arte del vuoto assoluto che si compie grazie all’artificio delle parole.
Il secondo grande contenitore di depistaggio e anche di dibattito si auto compone, si satura, di una serie interminabile di pareri – spesso non richiesti – sulla natura della fotografia digitale rispetto a quella analogica e anche ovviamente al contrario, cioè ribaltando i due assoluti, su quale debba, infine, considerarsi ‘vera’ fotografia e quale no, perdendo completamente di vista – invece – rendendosi non vedenti di fronte al fatto – incontrovertibile – di come e quanto in questi anni sia mutato l’approccio e il concetto stesso di ‘immagine’. Da una parte bisogna avere coscienza e conoscenza almeno del fatto che la fotografia ha una età, ha una storia, fatta di autori, ricerche, studi, critica, esperienze: dall’altra liberare un po’ la mente e affrontare sereni il futuro tenendo ben presente che per la prima volta dalla storia dell’uomo le nuove generazioni nascono più ‘avanti’ di noi, hanno accesso a più informazioni, hanno più possibilità, su cui – ovviamente – oltre al libero arbitrio si dovrebbe considerare, per chi vuole fare sul serio, anche il fatto di informarsi bene prima di procedere.
– Per il futuro hai delle mostre in programma?
Una collettiva ospitata nell’edizione 2023 di Fotografia Europea, alla Biblioteca Panizzi, ‘Flashback. Scatti da fotografia Europea 2007’ e alcune esposizioni personali in Italia e in Europa: la prima in settembre, presso la IAGA Contemporary Art, a Cluj-Napoca, in Romania, galleria che mi rappresenta in esclusiva dal 2019.
– Qual è il tuo più grande sogno?
Guidare in pista una vettura da competizione, meglio se Ferrari, possibilmente, (grazie).
– Qual è la tua più grande paura?
Una malattia invalidante, ecco, mi incazzerei sul serio.
– Che cosa vorresti lasciare dopo la tua morte?
Una traccia – un solco – da percorrere per altri fotografi.
Biografia
Marcello Grassi nasce a Reggio Emilia nel 1960. Fin da piccolo si interessa alla fotografia. Nel 1985, dopo aver visitato alcune esposizioni programmate per l’Anno degli Etruschi e dopo la lettura del libro Il Tempo, grande scultore di Marguerite Yourcenar, progetta un lavoro di “scavo visivo” nei luoghi, città e necropoli della civiltà etrusca. Nel 1999, in occasione dell’esposizione al Musée Reattu di Arles, Federico Motta Editore pubblica il volume Etruria. Nel 1992 riceve l’incarico di fotografare i reperti della collezione archeologica conservati nel Cortile e nella Galleria dei Marmi dei Musei Civici di Reggio Emilia. Da questa prima serie di immagini prende l’avvio una lunga ricerca sull’Anatomia del Tempo, condotta in musei e siti archeologici in Italia e in Europa. Dal 1994 al 1996 fotografa la città di Arles. Nel 1997, su incarico del Musée Archéologique di Nice-Cimiez, realizza un servizio sul sito locale. Nel 1998 nell’ambito degli scambi culturali previsti nel programma di gemellaggio, con quella dell’Enzkreis in Germania, la Provincia di Reggio Emilia lo invita a fotografare il monastero cistercense di Maulbronn. Dal 2002 lavora con Fabrizio Orsi a un progetto su Luzzara a cinquant’anni esatti dalla pubblicazione del libro Un Paese di Cesare Zavattini e Paul Strand. Alla fine del 2004 viene presentato il volume Luzzara. Cinquant’anni e più… edito da Skira Editore con un testo di Luciano Ligabue. Nel 2007 sempre con Fabrizio Orsi realizza a Berlino il progetto Identità tra le città d’Europa presentato alla seconda edizione di Fotografia Europea – Reggio Emilia. Nel 2013 espone nella collettiva Mon Ile de Montmajour a cura di Christian Lacroix nell’Abbaye de Montmajour nel sud della Francia. Nel 2015 ha esposto la serie Herculaneum, dedicata alla città di Ercolano vittima dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. nella decima edizione di Fotografia Europea – Reggio Emilia.
Nel 2017 ha esposto la serie Sine Tempore nel Palazzo dei Principi di Correggio. Nel 2018 ha esposto al Civico Museo Archeologico di Milano la serie di Sine Tempore, estraendo per l’occasione, le immagini dedicate al Museo stesso.
