La Fiorentina ricominci da tre, a centrocampo

Firenze – Sarebbe intempestivo e ingiusto trarre conclusioni dalle prestazioni della Viola in questo mese di luglio. Ma su un problema, che mi rode come un tarlo dall’anno scorso, vorrei fermare la vostra attenzione. Si legge che “la Fiorentina strappa applausi quando ha palla e costruisce, e poi soffre pesantemente le ripartenze del Trapani”; oppure che “Schetino … è in sofferenza e ha bisogno forse di meno spazio da coprire”.

Poi si guarda lo schema adottato da Sousa e si constata che è il 4-2-3-1. E allora si capisce e ci si preoccupa. Sousa ha ricominciato la preparazione di quest’anno esattamente da dove aveva finito il campionato scorso; fideista, tetragono, inemendabile, o forse soltanto incapace.

I giudizi di cui sopra che i giornali riportano sul gioco della Fiorentina sembrano i giudizi che siglano l’annata appena trascorsa: quei giudizi severi contro una Fiorentina che attacca sguarnendo il centrocampo (e sovraccaricando di fatica i due “mediani” nel lavoro di rincorsa), che tiene almeno quattro giocatori davanti alla linea del pallone, che punta molto sulla velocità e sul gioco degli esterni, ma che è comunque inconcludente, velleitaria, in perenne sofferenza quando perde palla, inevitabilmente allungata quando calano le forze e quando senza la padronanza del palleggio.

L’intera annata scorsa aveva dimostrato che i giocatori in dotazione alla Viola (che pare si vogliano confermare senza eccezioni) non erano adatti al gioco che intendeva “insegnargli” Sousa. Rivedere, contro il Trapani, un centrocampo a due con Borja e Schetino (meglio il secondo tempo con Vecino e Diakathé, che almeno il fisico ce l’hanno) è un insulto al buon senso e una conferma dei limiti di questo tecnico.

Il quale evidentemente non ha tratto nessuna morale neppure dall’annata di calcio mondiale appena conclusa, dove un Cile zeppo di centrocampisti ha rivinto la Coppa America, dove un Leicester all’italiana ha umiliato le stramilionarie squadre inglesi (tutte impostate con il 4-2-3-1), dove il Real Madrid, per vincere qualcosa, ha dovuto licenziare Benitez, uno dei profeti integralisti di quel modulo (esattamente come aveva appena fatto il Napoli), dove la Francia, per aver giocato ottusamente quel 4-2-3-1 fino alla finale dell’Europeo, ha avvilito Pogba (chiaramente inadatto a far “la vita da mediano”) e ha perso in casa la finale dal più scolastico dei 4-4-2.

Mi rendo conto che non è facile parlare in assoluto di queste cose, e che il mondo è pieno di “tatticoscettici”, che sostengono che gli schemi non contano (e pure con qualche ragione). Ma sarebbe puro autolesionismo non guardare a quello che succede intorno e a non interpetrarlo. Gli inglesi (eliminati anche nell’Europeo Under 19, dove erano strafavoriti, da un’Italietta “all’italiana”) sembrano aver capito e hanno fatto aggiotaggio di tecnici che insegnino un calcio diverso da quello che hanno giocato finora senza vincere nulla (e che è il calcio profetizzato da Sousa).

L’anno prossimo vedremo Conte, Guardiola, Mourinho, Klopp, Guidolin, Mazzarri contro i “sopravvissuti” del 4-2-3-1 Wenger e Pochettino, e si trarranno ulteriori conclusioni. Io so già quali. In Spagna, le grandi si dividono tra “cholismo”, tiqui taca e  gioco superoffensivo del Real, dando però un’occhiatina di riguardo in più al gioco difensivo (vedi Barça che compra Umtiti) e al contenimento a centrocampo (vedi la difficoltà del Real a rinunciare a un centrale “difensore” come Casemiro).

In Germania, infine, il solo Bayer Leverkusen sfiderà il gioco degli Ancelotti e dei Tuchel con uno schema alla Sousa. Ma guardiamo all’Italia, dove quel 4-2-3-1 non ha mai attecchito, e per ragioni del tutto evidenti: da noi prevale sempre il “controgioco”, che non vuol dire necessariamente “catenaccio”, e prevalgono gli equilibri tattici, con le squadre sempre corte, che coprono bene gli spazi, praticano un gran pressing studiando soprattutto il modo di intercettare le linee di passaggio, soffocano sistematicamente il gioco avversario sulle fasce (non è un caso che da noi non ci sia in giro un’ala “pura” che non sappia fare anche altri mestieri).

Questo fa sì che da noi la velocità non sia una prerogativa assoluta (soprattutto quando le squadre giocano tre partite a settimana), anche perché difficilmente il velocista trova gli spazi dove farsi valere;  mentre da sempre il gioco costruito capillarmente e con tecnica e fisicità insieme è alla base di ogni nostro successo. Ma il nostro gioco di centrocampo, indipendentemente da come lo si interpreta, dalla velocità che gli si chiede e da quanti uomini vi si impiegano, richiede in modo imprescindibile un centrale.

Chiamatelo centromediano metodista, chiamatelo regista, chiamatelo stopper davanti alla difesa; comunque deve essere il facitore del gioco e il “muro”, il punto di riferimento per far partire l’azione, per dare i tempi, per alzare e abbassare il gioco e deve essere il baluardo a protezione della difesa quando gli altri ripartono. Il senso della posizione e le attitudini del centrale sono quelle che da noi determinano il gioco di una squadra.

Non è un caso che la Juve si sia posta subito il problema di come sostituire Pirlo (e anche quest’anno il primo nome che ha avuto in mente per il mercato è stato quello di Mascherano, per restituire Marchisio a un ruolo più congeniale), che l’Inter, che l’anno scorso giocava spesso con il 4-2-3-1, sia corsa subito ai ripari acquistando un regista come Banega, che il Napoli abbia rispolverato un Jorginho al posto di un attaccante, che la Nazionale abbia avuto il drammatico problema del centrale di centrocampo nonostante il “regista” Bonucci (problema poi risolto con De Rossi)…

Insomma, noi a Firenze abbiamo Badelj e abbiamo da provare in quel ruolo anche Schetino (dal momento che improvvidamente abbiamo svenduto Suarez e Capezzi!). È da lì, dal centrocampo a tre con il “metronomo”, che deve ricominciare la Fiorentina; la quale, nella rosa dei titolari, se giocano ognuno nel proprio ruolo e se si applica un sano 4-3-1-2, non è seconda a nessuno.

Ma la mia preoccupazione resta Sousa. Che prima, come dicevo, liquida Suarez, poi acconsente al saldo di Capezzi, quando si sa che il giocatore della rosa più insoddisfatto e a rischio cessione è Badelj. E non è un caso che il nome che si fa per una eventuale sostituzione di Badelj sia quello di Rog, un “mediano”. Con Sousa che allora non avrebbe alternative al suo gioco, e con la Fiorentina che perderebbe definitivamente le prerogative di quel suo centrocampo che l’ha fatta grande. E poi queste ali, da Tello a Toledo, in attesa dell'”ala” coatta Bernardeschi!

Sarò troppo apprensivo e sfiduciato, ma temo che anche quest’anno la Fiorentina, se la dirigenza non corre subito ai ripari, pagherà caro l’essersi affidata a Sousa.

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