Lettera aperta al nuovo garante dei detenuti Giuseppe Fanfani

Riceviamo e pubblichiamo:

“Caro Fanfani,
sono trascorse ormai due settimane dalla sua nomina a garante regionale dei detenuti e ho letto con estrema attenzione le sue prime dichiarazioni. E ho anche aspettato con fiducia. Il funzionamento amministrativo che deriva dalla sua nomina, nonostante l’emergenza virus, è a questo punto entrato a regime. Sarebbe naturale, ho pensato, che fosse proprio lo stato emergenziale dei nostri istituti penitenziari a prendere la scena delle priorità dell’istituzione regionale deputata alla tutela dei diritti dei detenuti. Il diritto alla salute, previsto dall’art. 32 della nostra Costituzione, vale per tutti, a maggior ragione per chi è ristretto sotto tutela rieducativa da parte dello Stato negli istituti di pena (pena, si è detto, non comprensiva della misura accessoria di rischiare la salute) della nostra bella Regione. In Italia, il virus, infatti, qua e là è riuscito a penetrare le mura carcerarie instaurando, dove è accaduto, un clima di tensione e sfiducia. In molti istituti sono scattate gare di solidarietà per raccogliere fondi per le strutture ospedaliere, o produrre mascherine. Fatti che ci conducono a disegnare la vita nelle carceri come un mondo parallelo dove il tempo scorre via lento, limato a forza dallo spazio ristretto, tra il rischio d’infezione e il desiderio di riscatto di tutta una vita.

Sono sicuro che Lei stia già operando in questo senso, e oltre a programmare, come ha annunciato, le visite nelle carceri regionali, si stia preoccupando di far sapere ai detenuti che l’istituto di garanzia regionale è attivo. Questo, infatti, è oggi forse l’aspetto più importante all’interno della scarsa socialità, compressa e priva di speranza, dei nostri istituti: far sapere ai detenuti che il garante è al lavoro, che vuole sapere come i vari istituti si sono organizzati per fronteggiare il contagio e quanti e quali problemi questa straordinaria crisi ha consegnato all’ordinaria emergenza. In altre parole, come sono tutelati i loro diritti. Un suo illustre predecessore, Alessandro Margara, una volta scrisse che “la violenza dell’istituzione carcere non rende innocenti i colpevoli che ospita, ma non giustifica mai la violenza della comunità, dello Stato, che non dovrebbe aggiungere alla forza necessaria per realizzare la reclusione alcun additivo di violenza gratuita quando non compiaciuta”.
Un caro saluto”
Massimo Lensi
Associazione Progetto Firenze

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