La morte di Leonora: delitto d’onore alla corte dei Medici

Firenze – Nella villa- castello di Cafaggiolo in Mugello (una delle più antiche dimore di campagna dei Medici) in una notte di luglio del 1576, Leonora di Toledo, moglie di Pietro, il più giovane dei figli del granduca Cosimo, morì all’improvviso nel suo letto. La versione ufficiale parlava di morte per cause naturali ma subito si sparse la voce che Leonora (aveva 21 anni) fosse stata strangolata dal marito.

Un fondamentale saggio di Vanni Bramanti (Breve vita di Leonora di Toledo -1555-1576, Editrice Le Lettere Firenze 2007) ripercorre la biografia di questa giovane donna nata in una delle più nobili famiglie spagnole e che aveva incantato Firenze per la sua bellezza.

Ma questo libro è ancora più significativo in quanto inserisce la vicenda di Leonora sullo sfondo di questioni di ampio respiro: i rapporti fra il granducato toscano e la politica di Filippo II, re di Spagna, rapporti tra alcune delle più illustri casate del tempo. La ricostruzione segue la traccia dei documenti originali, in buona parte emersi e analizzati per la prima volta, verso un tracciato plausibile degli eventi e senza concessioni alle leggende cresciute nel corso dei secoli intorno a questo tragico avvenimento.

Leonora ( spesso chiamata anche Dianora) Alvarez di Toledo nipote dalla più celebre Eleonora di Toledo (moglie di Cosimo I e granduchessa di Toscana) era figlia di don Garcìa viceré di Catalogna poi di Sicilia. Il suo matrimonio con il figlio di Cosimo I, don Pietro, fu deciso nel 1568 quando aveva 13 anni. Qualche tempo dopo, le galere granducali portarono Leonora in Toscana, dalla Sicilia. E a Pisa fu raggiunta dal padre.

Il saggio di Bramanti docente di letteratura italiana nelle Università di Firenze e di Padova  fornisce un significativo affresco di questi tre anni che precedettero il matrimonio. Don Garcia, insieme alla figlia, soggiornò in varie località termali della Toscana, alla ricerca di un rimedio ai suoi mali. Nel frattempo incontrò don Giovanni d’Austria, futuro vincitore di Lepanto a cui fornì preziosi consigli. Inoltre, ci furono vari tentativi, infruttuosi, d’ imbarcarsi per la Spagna. Da notare che all’epoca non si trattava di un viaggio facile in quanto il pericolo dei pirati barbareschi imponeva di allestire convogli di galere, vere e proprie spedizioni.

Altre annotazioni chiariscono alcuni aspetti del carattere dei protagonisti. Jacopo Appiani  comandante del convoglio che portò Leonora a Livorno scrisse che la ragazza era  salatissima, ovvero un bel caratterino. E don Garcia dopo aver ospitato don Pietro a Pisa scrisse a Francesco che sperava fosse migliorato nella persona e nella creanza il che non era esattamente un complimento.

Il matrimonio fu poi annunciato da Francesco I, reggente del Granducato a Filippo II di Spagna. Leonora fu presa subito in simpatia da Cosimo I futuro suocero e  zio acquisito  in quanto la sua prima moglie era la celebre Eleonora di Toledo, sorella di don Garcia.

Il matrimonio fu celebrato nel 1571 ma Leonora continuò a risiedere a Pisa perché  consumazione fu procrastinata all’anno successivo. Essa fu comunicata da don Pietro al fratello (e nuovo Granduca), Francesco. Don Pietro aggiunse con una certa ironia che sicuramente….egli ne era già informato. All’altro fratello, cardinal Ferdinando, ripeté, invece, che aveva saputo del matrimonio solo pochi giorni prima che l’accordo tra le famiglie fosse concluso. E gettava, quindi, una prima nube.

Ben presto altre ne seguirono. Leonora cominciò a lamentarsi di essere trascurata dal marito e di vederlo sempre più raramente. Quindi, cominciarono a rincorrersi le voci sulla vita libertina di Don Pietro e su ammiratori troppo assidui della moglie, definita da un cronista dell’epoca“donna di rara bellezza”.