Dal 2019 è rappresentato in esclusiva dalla Galleria IAGA Contemporary Art di Cluj-Napoca. Nel 2020 viene selezionato nel contesto del bando nazionale “Manifestazione di interesse per la realizzazione di mostre fotografiche da effettuarsi negli spazi espositivi del Museo Nazionale Romano per il triennio 2020/2022”. Nel 2021 espone alla Fondazione Arsenale di Iseo la serie Archeologia dello Sguardo a cura di Ilaria Bignotti e pubblica il catalogo con Electa editore Milano. Nel 2022 fotografa i musei di Monaco di Baviera, Glyptothek – Antike am Königsplatz, Museum für Abgüsse Klassischer Bildwerke e Staatliches Museum Ägyptischer Kunst, prosegue la serie sulle Gipsoteche fotografando la Gypsotheca Canoviana di Possagno e, nel 2023, la Gipsoteca dell’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano. Ha esposto in numerose personali e collettive in Italia e all’estero dove le sue fotografie sono conservate presso Musei e Istituzioni.
Sulle sue ricerche hanno scritto tra gli altri:
Charles-Henri Favrod, Michèle Moutashar, Massimo Mussini, Nadia Raimondi, Luciano Ligabue, Robert Pujade, Umberto Nobili, Jean Arrouye, Paolo Barbaro, Elio Grazioli, Walter Guadagnini, Thomas Brussig, Roberto Mutti, Angela Madesani, Sandro Parmiggiani, Ilaria Bignotti e Federico Ferrari.
Bibliografia
Etruria, testo di Umberto Nobili, Reggio Emilia, 1992
La Photographie dans le Monde, a cura di Paul Jay, Chalon-sur-Saône, 1992
Giovani Fotografi Italiani, Milano, 1992
Una nuova vita vi attende nella colonia extramondo, a cura di Oriano Sportelli, Private n.5, 1994
Marcello Grassi: la macchina del Tempo, Photographie Magazine n.13, 1994
I Marmi degli Dei, presentazione di Paolo Barbaro, Reggio Emilia, 1994
Arles revisitée par la Photographie, a cura di Michèle Moutashar, Arles, 1995
Marino Marini, a cura di Michèle Moutashar, Actes Sud, Arles, 1995
Photographie Ouverte, Musée de la Photographie, Charleroi, 1996
Arles, testo di Michèle Moutashar, Reggio Emilia, 1996
Marcello Grassi alla ricerca del tempo, a cura di Roberto Mutti, Fotographia n. 26, 1996
La Germination des Ruines, testo di Charles-Henri Favrod, Galerie du Château, Nice, 1997
Maulbronn, testo di Jean Arrouye, Maulbronn, 1998
Etruria, testi di Michèle Moutashar e Charles-Henri Favrod, Federico Motta editore, Milano, 1999
Anatomia del Tempo, Testi di Nadia Raimondi e Charles-Henri Favrod, Nonantola (MO), 2000
Anatomia del Tempo, testo di Marinella Bonaffini, Milano, 2002
Arles & la Photographie: portrait d’une collection, a cura di Michèle Moutashar, edition Actes Sud/Musée Reattu, Arles, 2002
Luzzara. Cinquant’anni e più…, testo di Luciano Ligabue, postfazione di Mimmo Spadoni, Skira editore, Milano, 2004
Antonio Ligabue, espressionista tragico, a cura di Sandro Parmiggiani, Skira editore, Milano, 2005
Un’arte Glocale, a cura di Sandro Parmiggiani, Reggio Emilia, 2005
Uno sguardo sulla città, a cura di Angela Madesani, Damiani editore, Bologna, 2006
Il volto della follia, a cura di Sandro Parmiggiani, Skira ditore, Milano, 2006
Le città/L’Europa, Fotografia Europea, con un testo di Thomas Brussig, Damiani editore, Bologna, 2007
Binomi, a cura di Nadia Raimondi, Silvana editoriale, 2007
Indagini sul Po, a cura di Pietro Orlandi e Massimo Tozzi, Fontana Clueb editore, Bologna, 2009
Italo Rota, I maestri dell’Architettura, a cura di Anna Sartea, Hachette, Milano, 2009
Mi chiamo Emilia, Musei Civici di Reggio Emilia, 2011
‘Un secolo e 7’, Premio Fabbri per l’arte, Skira editore, 2012
Mon Île de Montamajour, de Cristian Lacroix, Actes Sud, Arles, 2013
Effetto Terra, Fotografia Europea, con un testo di Massimo Mussini, Silvana editoriale, Milano, 2015
Oser la photographie, 50 ans d’une collection d’avant garde, Silvana editoriale, Arles, 2015
Fantastique et Photographie, di Robert Pujade, l’Harmattan, Paris, 2015
Caro Gabriele, a cura di Giovanna Calvenzi e Natalia Corbetta, Corraini edizioni, Milano, 2015
Archeologia dello Sguardo, a cura di Ilaria Bignotti, Electa editore, Milano, 2021
Io sono museo, a cura di Italo Rota con Elisabetta Farioli e Francesca Grassi, Forma edizioni, Firenze, 2022
Sitografia
www.marcellograssi.com
www.facebook.com/marcellograssi60
www.instagram.com/marcello_grassi