Firenze – Del ramo Popolano (o del Trebbio) della famiglia Medici, Lorenzo detto Lorenzino, dopo essere vissuto a Roma dove era papa un Medici, Clemente VII, rientrò a Firenze nel 1534 , essendosi reso responsabile di un atto di vandalismo, la decapitazione di alcune statue dell’arco di Costantino e in altri monumenti della Roma antica: un gesto che gli procurò l’epiteto di Lorenzaccio e una condanna in contumacia.
A Firenze si mise al seguito del duca Alessandro (di cui era un lontano cugino). Ben presto divenne uno dei suoi più fidati cortigiani e la sua anima nera specie per quanto riguardava le scorribande notturne per imprese amorose . Eppure, il 6 gennaio 1537, inopinatamente attirò il duca in un agguato e lo uccise. Il movente è sempre rimasto oscuro anche se affermò di aver voluto restaurare la libertà repubblicana.
Subito fuggì a Venezia, rifugio di molti esuli fiorentini; da qui si recò a Istanbul come membro di una delegazione francese. Al termine del soggiorno in Oriente andò a Lione e a Parigi dove visse alcuni anni, sempre braccato da spie e sicari. La Signoria fiorentina lo aveva condannato a morte. In particolare, il nuovo duca, Cosimo I, si adoperò per scovarlo e punirlo anche perché era continuamente pressato dall’Imperatore Carlo V, suocero di Alessandro.
Dopo continue peregrinazioni, alla fine, tornò a Venezia sotto falso nome ma fu presto scoperto e la domenica del 26 febbraio 1548, mentre si recava a Messa in una Chiesa dove sperava di incontrare la donna amata, venne pugnalato a morte. Invano la sorella e il cognato Piero Strozzi lo avevano esortato a tornare in Francia dove anch’essi ormai risiedevano stabilmente.
L’ambasciatore fiorentino Pandolfini scrisse subito a Cosimo che Lorenzino era stato ucciso con due pugnali pistoresi ma non sapeva chi lo avesse colpito né dove gli attentatori si erano rifugiati. Qualche tempo dopo si seppe che si erano nascosti nell’ambasciata spagnola. Poi riuscirono a lasciare Venezia e furono ricevuti da Cosimo che si congratulò con loro. Dopo undici anni in cui era vissuto sempre nascosto e con una scorta armata e dopo tante imboscate fallite, Lorenzino era stato ucciso nel modo più“ banale” in un giorno in cui stanco e stressato aveva abbassato la guardia ed era uscito a piedi e senza scorta.
Sebbene il Pandolfini avesse scritto di non sapere chi avesse compiuto l’attentato, nel corso dei secoli si è pensato che i sicari fossero persone inviate da Cosimo in quanto il duca aveva sguinzagliato spie in Francia e a Venezia, ma le ricerche effettuate dal Prof. Stefano Dall’Aglio docente nel Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Venezia e riportate nel libro “L’Assassinio del Duca. Esilio e morte di Lorenzino de’Medici” (pubblicato dall’editrice Leo S.Olschki ), hanno consentito di appurare che essa fu commissionata da Carlo V ed eseguita da suoi emissari che trovarono poi rifugio nell’ambasciata spagnola
Il libro ripercorre dettagliatamente le vicende nell’arco di tempo compreso tra la morte di Alessandro (1537) e quella dello stesso Lorenzino (1548). Il reperimento di molti nuovi documenti d’archivio – parte dei quali pubblicati in un’ ampia appendice – permette di superare molti stereotipi del passato e di gettare nuova luce su questo controverso personaggio e sul suo contesto storico.
In questa intervista al prof. Stefano Dall’Aglio ci soffermiamo soprattutto sulla scoperta di chi commissionò e di chi organizzò l’attentato ma anche sul movente che aveva spinto Lorenzino ad assassinare il duca Alessandro
Lei ha trovato documenti in cui si prova che l’uccisione avvenne su ordine di Carlo V .. Quali in particolare ?
“Ho trovato due lettere di Carlo V all’ambasciatore imperiale a Venezia in cui si ordina l’omicidio di Lorenzino de’ Medici. Le minute delle lettere si trovano nell’archivio dell’imperatore, l’Archivo General de Simancas in Spagna, dove ho trovato anche le risposte dell’ambasciatore mandate da Venezia in cui si tiene Carlo V al corrente dell’organizzazione del piano omicida”.
Perché queste fonti non erano conosciute o non erano state prese in considerazione?
“Le lettere non erano conosciute perché nessuno che fosse al corrente della vicenda le aveva viste o cercate in quel luogo. Esistono milioni di documenti negli archivi di tutto il mondo, e poiché lo storico non può cercare ovunque, la difficoltà della sua ricerca risiede nel capire dove possono trovarsi i documenti che lo interessano. Io sono andato in Spagna a cercare in quell’archivio soltanto perché le mie precedenti ricerche mi avevano portato a ricostruire un quadro storico che faceva pensare che Carlo V fosse il mandante dell’omicidio”.
Comunque anche Cosimo aveva una rete di spie e sicari a Venezia.
“Cosimo aveva diversi sicari e spie a Venezia, principale luogo di ritrovo dei fuoriusciti fiorentini antimedicei. Le loro lettere, in genere scritte in cifra, sono confuse e il riferimento alla natura delle loro missioni segrete è volutamente fumoso. Questo ha fatto credere che alcuni suoi uomini fossero sulle tracce di Lorenzino anche quando in realtà non era così”.
Perché Lorenzino lasciò la Francia dove era più facile far perdere le sue tracce?
“Ritengo che il motivo principale fu la pace firmata a Crépy tra Carlo V e il re di Francia Francesco I il 17 settembre 1544. Fino a quel momento Lorenzino, che era braccato dall’imperatore, si era sentito al sicuro in un paese saldamente schierato su posizioni anti-imperiali, ma la ritrovata intesa tra i due sovrani lo metteva seriamente in pericolo. Non si può escludere poi che sulla sua decisione abbia influito anche la morte dello zio Giuliano Soderini, che in Francia lo aveva ospitato e aiutato a lungo, e il desiderio di tornare in Italia”.
Quali furono le reali motivazioni che spinsero Lorenzino a uccidere il duca?
“Questa è una domanda a cui è impossibile rispondere. Sono state fatte molte ipotesi ma non abbiamo nessun elemento concreto per dire cosa abbia determinato per quel gesto criminoso. Le due spiegazioni che in genere vengono date, legate a due opposte posizioni politiche, sono da una parte la volontà di liberare Firenze da un tiranno e dall’altra un raptus di follia omicida, forse legato a risentimento o invidia verso un parente più fortunato da cui era costretti a prendere ordini. Ma, come detto, siamo nel campo delle ipotesi”.
Foto: Di I, Sailko, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=27795166