Nemmeno la nascita di un figlio riuscì a migliorare il rapporto. Donna Leonora intensificava le sue rimostranze; più volte minacciò di avvertire suo padre e suo fratello A sua volta, Francesco si lamentò con Don Garcia delle spese eccessive della cognata.

Tra i corteggiatori più assidui c’era Bernardino Antinori personaggio discusso e violento . Nel 11576 nel corso di una rissa uccise un altro giovane. Fu condannato all’esilio all’isola d’Elba e prima di partire volle vedere di nuovo Leonora, incurante dello scandalo. Dopo pochi mesi fu fatto rientrare. Incarcerato al Bargello fu strangolato il 9 luglio.

Intanto, il 10, don Pietro e la moglie erano nella loro villa di Cafaggiolo con la loro piccola corte. Leonora ballò fino alle 2 del mattino, poi andò a dormire. Un paio d’ ore dopo don Pietro chiamò i servitori dicendo che la moglie era morta soffocata nel suo letto. Leonora fu subito deposta in una bara e portata a Firenze dove venne sepolta come una privata cittadina.

Subito si sparse la voce che era stata uccisa dal marito e si diffusero anche dei particolari: Don Pietro l’avrebbe strangolata con finimenti di cuoio (alcuni scrissero “lazzo di cane“). Leonora si sarebbe difesa strenuamente, tanto che tutta la stanza risultava stravolta e, secondo l’ambasciatore del duca d’Este, don Pietro portava in una mano i segni di morsi.

Vanni Bramanti dedica un intero capitolo alle relazioni degli ambasciatori dei vari stati italiani e a lettere di alcuni fiorentini autorevoli. Quindi effettua una comparazione rilevando che alcuni riferiscono di una morte accidentale o di uno strano accidente ma altri parlano tout court di omicidio.

Tutti, comunque, sottolineano che furono fatti funerali frettolosi e qualcuno sottintende che il trasporto a Firenze era già predisposto  Successivamente Bramanti parla di manovre di occultamento. In effetti, il granduca Francesco I trasmise dispacci a tutti gli Stati italiani sostenendo la tesi della morte accidentale. Poi, inviò a Napoli il segretario di Don Pietro per attutire il colpo al padre e al fratello di Leonora e all’intera famiglia dei Toledo offesi da quanto avvenuto.

Il passaggio più importante era quello con Filippo II, il sovrano più importante d’Europa, che dominava in Italia. Tanto più che i Toledo erano una delle principali famiglie spagnole.

A Filippo II non si poteva raccontare della morte accidentale, quindi Francesco I dette istruzioni al suo ambasciatore affinché riferisse riservatamente che si era trattato di uxoricidio provocato dalle numerose infedeltà della moglie che, successivamente, sarebbero state riportate da una dettagliata relazione.

Nel frattempo Francesco I offrì a Filippo II un grande crocifisso di marmo di Benvenuto Cellini che fu collocato nella cappella dell’Escorial.

La questione fu momentaneamente accantonata. I Toledo volevano difendere l’onore della famiglia ma il loro potere era in calo. Inoltre, Francesco I aveva varie frecce al suo arco: gli enormi crediti che aveva concesso al re di Spagna.

Nella primavera del 1577 giunse a Madrid l’inviato del granduca, Antonio Serguidi, esperto diplomatico che in un’udienza privata – descritta da Bramanti –portò la famosa relazione. Parlò anche dell’Antinori e ottenne che sull’intera vicenda calasse definitivamente il silenzio. Anzi, conseguì l’ ulteriore risultato che don Pietro fosse ricevuto alla corte di Madrid dove avrebbe poi soggiornato a lungo.

Bramanti riporta altre lettere dalle quali si apprende che lo stesso cardinale e futuro granduca Ferdinando parlava di delitto d’onore provocato dall’adulterio della donna.

Resta da chiarire se sia stato un gesto impulsivo o premeditato e, in questo secondo caso, fino a che punto, fossero informati e consenzienti il granduca Francesco e il cardinale Ferdinando. Il prof. Bramanti avanza ipotesi che, non è opportuno anticipare, anche perché devono essere contestualizzate collazionando le varie relazioni degli ambasciatori, cronache, epistolari.

 

 

 

 

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